sabato 9 febbraio 2013

E' possibile disaccoppiare la crescita del PIL dalla crescita dell'energia?


Guest post di Gail Tverberg
Da “Our Finite World”. Traduzione di MR

In anni recenti, abbiamo sentito dichiarazioni che indicano che è possibile disaccoppiare la crescita del PIL dalla crescita dell'energia. Ho cercato la relazione fra il PIL mondiale e l'uso di energia e sono diventata sempre più scettica che un tale disaccoppiamento sia realmente possibile.

Figura 1. Crescita del consumo mondiale di energia (basato sui dati BP) e crescita del  PIL mondiale.



Prima del 2000, il PIL mondiale (basato su dati dell'Istituto di Ricerca Economica del USDA) in effetti stava crescendo più rapidamente dell'uso di energia, come misurato dai Dati Statistici della BP. Fra il 1980 e il 2000, la crescita del PIL mondiale ha avuto una media di poco sotto al 3% all'anno e la crescita dell'energia ha avuto una media di poco sotto al 2% all'anno, quindi la crescita del PIL è aumentata di circa l'1% all'anno in più rispetto all'uso di energia. Da 2000, l'uso di energia è cresciuto approssimativamente  quanto il PIL mondiale, poiché entrambi hanno una media di circa il 2,5% all'anno . Ciò non è quello che ci hanno detto di aspettarci. Perché questo “miglioramento dell'efficienza” dovrebbe scomparire dopo il 2000? Molti economisti sono preoccupati dall'intensità energetica del PIL ed amano pubblicizzare il fatto che per il loro paese il PIL cresce più rapidamente del consumo di energia. Questi indicatori possono essere tuttavia ingannevoli. E' facile ridurre l'intensità energetica del PIL per un singolo paese spostando le produzioni più energivore in un paese con una intensità energetica del PIL maggiore. Cosa succede quando questo gioco delle tre carte? In totale, la crescita del PIL mondiale è in qualche modo meno energeticamente intensa? La risposta, dal 2000, sembra essere “no”.

A me sembra che almeno parte del problema sia l'EROEI in declino – stiamo usando una quota sempre maggiore di energia solo per estrarre e elaborare l'energia che usiamo – per esempio col “fracking” e le perforazioni in acque profonde. Questo costo energetico più alto compensa i miglioramenti di efficienza. Ma ci sono anche altri problemi, problemi che discuterò in questo post. Se la crescita del PIL e l'uso di energia sono strettamente legati, sarà ancora più difficile soddisfare gli obbiettivi di emissione di CO2 di quanto in molti si aspettavano. Senza enormi risparmi energetici, una riduzione delle emissioni (diciamo 80% per il 2050) è probabile che richieda una percentuale simile di riduzione del PIL mondiale. A causa di quest'enorme disparità nel PIL fra nazioni sviluppate e nazioni in via di sviluppo, la maggioranza di questa riduzione del PIL dovrà probabilmente venire dalle nazioni sviluppate. E' difficile immaginare che questo accada senza un collasso economico.

Crescita del PIL e crescita dell'energia in diversi paesi

Ho iniziato questa analisi guardando le tendenze  (1) nel PIL e (2) nel consumo totale di energia per numero di paesi e sono rimasta colpita da quanto sembravano diversi i modelli.

Figura 2. PIL e consumo di energia totale negli USA.


Fino al 2005, gli USA erano in grado di aumentare il PIL del 3% all'anno, mentre l'aumento dell'uso di energia era di solo l'1% all'anno. Il 2% dei risparmi sembrerebbero venire da una qualche combinazione di delocalizzazione e di efficienza energetica. Dal 2005, il rapporto fra crescita del PIL e dell'uso di energia è stato più stretto.

Figura 3. Consumo totale di energia e PIL della Germania.


La Germania è un altro esempio di maggior crescita del PIL rispetto alla crescita dell'uso di energia. Fra il 1980 e il 2005, l'uso di energia è stato quasi costante, mentre il PIL crescva in media del 1,7% all'anno. 

Figura 4. Consumo di energia e PIL dell'Italia.

Il PIL dell'Italia è cresciuto di circa l'1,7% all'anno fra il 1980 e il 2005, mentre il suo uso di petrolio cresceva di circa l'1,0% all'anno, quindi mostra dei miglioramenti dovuti all'efficienza/delocalizzazione, che ammontano a circa lo 0,7% all'anno. Questo miglioramento è inferiore a quello di USA e Germania, ma l'Italia era anche meno industrializzata, per cominciare, e delocalizzare era l'unica opzione.

Figura 5. Consumo di energia e PIL del Giappone.

Il legame fra consumo di energia e crescita del PIL è stato più stretto in Giappone, specialmente da circa il 1987. Dal 1987, i due sono cresciuti praticamente con lo stesso tasso.

Figura 6. Consumo di energia e PIL della Spagna.

Anche la Spagna ha mostrato un legame molto stretto fra la crescita del consumo di energia e la crescita del PIL, con entrambi in crescita di circa il 3% all'anno fra il 1980 e il 2005.

Figura 7. Consumo di energia e PIL della Grecia.

La Grecia è riuscita a far crescere il suo uso di energia più rapidamente della crescita del PIL durante gran parte del periodo 1980-2005. Questo potrebbe contribuire ai suoi attuali problemi economici.

Figura 8. Consumo di energia e PIL della Cina.

La Cina mostra una crescita più rapida del PIL rispetto al consumo di energia. Il suo PIL è cresciuto di circa il 10% fra il 1980 e il 2005, mentre l'uso di energia è cresciuto di poco meno del 6% all'anno. Fra il 2005 e il 2010, il PIL è continuato a crescere di circa il 10% all'anno, mentre l'uso di energia è cresciuto di circa il 7,5% all'anno. Il paese è cambiato così rapidamente che ci si chiede quanto siano precisi i primi numeri sul PIL. 

Figura 9. Consumo di energia e PIL dell'ex Unione Sovietica.



La Figura 9 mostra che il modello dell'ex Unione Sovietica (ex URRS) è stato molto inusuale. Sia l'uso di energia sia il PIL sono collassati dopo il collasso dell'Unione Sovietica, ma la caduta del PIL è stata più grande della caduta dell'uso di energia. Di recente, il PIL si è impennato mentre l'uso di energia rimane stabile, suggerendo che si stia verificando l'esternalizzazione delle produzioni ad alta energia o che sono state create nuove fonti di PIL che non richiedono molta energia sono state create. 

Cambiamenti nell'intensità energetica

Il modo convenzionale di misurare l'intensità energetica è come il tasso di energia consumata rispetto al PIL (la linea rossa divisa per la linea blue nel grafico sopra), e questi tassi variano grandemente. Infatti, è difficile anche inserire le intensità energetiche dei diversi paesi sullo stesso grafico, a causa della grande differenza delle quantità.

Figura 10a. Intensità energetiche del mondo, dell'ex Unione Sovietica e della Cina.

Figura 10b. Intensità energetiche del mondo meno l'ex Unione Sovietica, gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europa a 15 paesi.

Mi sembra che siamo molto interessati all'intensità energetica del mondo (o forse del mondo meno l'ex Unione Sovietica, se i dati di quest'ultima sono del tutto bizzarri e riflettono un uso di energia molto alto in passato che ora sta scomparendo e non può essere replicato altrove). Mostriamo ciò nella Figura 11:

Figura 11. Intensità energetiche storiche del mondo e del mondo esclusa l'ex Unione Sovietica.

La Figura 11 mostra che l'intensità energetica su base mondiale è stata piatta fino al 2000. E' così anche escludendo l'ex URRS. Basandoci sulla Figura 1 all'inizio della pagina, ci aspettavamo che l'intensità energetica del mondo fosse piatta.
Perché l'intensità energetica del mondo rimane piatta mentre l'intensità energetica di molti singoli paesi è diminuita?

Abbiamo a che fare con un gran numero di paesi con diverse intensità energetiche. Il grande problema sembrerebbe essere l'esternalizzazione dell'industria pesante. Questo rende l'intensità energetica del paese che perde la produzione migliore. L'esternalizzazione trasferisce la produzione in un paese con un'intensità energetica molto più alta, quindi anche con la nuova produzione, il suo tasso risulta ancora migliore (più basso). E' difficile misurare l'impatto generale dell'esternalizzazione, se non guardando all'intensità energetica mondiale totale piuttosto che alle quantità individuali dei paesi. 

Guardando alle intensità energetiche del mondo, sembra che l'enorme quantità di esternalizzazione risulti in un uso di energia più o meno comparabile all'energia originale che è stata esternalizzata. E' difficile fare un calcolo diretto delle differenze nell'uso di energia, perché gran parte del nuovo uso di energia è indiretto. Per esempio, il governo della nazione in via di sviluppo potrebbe costruire enormi quantità di nuove strade asfaltate e case di cemento con gli introiti delle tasse ed i singoli lavoratori potrebbero comprare nuove macchine coi loro salari. Queste quantità non vengono colte in un semplice confronto dell'energia usata facendo un widget negli Stati Uniti relativo all'energia usata nel fare il widget in Cina, per esempio. 

Un altro problema e che l'uso di energia di interesse è per dollara di PIL ed un risparmio di energia che risulti in un risparmio di costo potrebbe non essere d'aiuto nell'abbassare l'intensità energetica del PIL. Per esempio, supponiamo che un produttore crei una nuova auto più piccola, che costi il 20% in meno ed usi il 20% in meno di benzina su base continuativa. Più lavoratori saranno in grado permettersi quella auto. Inoltre, un lavoratore benestante che si può permettere questa nuova e più economica auto (e che poteva anche essersi permesso un'auto più costosa) avrà dei soldi in più rimasti. Con questi soldi rimasti, il lavoratore benestante può comprare qualcos'altro, come un viaggio aereo, cibo che viene dall'altra parte dell'oceano o un nuovo iPod. Tutti questi acquisti extra consumano a loro volta energia. Quindi quando viene guardato il quadro generale, il fatto che siano state prodotte auto energeticamente più efficienti non si traduce necessariamente in minore intensità energetica del PIL. Un problema menzionato nell'introduzione a questo post è il fatto che l'EROEI dei combustibili fossili sta diminuendo a causa del fatto che quelli facili da estrarre sono stati in gran parte estratti. Di conseguenza ora stiamo estraendo i combustibili fossili più difficili da estrarre, il che richiede più energia.

Una situazione simile si verifica in molto altri impegni, perché viviamo in un mondo finito e stiamo raggiungendo i limiti. Nelle miniere, la qualità dei minerali è sempre minore, il che significa che serve più energia nell'estrazione. In agricoltura stiamo spremendo le nostre risorse fortemente, il che richiede più fertilizzanti, pesticidi e più irrigazione e il tutto richiede più energia. Stiamo esaurendo l'acqua dolce in alcuni luoghi, così l'acqua viene pompata da distanze maggiori o viene usata la desalinizzazione, aggiungendo ulteriore uso di energia. L'inquinamento è un problema, quindi ci servono dispositivi da installare per ridurre le polveri delle vecchie centrali a carbone. Tutti questi sforzi richiedono energia e probabilmente contribuiscono alla tendenza all'aumento dell'uso di energia, compensando  i risparmi in efficienza realizzati altrove. 

Un altro problema che tende ad aumentare l'intensità energetica del PIL è la tendenza a lungo termine all'uso di macchine ed energia aggiuntiva per fare i lavori, piuttosto del semplice lavoro umano. Per esempio, se una persona abbatte qualche albero e si costruisce la propria casa, gran parte dei calcoli direbbero che non c'è alcun PIL né energia usata. Se una persona assume un costruttore per costruire una casa e il costruttore usa attrezzi manuali per abbattere gli alberi e lavoro umano per costruire la casa, il risultato è una aumento nel PIL , ma un uso ridotto dell'energia da combustibili fossili. Se il costruttore diventa più “moderno” ed usa ruspe e cemento per costruire le case, allora l'uso di energia è corrispondente al PIL creato.
Emissioni di biossido di carbonio

Come ci i poteva aspettare, le emissioni di biossido di carbonio per unità di PIL sono strettamente legate all'intensità energetica. Infatti,
(Emissioni di CO2/GDP ) = (Emissioni di CO2 / Energia Usata) x (Energia Usata / PIL)
Il rapporto (Energia Usata /PIL) è semplice intensità energetica, che è stata resa nel grafico nelle Figure 10a, 10b e 11. L'altro rapporto è (Emissioni di CO2 / Energia Usata), resa nel grafico della Figura 12. Esso mostra un modello simile: in diminuzione prima del 2000 e quindi stabile.

Figura 12 – Emissioni di CO2 per barile di petrolio equivalente di energia, basata sui Dati Statistici della BP.

I rapporti nella Figura 12 riflettono i cambiamenti nel mix di energia nel tempo e la loro propensione relativa a generare CO2. Dal 2000 queste emissioni per unità di energia iniziato, di fatto, a crescere un po', a causa del più largo uso di carbone nel mix energetico. Le misurazioni di CO2 usate in questa analisi sono i calcoli della BP, basati su titpi di energia usati ogni anno (comprese le rinnovabili*). Esse non riflettono quelle reali misurate in atmosfera. 

Il rapporto delle nuove emissioni di CO2 rispetto al PIL riflette una combinazione di questi rapporti (C02/Energia e Energia/PIL) ed è mostrato nella Figura 13.

Figura 13: Rapporto Nuova Energia-Emissioni di CO2 rispetto al PIL.

La Figura 13 indica quello che ci si aspetterebbe dalle Figure 11 e 12: un rapporto in diminuzione di emissioni di CO2 rispetto al PIL fino a circa il 2000, quindi praticamente piatto da lì in avanti. Infatti c'è una ripresa distinta nel 2010. Così, le nuove emissioni di CO2 dalle fonti di energia sono aumentate velocemente circa quanto il PIL dal 2000 e un po' più rapidamente del PIL nel 2010. Questa è senza dubbio una notizia scoraggiante per coloro che hanno adottato il protocollo di Kyoto nel 1997, pensando che avrebbe ridotto le emissioni di CO2.
Alcuni pensieri sulle politiche energetiche

Le carbon tax e le politiche di limitazione e scambio sembrano incoraggiare l'esternalizzazione della produzione. I benefici principali dell'esternalizzazione sembrerebbero essere (1) una riduzione dei combustibili fossili importati, (2) costi inferiori  dei prodotti per i consumatori a causa del costo del lavoro inferiore e (3) probabilmente profitti maggiori per le aziende che vendono il nuovo prodotto più economico. Compensano questi benefici la perdita di posti di lavoro del paese che esternalizza e la perdita di controllo sui tipi di energia che vengono usati nel processo produttivo. Mi pare che sarebbe meglio che non incoraggiassimo questa esternalizzazione, specialmente quando vengono prodotti beni essenziali. Un concetto errato che sembra guidare la politica energetica è la visone che i biocombustibili sostituiranno il petrolio e che l'uso di ulteriore elettricità sostituirà il petrolio. L'uso di petrolio ha più o meno raggiunto il limite massimo. L'offerta di petrolio è molto prossima ad essere inelastica, a prescindere dal prezzo. Qualcuno, da qualche parte, userà qualsiasi petrolio estratto dal terreno, forse ad un prezzo leggermente inferiore, anche se un particolare paese può ridurre il consumo di petrolio attraverso l'uso di biocombustibili o se una macchina può andare ad elettricità. 

Questo significa che qualsiasi biocombustibile che viene creato verrà aggiunto all'offerta energetica mondiale, permettendo un uso più rapido delle forniture di gas e carbone, visto che il loro uso è ancora in qualche modo elastico. Analogamente, spostando la domanda di energia dal petrolio all'elettricità, quello che facciamo in realtà è espandere l'uso totale di energia, bruciando più carbone e gas naturale per fare più elettricità. Così, dal punto di vista della CO2 mondiale, biocombustibili e aumento dell'uso di elettricità non sono utili. I singoli paesi possono ancora trovare i biocombustibili e l'esteso uso di elettricità utile, perché possono ridurre le loro importazioni di petrolio se il suo uso può essere spostato in un altro paese. C'è anche la speranza che possiamo continuare ad alimentare il nostro stile di vite più a lungo, usando l'auto elettrica. 

Se il nostro intento è davvero quello di ridurre le emissioni di CO2, mi pare che dobbiamo guardare il problema in modo più ampio. Forse il problema andrebbe visto in termini (1) quante risorse di combustibili fossili vogliamo usare in ogni anno a venire e (2) quanto PIL può essere creato da quelle risorse, dati i problemi che stiamo affrontando. La quantità di combustibili fossili da usare ogni anno a venire dovrebbe considerare gli obbiettivi di CO2 così come il limiti della quantità di petrolio che può essere estratta ogni anno, perché il “petrolio facile è finito”. La quantità di PIL che può essere creato da questi combustibile dipenderebbe da un certo numero di fattori, compresi il declino del EROEI e l'aumento dell'efficienza. Se il piano è di ridurre il consumo di combustibili fossili, allora potremmo aspettarci che il PIL decresca, forse di una percentuale simili. Infatti, guardando all'esperienza dell'ex URRS nella Figura 9, il declino del PIL potrebbe anche essere maggiore del declino energetico.

Conclusione

Stiamo affrontando tempi difficili. Questo post sembra suggerire che c'è ancora un'altra storia non vera che ci è stata raccontata. Mi pare che dobbiamo esaminare i problemi da soli, giungere alle nostre conclusioni e cominciare a raccontare la storia vera.

*Non ho provato a discutere l'impatto delle rinnovabili, visto che al momento il loro impatto è stato piccolo. Il finale anticipato dell'uso di energia rinnovabile rende il loro impatto sull'intensità energetica del PIL meno benefica di quanto suggerirebbero i confronti standard.