venerdì 19 dicembre 2014

La dimensione psicologica della sostenibilità


di Mark Garavan,  originariamente pubblicato da  Feasta   28 novembre 2014
Tradotto e chiosato da Jacopo Simonetta.

Propongo qui la traduzione di un articolo che trovo interessante, anche se contiene un'inesattezza chiosata nel testo.

Man mano che il XXI secolo si dispiega, è sempre più chiaro che stiamo sprofondando in tempi difficili.   I sintomi, sia personali che sociali, sono tutti di una crisi sistemica.   A livello politico vediamo il riemergere di vari fondamentalismi, nazionalismi, politiche di estrema destra e la normalizzazione di una Orwelliana “guerra al terrore” che giustifica la costante sorveglianza dello stato sui cittadini.    Governi autoritari ad Est e post-democratici nell'Ovest adesso coesistono fianco a fianco.  La politica si è ridotta ad un regime tecnocratico di gestione dell’economia globale.  Il sistema capitalista barcolla in una continua instabilità, tenuto a galla soltanto con misure quali il “Quantitative easing” (massiccia iniezione di denaro nel sistema finanziario ndt) e l’imposizione della socializzazione dei debiti della elite.    A livello sociale ineguaglianza, insicurezza, nuove forme di apartheid e di esclusione sociale, schiavitù e traffici, oltre al crescere degli spostamenti di persone in cerca di sicurezza,  accentuano ulteriormente l’instabilità del mondo.    Al di sopra di tutto questo disordine, la crisi ecologica cresce.    Il termine “Cambiamento climatico” può suggerire che è in questione solo il tempo che fa, ma il clima è tutto – cibo, Acqua, temperatura, la stessa natura.   Metà dei vertebrati si sono estinti nel corso degli ultimi 40 anni.   (Non è vero.  Il tasso di estinzione è estremamente allarmante ed in crescita, ma non ha ancora raggiunto livelli di questo genere ndt).

Cosa tutto questo sta facendo ad ognuno di noi?   Questo incastro di problemi non è solo “la fuori”.   Siamo anche affetti ad un livello profondamente personale.    Non soltanto siamo in un’età di insostenibilità sociale ed ecologica; dobbiamo anche riconoscere la pena e l’angoscia che ciò comporta.    Tutto questo non-ordine sta esigendo un tributo al nostro benessere umano.   Le nostre emozioni stanno sentendo  il collasso del sistema molto prima che lo possano fare le nostre menti razionali.   Sintomi di stress e di angoscia sono in tutti noi , si veda  la crescita esponenziale di malattie etichettale “mentali” (sostenuta dalla compagnie farmaceutiche), di tossicodipendenza, di disperazione.   Molti di noi sono ansiosi o depressi.

Come Feasta ha predetto ed arguito fin dalla sua fondazione, il sistema stesso si sta disintegrando.   Quello che sta accadendo è una tragedia.   Non consola aver previsto ciò che sta accadendo.   Adesso stiamo attraversando questo periodo.    Non è sorprendente che man mano che il sistema decade noi soffriamo di stress e di ansia a livello personale.

E’ un questo contesto che Feasta ha bisogno di dire dove è oggi a cosa può fare. Abbiamo prodotto dettagliate analisi e proposte per molti anni.  Tutto questo rimane utile e valido, ma essendo una piccola organizzazione che disperatamente cerca di propugnare cambiamenti fondamentali a livello sistemico, un grosso tributo è necessario a livello umano. Le organizzazioni di solito non parlano abbastanza di questo aspetto.  Esaurimento, frustrazione e sfinimento possono far disperdere anche i più motivati.

Ho conosciuto tutto questo personalmente, durante le campagne.   So che facilmente completo esaurimento ed incapacità a proseguire prevalgono.   C’è così tanto da fare, così tanto sembra gravare sulle nostre spalle, l’argomento è così urgente, sentiamo così tanta responsabilità.   Facilmente puoi essere sopraffatto.

Spesso, i sostenitori del cambiamento necessariamente finiscono nel ruolo di critici, di quelli che si oppongono, di coloro per i quali è sempre tutto sbagliato, quelli che dicono sempre di no, dei catastrofisti.   Sembriamo venire da un luogo di negoziazione, possiamo apparire esperti in cosa è sbagliato, in ciò cui ci opponiamo, in ciò che odiamo.

In questo tempo di grave ed autentica crisi, abbiamo un disperato bisogno di evocare ciò che amiamo. Abbiamo bisogno di riportare nei nostri discorsi pubblici la capacità di sognare un mondo di inclusione, sufficienza economica, partecipazione democratica, integrità  e benessere psicologico che diano fondamento alla nostra fragile esistenza.   La diffusa alienazione, caratteristica del nostro decadente sistema,  può evolversi in rabbia, odio e paura se non può essere offerto un progetto di speranza ed ispirazione.

La parola Feasta può essere usata in modo ambivalente.   La sua origine è come titolo dalla frase “Cad a dheanimid feasta gan adhmaid” (cosa faremo in futuro senza legno).   Questo suggerisce il futuro come un luogo di presagio ed allarme. Ma Feasta può anche essere un’affermazione di speranza: che malgrado tutto c’è un futuro.   Dovrà essere abitato e costruito. Questo spetta a noi.

Ma sicuramente non possiamo fare tutto questo da soli.  Il minimo che noi di Feasta possiamo fare è di non essere collusi con le illusioni contemporanee.   Possiamo parlare in tutta onestà a proposito di noi stessi come di combattivi esseri umani, a proposito del nostro sistema in collasso, a proposito delle nostre paure, angustie e debolezze ed a proposito la nostra speranza per un mondo che sia abbastanza buono per  una vita umana politicamente sostenibile.  La sostenibilità deve includere gli aspetti sociali, politici, economici, ed ecologici, ma anche quelli psicologici.   Il nuovo linguaggio e la prassi di una politica sostenibile deve includere attenzione e benessere – focalizzando il benessere di tutti noi.   Questo deve cominciare ora e quindi dobbiamo cominciare a dare sostegno a noi stessi attraversando questi tempi di dolore.

Ho voluto tradurre questo breve articolo perché mi è parso che spieghi bene il sentimenti di frustrazione, impotenza e scoramento che immancabilmente prendono chi si rende conto di remare contro una corrente che trascina il mondo intero; su di una barca dove l’unica politica è spingere a tutto motore verso la cascata.   Si dice tante volte che l’antidoto ai sentimenti negativi siano i sentimenti positivi, ma ci sono situazioni in cui l’odio e la volontà di vendetta sono l’unica reazione di cui si è capaci.   Sentimenti tanto più forti quanto maggiore è l’amore per ciò che viene distrutto, giorno per giorno, con totale noncuranza. 

Eppure questa può facilmente diventare una trappola mortale.   Da quando esiste la politica, gli “arruffapopolo”  sanno benissimo che la rabbia è il sentimento più facile da recitare in pubblico e più contagioso.    Ma chi è trascinato dall'ira viene manipolato con estrema facilità, anche contro sé stesso e la sua gente.   Sono tecniche ben conosciute, ma sempre efficaci.
Perciò penso che imparare a controllare la rabbia e l’odio, così come lo scoramento, la frustrazione e l'impotenza, siano abilità necessarie alla resilienza perfino più dell’orticoltura sinergica o del riciclaggio degli scarti.


Nota di UB: "Feasta" significa "Futuro" in gaelico