martedì 28 agosto 2012

Il Futuro Digitale

Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Immagine da http://www.tallerdecomputocancun.com/

Di Antonio Turiel


Cari lettori,

un paio di mesi fa un lettore del blog, professore molto impegnato nell'installazione delle Tecnologie di Informazione e Comunicazione (TIC) mi chiedeva per e-mail circa la possibilità che i sogni tecno-ottimisti di un futuro dominato da queste tecnologie possa un giorno vedere la luce. Risulta che da uno o due anni in Spagna il grande dibattito nelle aule fosse per l'installazione di lavagne digitali e delle nuove Tecnologie di Comunicazione, Solo un anno più tardi, la cruda realtà della crisi ha cancellato dalla mappa la prospettiva di marcia trionfante verso il nuovo Eldorado tecnologico e le proteste dei docenti, sempre più ridotta di numero e di efficacia, riempiono le strade un giorno sì e l'altro pure. Ma molti di coloro che allora hanno comprato questa propaganda credono che il sogno ipertecnologico sia ancora raggiungibile ed anche che un giorno le lezioni saranno online e non di presenza fisica – fra le altre cose perché non hanno capito che questa crisi non finirà mai.

Alla fine, questo lettore chiedeva una mia opinione sulle TIC. La verità è che e avesse saputo dove ci troviamo mentre avanziamo verso la Grande Esclusione, non sarebbe difficile supporre cosa avverrà alle TIC, che si ridurrebbero, se possibile, ad essere un prodotto per una minoranza di ricchi. Tuttavia, tale analisi è troppo banale per meritare un post specifico, così credo che sia più interessante adottare qui un altro punto di vista, anche se non è quello che può accadere con più probabilità. Supponiamo per un momento che avessimo un attacco collettivo di buon senso e ci sedessimo a pianificare in modo sereno e ragionevole la transizione a un mondo dove la quantità di energia disponibile sarà molto inferiore a quella attuale. Quale potrebbe essere il ruolo delle TIC durante la transizione ed eventualmente nello stato successivo? Qual è la dimensione ragionevole che può avere l'attuale elettronica di consumo?

L'argomento è abbastanza complesso e non posso fare una valutazione esaustiva della stessa, ma si possono indicare alcuni dati che ci permettono di immaginare come potrebbe essere, dove si riferisce ai limiti fisici, questo futuro. 

La fine della legge di Moore: dagli anni 70 del decennio passato si è osservato che la quantità di transistor che si poteva integrare in un chip decuplicava ogni 18 mesi circa: è la cosiddetta Legge di Moore. Ciò ha fatto sì che ogni 18 mesi, più o meno, uscissero CPU il doppio più veloci e che i chip di memoria e le capacità dei dischi seguissero dei ritmi analoghi. Tuttavia, la densità dei transistor era talmente alta che gli effetti quantici dovevano cominciare a manifestarsi, ponendo in breve fine a questa regola empirica. E anche se qualcuno pretende, come col picco del petrolio, che lo scarto della legge di Moore non sia importante o che la stagnazione attualmente osservata si debba alla paralisisi di varie fabbriche giapponesi a causa del terremoto e dello tsunami dello scorso anno, la realtà è che la Legge di Moore non è più quello che era, e che per compensare l'evidente incapacità di aumentare la miniaturizzazione dei circuiti integrati si ricorre a mettere sempre più microprocessori nei computer... ma senza tecniche adeguate di Calcolo Parallelo (che non sono per niente facili da attuare) è certo che buona parte di questa capacità extra di calcolo non si sfrutti e i nostri computer non sono, in pratica, sempre più potenti. La fine della Legge di Moore ha implicazioni anche in materia energetica, visto che un suo corollario è che nella misura in cui l'integrazione dei transistor avanzava, la quantità di energia e tempo necessari per fare un calcolo diminuiva. Ora non è più il caso e questi computer con nuclei multipli consumano come vari computer connessi fra loro, come di fatto sono. Per cui, il consumo di energia da parte del sistema informatico, che non è mai diminuito per la sua crescente proliferazione – una specie di paradosso di Jevons informatico – ora cresce a velocità doppia. Pertanto, non è il caso di aspettarsi molte migliorie, in quanto all'efficienza energetica dei nostri sistemi.

Consumo energetico di Internet: Uno studio dell'Università della California di Berkeley delllo scorso anno calcola il consumo di energia di internet (inteso non solo come rete fisica, ma tutti i dispositivi ad essa collegato e conteggiando l'energia di fabbricazione dei diversi apparati) fra l'1 e il 2% di tutta l'energia (attenzione, non solo elettrica, di tutta l'energia) che si consuma sul pianeta. La cifra è impressionante, perché, essendo realisti, a lungo termine l'essere umano potrà conservare una frazione di tutta l'energia che consuma adesso, forse il 10% e se si gioca bene le sue carte, per cui quello che consuma internet su questa scala avrebbe un grande peso. Si deve inoltre pensare che la maggiore domanda di internet si ha nei paesi più ricchi che sono anche quelli che in questo momento consumano più energia e quelli ai quali costerà di più mantenere tali livelli di consumo. Tutto indica che internet dovrà ridursi probabilmente di una o due ordini di grandezza, per cui molti dei servizi di streaming di oggigiorno saranno semplicemente impossibili. E questo senza parlare del 'cloud computing', che sta ancora in fasce e che non supererà ma la condizione di esperimento su piccola scala, a causa degli innumerevoli requisiti in termini di capacità di computazione, che alla fine sarebbero richiesti anche in energia.

Impatto del silicio nei microchip: i chip di microelettronica si fabbricano col silicio, che è uno dei minerali più abbondanti sulla crosta terrestre (la comune sabbia è fondamentalmente ossido di silicio). Tuttavia, le cialde di silicio con le quali si fabbricano devono avere una purezza di silicio estrema, del 99,9999%, il che richiede stanze speciali in condizioni di pulizia eccezionale (stanze bianche), il che obbliga ad una grande spesa energetica, che è tanto più grande quanto è meno puro il materiale di partenza. E' per quello che per produrre silicio puro si è soliti esigere minerali speciali, non la semplice sabbia di una spiaggia, e il quarzo di grande purezza è uno dei preferiti, ma questo è un materiale abbastanza più scarso della sabbia (potete consultare un riassunto abbastanza buono sulla produzione di silicio in rete, sul sito Connexions, in un articolo dal titolo “Semiconductor grade silicon”). Quando la produzione di questi minerali speciali comincia a diminuire (per l'esaurimento dei giacimenti e per l'aumento dell'energia richiesta per lo sfruttamento di quelli rimanenti) la produzione dei microchip di silicio ne risentirà, rendendoli più cari. L'effetto di rincaro sarà fortemente non lineare, visto che ci sono tre fattori che contribuiscono all'aumento dei prezzi: primo, la crescente scarsità dei materiali que richiedono meno energia per essere purificati, il che porterà ad usarne altri con un maggior costo energetico; secondo, il rincaro intrinseco dell'energia in un mondo con minore disponibilità della stessa, il che in un processo come questo, che ne richiede molta, è determinante; e terzo, all'aumentare del prezzo la domanda cadrà, anche, appesantita dal resto dei problemi di degrado sociale, per cui la produzione di chip non potrà sfruttare più di tanto dei benefici dell'economia di scala ed il prezzo schizzerà ancora di più per questo effetto. Una politica di riciclaggio intelligente potrebbe mitigare questi effetti, ma per queste sarebbe necessario cambiare i piani attuali che non facilitano l'estrazione facile delle cialde (wafer) di silicio usate.

Difficoltà di accedere alle terre rare: abbiamo già discusso qui, due anni fa, i problemi di accesso alle terre rare, materiali che, nonostante la loro abbondanza sulla crosta terrestre, si presentano in depositi con una concentrazione non sfruttabile economicamente, il che comporta forti limitazioni nella loro produzione e che, in combinzaione a certi movimenti del mercato, hanno fatto sì che la Cina sia giunta a controllare il 97% della produzione di questi materiali. Molte terre rare, come detto a suo tempo nel post, sono di un'importanza capitale nei dispositivi ad alta tecnologia che usiamo oggigiorno, dai colori degli schermi LCD ai materiali per drogare le proprietà semiconduttrici del silicio o e che servono per servono per affinare la frequenza di lavoro dei chip, aumentarne la miniaturizzazione e diminuirne il consumo. Terre rare a parte, ci sono altri metalli che hanno usi importanti nei nostri sofisticati dispositivi e che stanno cominciando a scarseggiare come oro e argento (sui quali spero di fare un post quest'estate) e, a breve, anche il rame.

Declino del capitale disponibile, collasso della complessità: il grande problema che quasi nessuno sembra in grado di vedere, è che la nostra società industriale è essenzialmente instabile. E' progettata per produrre una gran quantità di merci, distribuirle rapidamente e consumarle allo stesso ritmo. Ma siamo in una situazione in cui la produzione di nuove merci richiede quantità crescenti di capitale e sta arrivando ad un punto in cui i conti economici non tornano (in fondo, a causa del declino della redditività energetica) e la redditività non è sufficiente a mantenere il macchinario in funzione. I flussi di capitale diminuiscono e così anche il capitale disponibile. Il problema è che quanto più ci addentriamo in questo sentiero di perdita e distruzione di capitale verso una crescita già ora impossibile, più difficile è finanziare nuove imprese. E arriva un momento in cui non potremo neanche mantenere le strutture esistenti, perché la società non si autofinanzia, non produce sufficienti risorse per mantenere tutte le infrastrutture (è di nuovo il problema dell'EROEI decerscente: con meno energia netta si possono mantenere meno infrastrutture). Come abbiamo detto da poco, i problemi delle risorse vengono visti abitualmente come problemi intrinsecamente economici e non collegati all'energia, per cui non vien riconosciuto che la decadenza economica che stiamo vivendo non può cambiare internamente perché è limitata da fattori esterni (la mancanza di materie prime). 

Senza renderci conto, a poco a poco stiamo perdendo la capacità di fare le cose più complesse in primis (quelle che richiedono più capitale umano, nel senso di specializzazione, e di risorse) e progressivamente stiamo perdendo anche la capacità di fare le cose più semplici, fondamentali e necessarie. Essenzialmente, si produce una riduzione forzata della complessità della società (ciò che secondo Joseph Tainter – vedi anche qui, ndT. - è la causa del collaso della società). Non è necessario percorrere questo sentiero, almeno non fino alla fine, anche se disgraziatamente è ciò che stiamo facendo. E nel contesto della discussione di oggi, la perdita di complessità fa sì che le apparecchiature informatiche e ad alta tecnologia siano le prime a cadere. Un giorno chiudono le fabbriche di certi microchip disperse su tutto il pianeta finché non rimarranno che due o tre siti che possono fornire, a causa della loro grande dimensione, tutto il mondo. Poi, la diminuzione delle vendite fa chiudere tutte le fabbriche tranne una. Poi, questa fabbrica si vede obbligata a fare cambiamenti, aggiustamenti, a causa del crollo della domanda causata da una esclusione sociale crescente e dalla caduta del consumo di massa. Alla fine, si producono chip più semplici, più economici, meno funzionali, ma con una redditività maggiore adattata ai sempre meno apparecchi con elettronica digitale... Insisto, non è per forza il futuro, ma al momento è la direzione nella quale stiamo camminando. 

Alla fine, in uno scenario che assumesse anche le tinte più luminose, per noi sarebbe di scarsità e sarebbe naturale ripensare la scala sulla quale vogliamo usare l'informatica. Non dobbiamo rinunciare ad avere dei computer, di fatto sarebbe molto conveniente che non perdessimo questa tecnologia data la sua incredibile utilità nella gestione di un'infinità di sistemi complessi che per noi sono vitali. Tuttavia, quello che risulta abbastanza discutibile è se questi computer debbano essere personali. Il grande vizio della società industriale è quello di fomentare il consumo per accrescere il beneficio anche quando questo presuppone uno spreco ingiustificabile.  Mi risulta difficile capire perché in ogni casa debbano esserci due, tre, quattro o più dispositivi in grado di connettersi a internet e tutti con un'enorme capacità di elaborazione. Sì, è divertente, ma non necessario e in realtà non ce lo possiamo permettere per ciò che ho spiegato prima. Ciò implica anche che internet dovrebbe avere una dimensione più ridotta e meglio adattata alla circolazione di vera informazione (e non a tanto rumore, come ora). Dobbiamo ripensare il nostro concetto di proprietà ed evolvere verso quello di condivisione delle risorse che non si possono generalizzare per la loro scarsità, per il loro costo energetico e per il loro impatto ambientale, ma che conviene che siano accessibili a tutti, come lo sono le TIC. E' un diverso modello di proprietà, ma probabilmente non ci resta alternativa e sicuramente può essere ugualmente soddisfacente si viene gestito adeguatamente e senza abusi. Purtroppo, la cultura umana, soprattutto in Occidente, deve evolversi ancora molto per imparare a condividere senza abusare...

Saluti.
AMT