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lunedì 18 gennaio 2016

Il tramonto del petrolio: edizione del 2015

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Cari lettori,

nell'ultimo rapporto annuale della IEA, il World Energy Outlook (WEO), edizione del 2015 (rapporto che abbiamo già commentato per esteso in questo blog) abbiamo avuto la fortuna che la IEA ci lasciasse una tavola numerica sull'evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi (quelli che, con un abuso semantico da anni viene chiamato “petrolio” o “tutti i liquidi del petrolio”) prevista per i prossimi 25 anni secondo il suo scenario centrale. E' la tavola 3.5, che riproduco qui sotto:


lunedì 28 dicembre 2015

World Energy Outlook 2015: Prospettive di decrescita imminente

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

il rapporto annuale per eccellenza nel mondo dell'energia, il World Energy Outlook (WEO), pubblicato ogni anno dalla IEA in questo periodo, è stato appena presentato a Parigi lo scorso 10 novembre. Si tratta, come sempre, di un rapporto voluminoso (718 pagine, quest'anno) in cui l'agenzia commissionata dall'OCSE perché consigli i governi degli stati membri in materia di politica energetica ci dà i dettagli di quali sono gli scenari di futuro sull'evoluzione dell'energia e dell'economia nei prossimi decenni. Date le caratteristiche del rapporto (numerosissime statistiche, previsioni non contestualizzate storicamente, poca tracciabilità della veridicità o non veridicità delle edizione passate, testo ampolloso e molto esteso, eccesso di focalizzazione su alcuni dettagli poco importanti e scarso accento su altri più rilevanti, uso deliberato di un linguaggio di basso profilo e molteplicità di scenari per eludere responsabilità in caso di previsioni molto sbagliate) portano al risultato che rimestare fra i dati e le previsioni della IEA per i prossimi anni comporti sempre una certa fatica. Tuttavia, dato che si tratta di un documento centrale nelle discussioni sul cambiamento politico e che i dati inventariati contenuti nel rapporto (le sue previsioni sul futuro sono altra cosa) sono di fatto di buona qualità, si rende necessario prendersi un certo tempo e leggere il rapporto, salvando alcune conclusioni che si annidano nel rapporto stesso che a volte sono importanti e che la IEA comunica in modo aperto ma non pubblicizzato. Come negli anni precedenti, esporrò nelle prossime righe una revisione preliminare degli aspetti più salienti che ho trovato ad una lettura rapida del WEO 2015, lasciando a post successivi lo sviluppo di qualche aspetto che credo valga la pensa di evidenziare.

domenica 28 dicembre 2014

Il tramonto del petrolio edizione 2014

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

due anni fa ho pubblicato un posto intitolato “il tramonto del petrolio” che ha fatto molta sensazione nel piccolo mondo dei picchisti. Nel post analizzavo i dati che offriva nel suo rapporto annuale (WEO 2012) l'Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) sull'evoluzione della produzione del petrolio dal punto di vista non tanto del volume degli idrocarburi   prodotti liquidi (ciò che la IEA chiama con vantaggio “tutti i liquidi del petrolio”), ma da quello dell'energia lorda e, cosa più importante, da quello dell'energia netta che forniscono. Il panorama non poteva essere più scoraggiante. Nel 2013 ho cercato di ripetere l'esercizio, ma nessun grafico o tavola offriva la ripartizione dei diversi tipi di petrolio, per questo motivo era impossibile riprodurre la mia analisi, perché si basava proprio sul diverso contenuto energetico dei diversi idrocarburi liquidi (e gli scenari della IEA non offrono un quadro realistico di quello che sta succedendo al petrolio, visto che presentano sempre questi grafici dove si somma il volume di tutto, nei quali vengono assimilate cose che in realtà sono molto diverse, come il petrolio greggio e il biodiesel di soia).

Che nel WEO del 2013 non mi abbiano fornito i dati necessari per ripetere l'analisi mi è parso comprensibile, visto che anche senza razzolare fra i dati i messaggi che trasmetteva il WEO 2013 erano già abbastanza inquietanti e ci mancava solo che arrivasse gente come me a peggiorare quello che già di per sé sembrava abbastanza grave. Proprio per questo ho pensato che la IEA non mi avrebbe dato mai più l'opportunità di ripetere le analisi del 2012. Tuttavia, nonostante la persuasività del rapporto di quest'anno (il WEO 2014 suggerisce che anche il carbone e l'uranio stiano giungendo al proprio picco produttivo), la IEA stavolta mi permette di fare il mio lavoro, offrendo la tavola 3.6 (immagine con la quale apro il post), sepolta, questo sì, in mezzo a quasi 750 pagine. La tavola in questione ci offre quello che ci serve, una ripartizione della produzione per tipologia di idrocarburi liquidi ed anno. Il post di oggi è dedicato a ripetere l'analisi del 2012, ma con i dati del 2014, e a mostrare il confronto coi risultati che ho ottenuto nel 2012. Prima di cominciare, conviene evidenziare un paio di differenze interessanti fra i dati del 2012 e del 2014 (a parte il fatto che nel 2014 la IEA ci offre i dati numerici tabulati, il che mi facilita l'elaborazione dei grafici, anche se questo fa sì che anche quei dati passano come peggio percepiti di un buon grafico, per il lettore medio del WEO).

La prima differenza è che quest'anno la IEA prescinde dalla categoria abbastanza falsa e risibile di “Guadagni di lavorazione”. Come abbiamo detto nell'analisi del 2012, questa voce corrisponde agli incrementi NEL VOLUME che hanno luogo in raffineria quando si raffina il petrolio greggio, senza che tali guadagni in volume rappresentino un incremento dell'energia che il petrolio possedeva prima di entrarci (certamente, i prodotti raffinati possono avere più energia del petrolio che entra in raffineria, perché in raffineria entra anche gas naturale, che serve per la lavorazione. La somma delle energie di petrolio e gas naturale impiegati è ovviamente superiore a quella dei prodotti raffinati in uscita, visto che necessariamente ci sono alcune perdite nella lavorazione). Dato che il trucco contabile era piuttosto dozzinale, probabilmente hanno deciso di smettere di usarlo. La seconda differenza è che la IEA incorpora una nuova categoria di petrolio greggio, che denominano “petrolio ottenuto col miglioramento del recupero”. Il miglioramento del recupero (enhanced oil recovery, EOR, che ingloba tutte le tecniche che si usano per allungare la vita di giacimenti già in sfruttamento) si usa da decenni e sembra pertanto stupido creare una nuova categoria per questo, come a voler dare da intendere che si può prevedere uno spiegamento di nuove tecniche che avranno un peso determinante in futuro.

In realtà questa categoria, che corrisponde alla produzione di giacimenti attualmente in produzione più quello che si può applicare ai giacimenti che entrano in produzione durante gli anni a venire, è un modo di introdurre in modo dissimulato un fattore che serva a compensare il declino dei giacimenti attualmente sfruttati (che, come riconosce la IEA, decadono già al ritmo del 6% all'anno). Dato che l'EOR si usa prevalentemente nei giacimenti già vecchi, per poterlo confrontare con la mia analisi del 2012 accumulo tutti questi valori nella colonna dei “Giacimenti attualmente in produzione”. In realtà, parte dell'EOR si dovrebbe applicare anche ai giacimenti da sviluppare e persino ai giacimenti ancora da scoprire. In ogni caso, siccome do i dati ed i fattori, chiunque può ripetere la mia analisi con la combinazione che gli sembra più adeguata. Un inconveniente per confrontare i miei risultati del 2012 e del 2014 è che i grafici non sono definiti sugli stessi anni. In particolare, nel rapporto del 2014 si fa un salto sorprendente dal 1990 al 2013, mentre in quello del 2012 si offrivano dati per il 2000, il 2005 e il 2011 (molto più logico, visto che i punti seguenti del grafico vengono offerti per ogni lustro). Non si tratta di un problema troppo grave, visto che i dati delle date già passate possono essere più o meno precisi, ma non sono più proiezioni e pertanto non sono speculativi. Per cui, quello che ho fatto è prendere i valori del 2000, 2005 e 2011 che avevo ottenuto nel mio post del 2012 e li ho aggiunti a quelli che deduco dalla tavola 3.6 del WEO 2014. Con queste due modifiche (incorporazione del EOR, la produzione di giacimenti esistenti e l'inserimento degli anni 2000, 2005 e 2011dei dati del WEO del 2012), ottengo la tavola seguente:

                 Existing   TBD    TBF    NGL    Other    LTO
1990        59.6           0           0         5.6        0.4        0
2000       65.9           0           0         7.9         1.1        0
2005        70.0          0           0         9.7         2.3       0
2011         68.2          0           0        12.0        3.0       1.2
2013         68.7          0           0        12.5        3.0       2.9
2015         66.2          3.8        0.1     13.1        3.8       3.6
2020        54.4         13.2        0.5    14.6        5.3       5.5
2025        45.4          17.4       5.5     15.4        6.4       6.2
2030        38.7          18.7     10.3     16.4       7.7        6.6
2035         33.9         19.3      13.8    17.2        9.2       6.4
2040        28.7          21.3      16.4    18.2      10.8      5.4

Mescolando i dati delle due tavole risulta abbastanza evidente il perché del sorprendente salto di date che fa la tavola del WEO 2014, dal 1990 al 2013, perché se si include il 2005 risulta troppo evidente che la produzione di petrolio greggio non è in plateau (come si diceva nel 2010), ma in lieve declino. Ed anche che la produzione fa una strana rimonta nel 2015, come si vedrà con più evidenza quando disegneremo i grafici. Bisogna evidenziare, anche, che i grafici che provengono dal WEO 2014 sono definiti fino al 2040, mentre quelli del WEO 2012 lo erano solo fino al 2035. Come nel 2012, ricordiamo le diverse categorie e i colori per identificarle. In ogni grafico, la fascia di colore nero nella parte più bassa rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio attualmente (2013) in produzione (Existing). La fascia di colore azzurro celeste rappresenta la produzione dei giacimenti di petrolio greggio già conosciuti (TBD) ma che non vengono sfruttati per mancanza di domanda o eccesso di costo produttivo. La fascia di colore azzurro scuro rappresenta la produzione di petrolio che dovrà provenire dai giacimenti ancora da scoprire(TBF). Tutte le altre fasce rappresentano petroli non convenzionali, succedanei imperfetti del petrolio. La fascia di color porpora rappresenta la produzione dei liquidi del gas naturale (NGL); quella di colore giallo viene dalla produzione di tutti i maggiori petroli non convenzionali eccetto il leggero di roccia compatta (other); la fascia rossa è quella del leggero di roccia compatta (LTO).

Vediamo prima come si presenta il grafico del volume totale degli idrocarburi liquidi


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2014

Che deve essere confrontato con quello che avevamo nel WEO 2012. La sottile fascia verde in alto corrisponde ai guadagni di lavorazione in raffineria. Ricordate che il WEO 2014 arriva fino al 2040, mentre il WEO 2012 arriva solo fino al 2035 (pertanto il confronto dei due scenari deve essere fatto solo fino al 2035)



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in volume, secondo il WEO 2012

Diverse cose richiamano l'attenzione nel confronto fra i due grafici. Per esempio, è molto curioso che la somma di tutti i contributi abbia praticamente gli stessi valori del 2012, giungendo all'estremo che per il 2035 si raggiunge praticamente a questo valore mitico di 100 milioni di barili al giorno (Mb/g) che veniva già proposto nel 2012. E questa corrispondenza è abbastanza suggestiva, se si tiene conto che nel 2012 si faceva affidamento a questa fonte falsa di idrocarburi liquidi corrispondente ai guadagni di lavorazione e che il resto delle fasce non si comportano allo stesso modo nel 2014 rispetto al 2012. Sembrerebbe che alla IEA prima decidono quale debba essere la produzione totale di idrocarburi liquidi per anno e poi vedono come si possa realizzare, il che è abbastanza assurdo, dato che non sono perfettamente sostituibili fra loro, ma soprattutto perché la produzione sarà quella che può essere e non quella che desideriamo che sia. Si osservano cambiamenti sensibili nell'evoluzione di tutte le categorie di idrocarburi liquidi eccetto per i liquidi del gas naturale e per gli altri non convenzionali. La curva che si riferisce ai petrolio dei giacimenti attualmente sfruttati (fascia nera) non ha più la forma convessa del 2012 (che era fisicamente assurda) e passa ad avere una forma concava, molto più ragionevole, anche se il decadimento annuale continua ad essere troppo dolce per essere ragionevole (una media del 3,2% all'anno, simile al 3,3% che la IEA ha usato nel 2012, ma ancora più lontana dal tasso di decadimento reale osservato, che la stessa iEA riconosceva nel WEO 2013 e che era già del 6% all'anno). A causa di questa differenza di concavità-convessità, il resto degli idrocarburi liquidi devono coprire un buco molto più grande e la IEA riesce a quadrare questo cerchio soprattutto grazie alla forte crescita dei giacimenti ancora da sviluppare e, in misura minore, ai giacimenti ancora da scoprire e al LTO. Il comportamento della produzione di LTO è a sua volta abbastanza curioso: la produzione arriva ad essere considerevolmente superiore a quello che si prevedeva nel 2012, ma con una tendenza evidente a decrescere fino alla fine del periodo: la IEA riconosce che il picco del LTO avrà luogo verso il 2030. Per facilitare il confronto numerico, ho calcolato le differenze per tipo fra i dati del WEO 2012 (interpolando il 2013 in maniera lineare) e del WEO 2014, mostrandolo nella tavola seguente (WEO 2014 – WEO 2012:

               Existing     TBD     TBF     NGL     LTO     Other      Total
2000         0                 0           0           0          0            0             0
2005         0                 0           0           0          0            0             0
2011         0                 0           0           0          0            0             0
2013         2.65          -2.05      0.1      -0.7       1.05      -0.4          0.65
2015         2.10          -0.30     0.1       -1.3        1.1        -0.4         1.30
2020       -1.90           4.20    -0.7       -1.0         2.4       -0.6          2.40
2025       -2.60           4.30     0.7       -0.8         2.1       -0.7          3.00
2030        2.00          -1.0        1.4      -0.4         2.9       -1.1          3.80
2035        8.00          -7.0       0.7       -0.7         2.7       -0.9          2.80

Come si osserva nella tavola con più chiarezza, per i liquidi del gas naturale (NGL) e per il resto dei petrolio non convenzionali, le differenze fra l'evoluzione prevista nel 2012 e quella di quest'anno non sono troppo importanti, anche se sono costantemente leggermente inferiori nel 2014 rispetto al 2012 (sicuramente perché col resto degli idrocarburi liquidi stanno già raggiungendo la agognata soglia dei 100 Mb/g). Riguardo al LTO del fracking, la IEA considera che la bolla continuerà a gonfiarsi, nonostante il fatto che l'attuale diminuzione dei prezzi del petrolio fa già prevedere una discesa della produzione di LTO, con fallimenti in molte delle società piccole del settore e fusioni fra quelle medie. Sarà interessante confrontare l'evoluzione reale del petrolio da fracking con la realtà entro un anno. Per ultimo, risulta curioso il comportamento anomalo della percentuale di petrolio convenzionale proveniente dai giacimenti ancora da sviluppare, che secondo la IEA sperimenterà un forte aumento nei prossimi anni per poi cadere, inspiegabilmente e con molto forza, verso la fine del periodo e dove altrettanto stranamente è il petrolio dei giacimenti attualmente in produzione subentra, compensando l'intera diminuzione dei giacimenti ancora da sviluppare. E' possibile che una parte di questo comportamento anomalo si debba al fatto che in questa analisi abbiamo attribuito tutto l'EOR ai giacimenti attualmente in produzione, ma notate che la differenza per il 2035 fra il WEO 2014 e il WEO 2013 è di circa il doppio di tutto l'EOR di quell'anno. Sembra piuttosto che questo strano comportamento sia frutto di un forte rimescolamento dei numeri in cui le cifre sono state fatte quadrare con un obbiettivo fissato a priori. Ora vediamo come si comporta l'energia lorda proveniente da tutti i liquidi del petrolio secondo il WEO 2014. Analogamente a quello del 2012, ho ipotizzato che il contenuto energetico medio per volume dei petroli non convenzionali sia solo del 70% del greggio convenzionale. Il risultato è il grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2014

Nuovamente, se la IEA facesse onore al suo nome e fornisse i grafici in termini di energia prodotta, e non di volume di cose diverse e non tutte equivalenti ma molto meno, si vedrebbe che secondo il loro stesso scenario di riferimento, l'energia totale o lorda del petrolio crescerebbe molto leggermente durante i prossimi decenni. Lo scenario del WEO di quest'anno è leggermente migliore di quello previsto nel 2012, mostrato nel grafico seguente:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia lorda, secondo il WEO 2012

Ma, come abbiamo già detto nel 2012, ciò che importa per la società non è la quantità totale di energia del petrolio che  si produce, ma quanta di questa energia giunge realmente ai consumatori finali, cioè, l'energia netta, l'energia che rimane sottraendo i costi energetici della produzione di questi idrocarburi, poiché i costi energetici di produzione non sono gli stessi in un pozzo dell'Arabia Saudita che quelli di un sito di estrazione delle sabbie bituminose del Canada o di una fattoria che produce biocombustibili. Tracciare tutto il percorso dell'energia dal pozzo o dal sito di estrazione alla pompa è complicatissimo, ma possiamo farci un'idea di come evolvendo l'energia, usando alcuni Ritorni Energetici sull'Investimento (EROEI) approssimativi, stimati a partire dai valori offerti da diversi autori. Anche se a me paiono abbastanza conservativi, i valori di EROEI dei diversi tipi di idrocarburi liquidi che userò sono discutibili e ci sarà chi preferirà usare altri fattori che ritiene più accertati. Per questo all'inizio del post ho fornito le tavole numeriche, perché chi lo desidera possa produrre risultati a proprio piacimento. Gli EROEI che considero sono i seguenti:


  • Petrolio greggio convenzionale in produzione: 20
  • Petrolio greggio convenzionale in giacimenti da sviluppare: 5
  • Petrolio greggio convenzionali in giacimenti da scoprire: 3
  • Liquidi del gas naturale: 5
  • LTO ed altri non convenzionali: 2

Questi valori sono gli stessi che ho usato nel 2012. Secondo questi valori, e sapendo che l'energia netta N è collegata all'energia lorda L come N=(1-1/EROEI) L, ottengo il seguente grafico per l'evoluzione dell'energia netta, secondo i dati del WEO 2014:


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2014

Si osserva che, secondo lo scenario di riferimento del WEO 2014, l'energia netta di tutti i liquidi del petrolio entrerebbe in un lento declino a partire dal 2015, esattamente come succedeva coi dati del 2012, anche se allora il declino era un po' più pronunciato di quello previsto quest'anno.


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, secondo il WEO 2012


Il risultato più impattante della mia analisi del 2012 è stato quello che ho ottenuto quando ho revisionato alcune delle ipotesi più ottimistiche e/o ingiustificate del WEO ed ho ricalcolato come si presenterebbe l'energia netta dopo quella revisione. In realtà, la revisione che faccio è abbastanza conservativa, visto che si basa soltanto su principi ben conosciuti e comunemente accettati, per cui in realtà quello che ne risulta va semplicemente a rimuove il primo strato di maquillage ai dati. Le revisioni che faccio sono le seguenti:

  • Non esiste alcuna giustificazione teorica per supporre che la produzione proveniente dai giacimenti attualmente in produzione decadrà ad un tasso del 3,2% all'anno. Nel WEO 2013 la IEA riconosceva che il tasso medio di caduta è del 6% all'anno a con la tendenza a peggiorare col passare del tempo, visto che ci sono sempre più estrazioni in alto mare, che hanno un tasso di decadimento produttivo più accentuato. Per cui, correggo i dati dei giacimenti attualmente in produzione e impongo una caduta del 6% all'anno (nel WEO 2012 se ne usava una del 5% all'anno). 
  • La metà dei giacimenti ancora da sviluppare sono, per diverse ragioni tecniche ed economiche, impossibili da sviluppare. E' sicuro che le migliori tecniche potrebbero rendere fattibili più giacimenti di questa categoria, ma è altrettanto certo che l'attuale crollo dei prezzi fa piuttosto prevedere il contrario (nel WEO 2012 veniva considerato lo stesso fattore).
  • La categoria dei giacimenti ancora da scoprire è tremendamente gonfiata dal 2010; si sta ipotizzando un tasso di scoperte di nuovi giacimenti che è circa quattro volte quello osservato durante gli ultimi decenni. Per cui, divido questa categoria per 4 (come nel WEO 2012). 
  • Solo un terzo dei liquidi del gas naturale possono sostituire parzialmente il petrolio nelle raffinerie, pertanto ha senso includere soltanto un terzo di questa categoria in questi grafici. 
  • In quanto al LTO, le previsioni di riserve e produzione sono oscenamente gonfiate, sicuramente con l'intento di mantenere la bolla finanziaria associata più a lungo possibile. Nel 2012 ho considerato che fosse molto più realistico considerare che la produzione di petrolio da fracking fosse la metà di quella che stimava allora la IEA ed ora che in modo infondato la IEA ha gonfiato ancora di più la previsione, bisogna supporre che la produzione reale finirà per essere una percentuale persino minore. Tuttavia, mantengo il taglio percentuale del 2012 e considero che il LTO sarà solo la metà di quello che dice la IEA nel 2014. 
  • Senza un criterio chiaro per tutti gli altri petroli non convenzionali, li lascio come sono.


Dopo aver applicato le correzioni suddette, il grafico dell'evoluzione dell'energia netta degli idrocarburi liquidi si presenterebbe come segue:



Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2014


La cosa più curiosa della stima dell'evoluzione dell'energia netta di tutti i liquidi del petrolio in questo scenario più realistico è che è peggiore coi dati del WEO 2014 che con quelli del WEO 2012 (il grafico seguente):


Evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi in energia netta, in uno scenario più realistico, secondo WEO 2012

La tavola seguente riassume le differenze fra i due scenari per l'energia netta realistica (dati non osservati):

                Existing    TBD    TBF     NGL     LTO     Other   Total
2000          0              0          0           0           0           0          0
2005          0              0          0           0           0           0          0
2011          0              0          0           0           0           0          0
2013          7.15       -0.82     0.016  -0.131    0.181  -0.180    6.216
2015           5.2        -0.12     0.016  -0.243    0.192  -0.140    5.130
2020          1.7           1.68   -0.116  -0.186    0.420  -0.210    3.288
2025         -0.5          1.72     0.116   -0.149   0.367  -0.245    1.309
2030         -1.7         -0.40    0.258   -0.074   0.507   -0.385   -1.793
2035        -2.3          -2.80    0.116   -0.131   0.472   -0.315   -4.957

Sono due le ragioni per le quali le scenario del 2014 è sensibilmente peggiore di quello del 2012, nonostante il fatto che nei grafici precedenti sembrasse leggermente migliore. La prima è che nel 2012 ipotizzavamo un tasso di declino annuale dei giacimenti attualmente in produzione del 5%. Tuttavia, ora sappiamo che questo tasso è del 6% e con tendenza a peggiorare continuamente col tempo (le grandi compagnie multinazionali riportano un tasso di declino medio del 8% all'anno nei propri giacimenti maturi). L'altra ragione è che nel WEO 2014 si assegna una evoluzione molto strana al petrolio dei giacimenti ancora da sviluppare, che sfrutta sfrutta con tutta la sua intensità fino alla fine del periodo. Sicuramente una ripartizione più uniforme del EOR fra i giacimenti esistenti a da sviluppare limerebbe un po' questi risultati, ma il divario è più importante ed evidenzia quanto sia stridente il maquillage della IEA.

Conclusione

Il rapporto annuale del 2014 della IEA non solo conteneva pessime notizie sul futuro del carbone e dell'uranio, ma le sue previsioni per quanto riguarda la produzione di tutti i liquidi del petrolio sono piuttosto negative appena si analizza il contenuto energetico che sta realmente arrivando alle nostre pompe, ai nostri camion, ai nostri trattori, alle nostre macchine. La IEA gioca con le diverse categorie di idrocarburi liquidi per tentare di far arrivare i volumi previsti verso il 2035-2040 a quei desiderati 100 Mb/g dal 2010. La cosa scioccante è che ogni anno cambia il peso relativo di ogni componente (nel 2012 una cosa falsa come l'espansione del volume che occupano gli idrocarburi dopo che sono usciti dalla raffineria) e con sempre più difficoltà a far quadrare le cifre, cosa che li porta a manipolazioni che non reggono al benché minimo esame, in particolare per quanto si riferisce al petrolio greggio convenzionale, che continua ad essere la base della produzione futura. Le deviazioni più sorprendenti osservate per quanto riguarda la produzione di petrolio greggio convenzionale comprendono l'assegnazione di tassi di declino annuali dei giacimenti attuali molto più bassi di quelli che riconosce la stessa IEA, l'ipotesi di un tasso di sviluppo dei nuovi giacimenti incompatibile con le sue possibilità tecniche ed economiche e dare per scontato che si scopriranno quattro volte tanto i giacimenti scoperti in un anno di quanto stia succedendo negli ultimi decenni. Quando si correggono le deviazioni più ovvie, lo scenario che ci offre la IEA mostra un rapido declino dell'energia netta fornitaci dal petrolio che è già cominciato nel 2010 e che può soltanto aggravarsi nei prossimi anni.

Data la spirale di distruzione della domanda – distruzione dell'offerta nella quale siamo apparentemente entrati, le enormi difficoltà finanziarie delle società del settore ed i loro piani poco dissimulati di disinvestimento per recuperare redditività, il corso più probabile che seguiremo nei prossimi mesi sarà abbastanza vicino a quello che prevede la IEA. E dato che questo in realtà non è buono, la cosa più sicura è che stiamo entrando in una fase di rapida discesa con conseguenze economiche fra le più preoccupanti. Ma questo sarà materiale per un prossimo post.

Saluti.
AMT






giovedì 26 giugno 2014

Turiel: aggiornamenti sulla situazione petrolifera

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR
























Di Antonio Turiel

Cari lettori,

nelle ultime due settimane sono venute fuori diverse notizie di grande impatto nel mondo dell'energia, tutte meriterebbero di avere una posizione di rilievo sulla prima pagina dei quotidiani e alcuni minuti nei notiziari televisivi, cosa che naturalmente o non è successa o o è stata mascherata da qualcos'altro. Tutte queste notizie comportano una crescente angoscia e preoccupazione per il futuro, non tanto dell'energia quanto dell'economia mondiale, e anticipano che il declino energetico può entrare in una nuova fase più rapida, in una caduta più precipitosa. Facciamo una revisione di questi fatti:

La Panoramica sull'Investimento Energetico Mondiale della IEA: Come 11 anni fa, l'Agenzia ha pubblicato un rapporto sulle necessità di finanziamento e sulle opportunità per gli investitori nel settore dell'energia globale. Il rapporto ha causato grande agitazione nella comunità delle persone consapevoli della crisi energetica per due motivi: perché indica che servirebbero 48 trilioni di dollari di investimento in energia da qui al 2035 e perché dice che il sistema europeo dei prezzi per l'elettricità garantiscono il fatto che la rete elettrica europea non è sostenibile. Rispetto alla prima delle minacce, bisogna contestualizzarla: 48 trilioni di dollari da spendere in 22 anni comportano una spesa media di 2,18 trilioni all'anno (cominciando da 1,5 trilioni quest'anno per finire con 2,5 trilioni nel 2035). Intendo dire che tutte queste cifre vengono fornite in dollari costanti. In confronto al PIL attuale (2012) del pianeta Terra (circa 71,8 trilioni di dollari) questa spesa media annuale rappresenta un 3% del PIL. Significativo ma non impressionante. Anche i 2,5 trilioni del 2035 rappresenterebbero solo il 3,5% del PIL di oggi. Il problema, come osserva Gail Tverberg, è che la IEA sta dando per scontata una crescita dell'economia mondiale del 3,6% all'anno, cosa che vedendo l'attuale rallentamento economico sembra sempre più difficile e, ciò che è peggio, tenendo conto dell'ormai indissimulabile tramonto del petrolio che comporta che questa crisi non finirà mai, in questo periodo tanto dilatato di tempo il PIL del pianeta comincerà a contrarsi. Il che è grave perché, a parte che le previsioni delle necessità di investimento della IEA sono sicuramente ottimistiche, in una situazione di PIL in declino il peso del costo energetico sarà sempre maggiore. Ricordiamo che, come indica James Hamilton, quando il costo finale dell'energia supera il 10% del PIL, un'economia entra in recessione. E i 48 trilioni che indica la IEA non sono il costo energetico, ma solo l'investimento totale necessario (secondo loro) perché continui a fluire (e questo assumendo che l'OPEC raccoglierà il gioco della avventura americana fallita del fracking, che il rapporto stesso mostra che ha le ali molto piccole). Per questo è facile supporre che il prezzo dell'energia sia una percentuale maggiore del PIL globale di quel 3% di costi di produzione e in una economia che non cresce sarà molto facile superare questa soglia del dolore del 10% del PIL, a partire dalla quale l'economia entrerà in una coclea irrecuperabile, visto che la recessione implicherà meno investimento in energia ed un aumento del prezzo della stessa che affonderà ancora di più l'economia in una spirale mortale e, per la prima volta, globale. Rispetto al secondo rischio che indica la IEA, non c'è molto da dire: il settore elettrico europeo (ricordiamo, tuttavia, che l'elettricità rappresenta una percentuale minoritaria e solo un 10% su scala globale) è in crisi e le compagnie elettriche non hanno troppo interesse ad investire nel loro mantenimento ed espansione. Sembra pertanto che i blackout saranno inevitabili nei prossimi decenni. Per un'analisi più approfondita consiglio l'eccellente articolo di Gail Tverberg su Our Finite Worldanche questo di Richard Heinberg.

Il documento sulla Strategia Europea di Sicurezza Energetica: Due settimane fa la Commissione Europea ha pubblicato un documento di strategia energetica il cui obbiettivo è quello di preparare l'Unione ad una possibile interruzione improvvisa della fornitura di gas naturale all'Europa. Anche se non viene detto apertamente, dietro a questa impostazione strategica c'è lo scontro fra Occidente e Russia per il caso Ucraina. La Commissione considera verosimile che ci possano essere problemi questo stesso inverno ed ha disposto che si facciano dele prove di stress (stress test) al più presto per verificare la capacità del sistema europeo di resistere a questa interruzione. Si parla anche molto di gas naturale, non si parla poco di petrolio, e in linea di principio le prove di stress sono per tutto il sistema energetico, cioè che si contempla anche un'interruzione della fornitura di petrolio: Anche se viene molto enfatizzato quanto l'Europa dipenda dal petrolio russo, viene data poca importanza a questa possibilità, chiarendo che finora la Russia è dipesa molto dai prodotti raffinati che le inviamo da qui – ma, è chiaro, oggigiorno i movimenti dei paesi sono sempre più imprevedibili. Per combattere questi rischi e nel breve periodo che rimane – mesi, da qui al prossimo inverno – i mezzi sono di favorire le interconnessioni, appellarsi alla solidarietà fra stati membri ed appoggiare la produzione energetica autoctona mediante rinnovabili (ignorando tutti i limiti di queste ultime e che di fatto non stanno funzionando troppo bene a livello europeo, non tanto nel caso molto particolare della Spagna, ma in Germania).

La produzione di petrolio greggio e di condensati vegetali, a parte il tight oil da fracking, sta già diminuendo: Matthieu Auzanneau si fa eco di questo fatto nell'ultimo articolo del suo blog, da dove ho preso questo grafico:


Come fa notare Matthieu nel grafico sopra, la diminuzione non si giustifica né togliendo i paesi dove si stanno osservando problemi seri (ora peleremo di quei paesi), per cui la conclusione è che davvero l'OPEC non ce la fa già più (cosa che viene mascherata dicendo che “il mondo è ben rifornito” nonostante l'abbondanza di prove del contrario). In particolare, l'Arabia Saudita ha messo in piena produzione il giacimento di Manifa, il cui petrolio fortemente contaminato da vanadio e molto solforoso è molto difficile da raffinare e colloca questo cattivo prodotto in miscele di prezzo più conveniente. Era la sua ultima pallottola, non le resta altro. Mal ipotizzato, il rapporto della IEA che abbiamo commentato all'inizio faceva poggiare sulle spalle finora grandi dell'OPEC la responsabilità di sostenere (a livello petrolifero) il mondo.

L'interruzione delle esportazioni del petrolio libico: Giorni fa è trapelata la notizia secondo la quale la Libia smetterebbe di esportare gli esigui 200.000 barili di petrolio al giorno che era ancora in grado di produrre per soddisfare le proprie necessità nazionali. La cosa certa è che dopo la guerra lampo di quasi 3 anni fa il paese non si è stabilizzato ma è andato progressivamente collassando, trasformandosi in un regno di Taifa, come evidenzia il seguente grafico di produzione petrolifera (quasi l'unica esportazione del paese), preso a sua volta dall'articolo di Matthieu Auzanneau:


Prima della guerra, il paese era in grado di produrre più di 1,6 milioni di barili di petrolio al giorno (Mb/g), ora praticamente niente. Le potenze occidentali non hanno la capacità di imporre la propria volontà su un tavolo di gioco sempre più grande e complesso e i paesi, anziché essere controllati, collassano. E in una situazione in cui la produzione di petrolio si trova alla sua capacità massima e sta diminuendo, gli 1,6 Mb/g della Libia non sono per nulla disprezzabili. O non lo erano.

La guerra civile in Iraq: Il paradigma del collasso incontrollato sta venendo dal paese che si trovava da più tempo sotto il nuovo ordine mondiale petrolifero: l'Iraq. L'eterno Eldorado del petrolio la cui produzione doveva passare dai 3 Mb/g attuali a 6 Mb/g in qualche anno e addirittura giungere a 12 Mb/g in futuro, risulta che stia a sua volta collassando. La guerra civile non è mai finita del tutto e col ritiro delle truppe degli Stati Uniti si è andata aggravando. Il conflitto civile nella vicina Siria ha favorito il fatto che un movimento jihadista che si muove fra i due paesi abbia preso forza, fino a conquistare la città di Mosul, città chiave per il controllo del petrolio del Kurdistan per la sua raffineria e per il passaggio dell'oleodotto Mosul-Haifa (situato piuttosto più a sud). Se il gruppo armato continua ad avanzare potrà prendere il controllo di una delle zone più produttive dell'Iraq ed il sogno di un'abbondanza petrolifera nel paese finirebbe per sempre. Come dimostra il caso della Libia e la storia dello stesso Iraq, ci vogliono decenni per cancellare le impronte della guerra in un'industria tanto delicata come quella petrolifera.

L'instabilità generale di alcuni produttori: La produzione continua a diminuire in Angola e in Venezuela (in quest'ultima, spinta dalle proteste e dagli scioperi); il disastro ecologico del Delta del Niger ha molto a che fare con la sollevazione dei gruppi come Boko Haram e fa scappare alcuni investitori dal paese, mettendo ancora di più a rischio la produzione. Lo Yemen è sul punto di collassare, Egitto e Siria lo hanno già fatto... l'elenco potrebbe diventare molto più lunga, ma credo che vi siate già fatti un'idea.

Il riconoscimento sempre più forte del fatto che gli sfruttamenti di gas di scisto e petrolio di scisto con la tecnica del fracking sono completamente rovinosi economicamente: Poco più di un anno fa qui abbiamo affrontato il tema del rendimento scarso (o negativo) del fracking e sette mesi fa circa, nel momento in cui cominciavano a manifestarsi i sintomi del crollo di questa bolla finanziaria. Bene: sembra che cominci ad essere una verità detta ad alta voce. Ora è la stessa Bloomberg che ha fatto un'analisi approfondita delle perdite delle imprese del settore, giungendo alla conclusione che molte di esse spariranno. Non ci sarà, pertanto, una soluzione del problema petrolifero da questa parte, anche se fosse provvisoria (fino al 2020, come ha riconosciuto la stessa IEA). Il modello di importazione di energia ed esportazione di miseria, propiziato dalla condizione di moneta di riserva del dollaro, non si sostiene più e il fatto è che le compagnie petrolifere non possono continuare ad investire in affari di rendimento dubbio si sono lanciati in un disinvestimento aggressivo con conseguenze nefaste per il nostro futuro immediato. Questo provocherà non l'aumento della produzione di petrolio in un futuro immediato, ma che il il tampone che ci garantiva attualmente il fracking svanisca nel giro di qualche mese. Sommato a tutto quanto abbiamo detto sopra, questo mette in una prospettiva nuova e più inquietante il rapporto della IEA e fa comprendere che il suo linguaggio moderato nasconde una realtà sempre più inquietante.

Dopo tale rassegna di notizie nefaste, con cattivi presagi per il nostro futuro, cose vediamo? Anziché suonare i logici segnali d'allarme, la sola cosa di cui si sente parlare da queste parti e da molte altre sono i clacson dei tifosi di calcio, che si godono come mai prima uno degli ultimi mondiali di questo sport. Essendoci il calcio, a chi interessa vedere che il mondo so sbriciola? E tuttavia, una parte della popolazione molto tifosa degli ospiti del campionato, il Brasile, scende in strada a dire che no, non va bene...


Non ci serve la coppa del mondo. Ci servono i soldi per gli ospedali e per l'educazione

Forse sono loro l'ultima speranza che non tutto è perduto.

Saluti.
AMT

mercoledì 25 giugno 2014

Il boom dello scisto statunitense è finito, serve una rivoluzione energetica per evitare i blackout

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Di Nafeez Ahmed

Il cane da guardia dell'energia globale conferma che “la festa è finita” - riduce le proiezioni della produzione statunitense e richiede un investimento urgente



I funzionari del Regno Unito hanno dichiarato che la Gran Bretagna ha bisogno di frackin perchè l'industria 'prosperi' e 'l'economia cresca'. Sempre più dati contestano queste dichiarazioni. Foto: Brennan Linsley/AP

Odio dire ve lo avevo detto, ma...

Nel 2012, la IEA prevede che gli Stati Uniti avrebbero superato l'Arabia Saudita nella produzione di petrolio grazie al boom dello shale nel 2020, diventando degli esportatori netti nel 2030. La previsione è stata vista da molti come la prova decisiva del rinnovamento dell'era del petrolio, mentre i detrattori informati venivano nel migliore dei casi ignorati, nel peggiore ridicolizzati.

Fra i miei molti rapporti che esponevano gli errori geologici ed economici dietro alla narrativa del boom dello scisto ci sono questo, questo, questo e questo. Anche qui al Guardian, un titolo ha dichiarato che il rapporto della IEA mostra dimostrava che “l'idea del picco del petrolio era andata in fumo”. Ma l'ultima valutazione della IEA ha provato che i detrattori avevano ragione su tutto. La Panoramica sull'Investimento Energetico Mondiale dell'Agenzia pubblicato questa settimana dice che la produzione di tight oil statunitense – che attinge in gran parte da Bakken, nel Nord Dakota e ad Eagle Ford in Texas – raggiungerà il picco intorno al 2020 prima di declinare.

La nuova analisi mette fine al mito dei '100 anni di fornitura' ampiamente diffuso dall'industria e si avvicina alla valutazione più scettica di un picco del tight oil statunitense entro questo decennio. Il rapporto della IEA dice:

“... la produzione da parte del Nord America raggiunge un plateau [circa dal 2020] e poi diminuisce da meta degli anni 20 del 2000 in poi”.

L'ammanco renderà gli Stati Uniti, e i paesi dell'Europa che pensano di importare dall'America, sempre più dipendenti dalle forniture dal Medio oriente:

“Tuttavia c'è un rischio che l'investimento in Medio oriente non riesca a salire in tempo da evitare un ammanco di fornitura, a causa di un clima di investimento incerto in alcuni paesi e della priorità data spesso a spese in altre aree”.

La IEA ha evidenziato che sulla scia della Primavera araba, gli stati petroliferi del Medio Oriente stanno sentendo la pressione di deviare massicci sussidi petroliferi che mantengono la produzione in più spese sociali per alleggerire l'instabilità. Se non lo fanno potrebbero essere rovesciati. Questi paesi versano 800 miliardi di dollari in introiti del petrolio in sussidi energetici – e se non riescono a coprire l'ammanco previsto a causa della caduto post picco della produzione statunitense, per il 2025 il costo medio di un barile di petrolio potrebbe salire di 15 dollari. Lo scorso marzo, quando ho affrontato il pericolo di uno shock petrolifero imminente, mi è stato detto confidenzialmente da un portavoce del Dipartimento dell'Energia e del Cambiamento Climatico del Regno Unito che non c'era rischio che si spegnessero le luci – la politica del regno Unito aveva sistemato tutto. Ora il capo economista della IEA, Fatih Birol dice:

“In Europa stiamo affrontando il rischio che si spengano le luci. Non è uno scherzo”.

Ci servono 48 trilioni di dollari di nuovo investimento per mantenere le luci accese – e non è per niente chiaro se investire in petrolio e gas non convenzionali sempre più costosi risolverà qualcosa senza impatti seri sull'economia globale. Attualmente, di già, il rapporto della IEA rivela che oltre l'80% dell'investimento delle compagnie petrolifere sta andando per compensare i giacimenti esauriti in cui la produzione è in declino. L'agenzia fa anche un appello ad aumentare gli investimenti in rinnovabili e per aumentare l'efficienza, insieme ad un riforma dei regolamenti per incentivare gli investimenti, come parte del pacchetto.

Mentre l'impero dei combustibili fossili si sta frantumando, il settore dell'energia rinnovabile ha ricevuto il 60% dell'investimento totale in impianti dal 200 al 2012. Coloro che continuano ad investire in combustibili fossili per risolvere i nostri guai energetici ed economici dovrebbero prendere nota: non sono la risposta. Il tempo di uscirne è stato ieri.