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giovedì 6 luglio 2023

Il nostro futuro fotovoltaico: le rivoluzioni metaboliche della storia della Terra.



Illustrazione tratta da un articolo di Olivia Judson su " Nature Ecology & Evolution (2017)  "The Energy Expansions of Evolution". 

Questo è un post che ho pubblicato su " Cassandra's Legacy " nel 2017. Penso abbia anticipato lo spirito del nuovo blog " The Sunflower Paradigm ", quindi vale la pena ripubblicarlo qui con alcune modifiche. 


Olivia Judson ha pubblicato un interessante articolo su " Nature Ecology & Evolution ". È una cavalcata lungo 4 miliardi di anni di storia della Terra, vista in termini di cinque "rivoluzioni metaboliche". Cioè, il sistema complesso che è l'ecosistema terrestre (il grande olobionte ) si è evoluto sfruttando e dissipando potenziali sempre più alti.

È un approccio che va in parallelo con un articolo che ho scritto qualche anno fa su BERQ; anche se mi sono concentrato sul futuro piuttosto che sul passato. Ma il mio articolo era più o meno sulla stessa linea, osservando come alcune delle principali discontinuità nella documentazione geologica della Terra siano causate da cambiamenti metabolici. Cioè, la Terra cambia man mano che la vita che la abita "impara" a sfruttare i potenziali gradienti offerti dall'ambiente: energia geochimica all'inizio e, successivamente, energia solare.

Visto in questi termini, il sistema Terra è una gigantesca reazione autocatalitica che si è innescata circa quattro miliardi di anni fa quando il pianeta è diventato abbastanza freddo da avere acqua liquida sulla sua superficie. Da allora, ha visto un'esplosione al rallentatore che è andata sempre più veloce per miliardi di anni, fino a inghiottire letteralmente l'intero pianeta, inviando propaggini ad altri pianeti del sistema solare e anche al di fuori di esso.

Partendo dalla debole energia geochimica nelle profondità degli oceani, l'ecosistema si è spostato in superficie per utilizzare la luce molto più energetica del sole. Ha intensificato la sua capacità di elaborare la luce solare sviluppando un metabolismo alimentato dall'ossigeno, quindi si è trasferito sulla superficie terrestre sotto forma di organismi complessi. Circa 500 milioni di anni fa apparve il fuoco, sebbene giocasse solo un ruolo marginale nella macchina metabolica dell'ecosistema. Solo nelle ultime decine di migliaia di anni, una specie, gli esseri umani, è riuscita a utilizzare il fuoco per integrare il proprio processo energetico metabolico.

Judson identifica correttamente la capacità di controllare il fuoco come l'ultima caratteristica di questa esplosione in corso. Il fuoco è un'abilità caratteristica degli esseri umani e si può sostenere che sia la caratteristica distintiva dell'ultima suddivisione temporale della storia del pianeta: l'Antropocene.

Judson si ferma al fuoco, definendolo "una fonte di energia" e proponendo che "La tecnologia del fuoco può anche, forse, segnare un punto di svolta per il Sistema Solare e oltre. I veicoli spaziali dalla Terra possono, intenzionalmente o meno, portare la vita terrestre a altri oggetti celesti." Qui, penso che l'articolo vada un po' fuori strada. Definire il fuoco una "fonte" di energia non è sbagliato, ma occorre distinguere se per fuoco si intende la combustione del legno, di cui l'uomo fa uso da più di un milione di anni, o la combustione di idrocarburi fossili, utilizzati solo durante la ultimi secoli. C'è una grande differenza: i fuochi di legna non potrebbero mai portare gli umani a contemplare l'idea di espandersi oltre i loro confini planetari. Ma l'energia fossile potrebbe alimentare questa espansione al massimo per qualche secolo, e questo grande incendio è già in via di esaurimento. Se l'Antropocene deve basarsi sui combustibili fossili, è destinato a svanire piuttosto rapidamente .

Questo significa che abbiamo raggiunto l'apice del grande ciclo metabolico del pianeta Terra? Non necessariamente così. Judson sembra non notare nel suo articolo che la prossima rivoluzione metabolica è già iniziata: si chiama conversione fotovoltaica, ed è un modo per trasformare l'energia solare in un potenziale elettrico unito alla capacità di controllare il moto degli elettroni nei conduttori a stato solido . È un grande passo oltre il fuoco e le macchine termiche (*). È, in ogni caso, una nuova forma di metabolismo (**). Sta generando una nuova ecologia di forme di vita basate sul silicio, come ho discusso in un post precedente che ho intitolato "Cinque miliardi di anni di energia fotovoltaica".





Quindi, stiamo vivendo in tempi interessanti, qualcosa che potremmo prendere come una maledizione. Ma non è una scelta quella che stiamo affrontando: stiamo entrando in una nuova era, non necessariamente una buona cosa per l'uomo, ma molto probabilmente un cambiamento inevitabile; che ci piaccia o meno può avere poca importanza. Si tratta di una nuova discontinuità nella storia lunga miliardi di anni del pianeta Terra che porterà ad una maggiore capacità di catturare e dissipare l'energia proveniente dal sole.

La grande reazione chimica sta ancora divampando, e la sua espansione ci porterà da qualche parte molto lontano, anche se, al momento, non possiamo dire dove. Una nuova forma di vita è appena apparsa nell'ecosistema terrestre: si chiama "cella fotovoltaica". Dove ci porterà, o qualunque cosa verrà dopo di noi, è impossibile dirlo, ma potrebbe portarci in regni che, in questo momento, non possiamo nemmeno immaginare.



(*) Gli ebrei discutono da circa un secolo se l'elettricità debba essere considerata una forma di fuoco e quindi proibita durante il sabato . È sicuramente una discussione teologica interessante, ma per quello che posso dire (la teologia non è il mio campo), il fuoco (un plasma caldo acceso nell'aria) non è la stessa cosa dell'elettricità (movimento controllato di elettroni nei solidi)

(**) I sostenitori dell'energia nucleare potrebbero obiettare che la prossima rivoluzione metabolica dovrebbe essere vista come la produzione di energia dalla fissione o fusione nucleare. Il problema è che le risorse di materiale fissile nell'intero sistema solare sono piccole e difficilmente potrebbero alimentare una vera nuova epoca geologica. Per quanto riguarda la fusione, non abbiamo trovato una tecnologia in grado di controllarla in modo tale da renderla una fonte di energia terrestre, e può benissimo essere che tale tecnologia non esista. Ma la fusione funziona molto bene se ci limitiamo a raccogliere l'energia che ci arriva dal sole, quindi perché preoccuparsi?

giovedì 9 marzo 2023

La caduta del Leviatano: La fine del capitalismo.

 


Di  | Feb 24, 2023


‘LA CADUTA DEL DEL LEVIATANO’

ovvero

NASCITA, CRESCITA, DINAMICA E FATO DELLA CIVILTÀ’ INDUSTRIALE.

“LA CADUTA DEL LEVIATANO. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” è un libro che si propone di superare la consueta narrativa circa l’insostenibilità e l’iniquità del capitalismo contemporaneo. Non cova infatti, né intenti vendicativi, né assolutori e si astiene dal proporre soluzioni più o meno utopiche. Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere!

Nella metafora di Hobbes, il Leviatano era formato da un intero popolo fedele ad un monarca assoluto. Nella nostra trattazione è invece una realtà fisica ben definita come “struttura dissipativa auto-organizzata evolutiva”. L’intero pianeta risulta oramai ricoperto dal suo corpo immane, costituito non solo da oltre 8 miliardi di esseri umani, ma anche da quasi 40.000 miliardi di tonnellate di catrame, metallo, cemento, colture e bestiame che costituiscono oramai un’unica mega-macchina globale di cui il sistema economico capitalista, nelle sue varie articolazioni, costituisce il metabolismo.

Una struttura estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo. Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre.

Attingendo alle più disparate discipline (dalla fisica alla mitologia, dall’economia alla filosofia, dalla storia all’ecologia) il discorso si dipana per oltre 400 pagine che si sforzano di descrivere fenomeni complessi nella maniera più semplice e divulgativa possibile. L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.



Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.

Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. Perfino molti premi Nobel dell’economia hanno avanzato teorie basate sulla presunta capacità dell’ingegno umano di violare la fisica e le leggi naturali. Ecco perché il libro si impegna a demistificare concetti tanto alla moda quanto antiscientifici, allo scopo di analizzare il Fato del Leviatano nel modo più realistico possibile.

Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero. Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali. Malgrado un noto aforisma, ben difficilmente una farfalla scatena un uragano e, comunque, non potremo mai sapere se la tempesta in corso in Italia sia stata davvero innescata da una farfalla brasiliana che volava un secolo fa.

In compenso, conosciamo abbastanza bene alcune delle leggi che governano energia, materia ed informazione per capire che la forza inarrestabile del capitalismo si deve ad una peculiarità che lo differenzia da molti altri arrangiamenti socio-economici elaborati nella storia: quella di estremizzare la tendenza innata delle strutture dissipative, ossia distruggere il proprio “intorno” per crescere in dimensione e complessità. Così, il capitalismo ha letteralmente mangiato l’intero pianeta e con esso tutti i popoli che lo abitano, annientandoli o assorbendoli. Un’invenzione formidabile dunque, che ha prodotto la più grande civiltà di tutti i tempi e consentito all’uomo azioni un tempo ritenute prerogativa degli Dei, come volare e raggiungere la Luna. Ma ad un prezzo: accelerare una dinamica propria di tutte le strutture che assorbono e dissipano energia: l’invecchiamento e la morte. O, per meglio dire, il degrado ed il collasso.

Infatti, malgrado sia nato poco più di quattro secoli or sono e sia giunto a compimento appena trent’anni fa, il Leviatano appare già vecchio e malandato. Il libro illustra quindi i principali malanni che lo affliggono, in ultima analisi tutti dipendenti dalla sua fisiologia perché la stessa dinamica che, in un pianeta ricco di risorse e di biosfera, ha causato la sua smisurata crescita, nel mondo attuale dove ormai abbondano solo gli umani e i relativi schiavi (animali, vegetali e meccanici) sta rapidamente portando al collasso ed alla disintegrazione del Leviatano e quindi del capitalismo, che ne è l’apparato digerente. Al punto che, per sopravvivere, sta ormai divorando non più solo la biosfera ed i poveri del mondo, ma anche buona parte dei capitalisti e dello stesso Capitale.

Normalmente, le opere che affrontano tematiche affini a quelle de La caduta del Leviatano si chiudono con una serie di consigli e buone pratiche per correggere la rotta e salvarsi. Qui non ne troverete perché il sistema non è correggibile, al massimo se ne possono mitigare in modo molto limitato alcune tendenze. E dunque?

Ognuno cercherà il modo di cavarsela il meno peggio possibile secondo le sue opportunità e possibilità, ma noi esortiamo i lettori affinché pensino anche a coloro che verranno dopo di noi. In fondo, l’unico evento capace di cancellare l’umanità sarebbe un collasso generalizzato della biosfera, innescato dall’estinzione di massa in corso e vivacemente sostenuta dalle autorità di ogni ordine e grado, in ogni angolo del mondo, al grido di “Rilanciamo la crescita!”. Non sappiamo se la Vita sulla Terra sopravvivrà, ma è possibile ed è pertanto legittimo sperarlo. In caso positivo, i nostri più o meno remoti discendenti dovranno creare nuove civiltà con il poco di utile che avremo lasciato loro. E di cosa ha bisogno una civiltà? Acqua dolce, cibo, biodiversità, un clima vivibile, ecc., ma non basta. Ha bisogno anche di un mito fondatore perché è la mitologia e non la scienza che guida l’umanità, ora più che mai e così sarà anche in futuro. Perciò, mentre vi preoccuperete di salvare i vostri risparmi, di imparare l’orticoltura e le pratiche agroecologiche o di contrastare le speculazioni dei palazzinari amici del sindaco, pensate ad un mito che possa dare un senso a quanto vi accade ed una speranza per un futuro che nessuno di noi vedrà. Contrariamente al pensiero comune, una nuova mitologia è più importante di una nuova tecnologia perché attribuire un senso a ciò che ci accade e nutrire una qualunque forma di speranza sono due bisogni assoluti per noi umani, senza i quali non riusciamo a sopravvivere a lungo.

Dunque è imperativo elaborare una “grande narrativa” in grado di sostituire il mito del Progresso che ci ha condotti nell’impasse i cui ci troviamo, consapevoli che i miti fondatori sono sempre opere collettive che maturano nel tempo. Nessuno ne è l’autore, ma molti vi partecipano.

SINOSSI

CAPITOLO 1 – Illustra la natura del Leviatano unitamente ai concetti di “struttura dissipativa” e di “superorganismo”, necessari per comprendere la dinamica interna del Leviatano, derivante in ultima analisi da leggi fisiche.

CAPITOLO 2 – Tratteggia la genesi storica del Leviatano. Partendo da alcune peculiarità che rendono unica la specie umana attuale e rappresentano i necessari presupposti per lo sviluppo del Leviatano. Si delineano quindi i passaggi storici fondamentali e alcuni dei soggetti che, ispirandosi a presupposti ideologici diversi, hanno storicamente contrastato il formarsi del Leviatano.

CAPITOLO 3 – Descrive sommariamente la tecnostruttura che non solo permette al Leviatano di esistere, ma che ne è parte integrante e sostanziale, assieme all’intera umanità con i suoi organismi simbionti, commensali e parassiti.

CAPITOLO 4 – Si analizza l’“economia-mondo” che struttura gerarchicamente il pianeta in regioni centrali e periferiche, organizzando i flussi di materia, energia ed informazione caratterizzanti l’economia e la società globalizzata. Viene quindi spiegata la dinamica interna del sistema economico che alimenta il Leviatano, evidenziando l’importanza degli incrementi nella disponibilità di cibo ed energia per costruire società sempre più complesse. Infine, si accenna all’impossibilità di un’economia effettivamente circolare e dunque all’inevitabile alterazione dei cicli bio-geo-chimici da cui dipende la continuità della vita sulla Terra.

CAPITOLO 5 – Si affrontano la mistica del Progresso e i correlati miti della Macchina, del Mercato e della Crescita economica infinita, che hanno plasmato i modelli di pensiero dominanti negli ultimi due secoli, servendo anche a legittimare sia le profonde ineguaglianze sociali e inter-generazionali (spacciate per temporanee), sia il degrado dell’ambiente (ritenuto un fatto inevitabile e marginale).

CAPITOLO 6 – Si elencano le principali dinamiche perverse che stanno minando la funzionalità del sistema socio-economico globale, con le relative ricadute ambientali e sociali. Fra queste, si richiama l’attenzione su fenomeni apparentemente paradossali come l’erosione del reddito da capitale e la pauperizzazione di parte crescente dei capitalisti per opera del capitalismo stesso.

CAPITOLO 7 – Si tenta una diagnosi spiegando perché le “patologie” che affliggono il Leviatano non sono contingenti e neppure reversibili, essendo dovute ai profondi danni inferti alla biosfera ed al degrado quali-quantitativo delle risorse.

CAPITOLO 8 – Disamina delle fosche prospettive dal punto di vista storico e sistemico con particolare attenzione al fatto che, al variare della disponibilità di risorse e della salute della biosfera, le medesime dinamiche che hanno creato il Leviatano lo stanno ora distruggendo.

CAPITOLO 9 – La “morte del Leviatano” appare quindi un fatto procrastinabile, ma inevitabile e le conseguenze saranno di portata tale da modificare irreversibilmente non solo la storia dell’umanità, ma anche quella della biosfera tutta. Del resto, le prime avvisaglie di un tale evento sono già evidenti sotto il profilo ecologico, energetico ed economico. Si tratteggiano poi brevemente i principali tentativi di reazione alla crisi globale, soprattutto in Occidente.

CAPITOLO 10 – Abbozza una proposta avulsa dagli aspetti tecnici e pratici della crisi, bensì concentrata sul modo più appropriato di pensare ad essa, alla ricerca degli elementi su cui costruire un nuovo Mito Fondatore che possa sostituire quello ormai defunto del Progresso, per sostenerci e orientarci nei prossimi decenni che saranno probabilmente fra i più difficili dell’intera storia umana.

L’opera è stata sottoposta a Richard Heinberg, noto giornalista e scientifico e senior fellow del Post Carbon Institute, che si è così espresso: “Questa e’ la panoramica piú completa ed accurata della condizione umana nel 21° secolo in cui mi sia mai imbattuto”.

PER DISCUTERNE

Esistono una pagina FB ed un profilo Instagram (la_caduta_del_leviatano) dedicati al libro che, al di là dall’intento promozionale, possono essere sede di discussione. Occasioni per parlare direttamente di questi argomenti ci saranno in occasione delle presentazioni pubbliche che saranno annunciate sui canali social, man mano che saranno organizzate.

Per ora sono state fissate le seguenti:

15 aprile, presso Comunità dell’Isolotto, Via degli Aceri, 1 – Firenze. Ore 21:00

18 aprile presso Conventino Caffé Letterario, Via Giano della Bella, 20 – Firenze. Ore 18:00

21 aprile presso Circolo Arci Via Vittorio Veneto, 54 – Pontasserchio, comune di San Giuliano Terme (PI). Ore 17:30

Il libro si può acquistare in libreria, sul sito Web della Albatros Il Filo Edizioni, su Amazon e i principali bookstore on line.





sabato 18 febbraio 2023

L'impero colpisce ancora: basta con queste ridicole politiche ambientali!

Da "The Seneca Effect" 12 febbraio 2023


Ho definito questa immagine come " Il grafico più sorprendente del 21° secolo " e ho sostenuto che la rapida inversione della tendenza al declino della produzione di greggio è la causa dell'attuale politica estera aggressiva del governo degli Stati Uniti. Ma i capricci della produzione di petrolio negli Stati Uniti non hanno smesso di stupirci. Ora, stiamo assistendo a un tentativo disperato di mantenere in crescita la produzione di petrolio, anche a costo di abbandonare tutto ciò che è stato fatto finora in termini di politiche "verdi" per mitigare il cambiamento climatico e la distruzione dell'ecosistema. È un cambiamento storico importante. 


A volte, le cose cambiano così velocemente nel nostro mondo che rimaniamo sconcertati nel vedere la rapida scomparsa del mondo che pensavamo fosse normale. La pandemia di Covid è stata un esempio calzante. Ha cambiato le nostre abitudini, il modo in cui vediamo noi stessi e gli altri, e ha influito sui nostri diritti fondamentali. In meno di un paio d'anni, ci ha spinto verso una "nuova normalità" che è diventata il modo in cui le cose sono e devono essere. 

L'ondata di rapidi cambiamenti non è finita. Ora, il cambiamento sta investendo le politiche energetiche e ambientali, e non in una buona direzione. Un recente articolo su " The Epoch Times " riporta di un documento approvato dal Comitato per le risorse naturali della Camera degli Stati Uniti dal titolo " Il comitato guidato dal Partito Repubblicano: cambia marcia, vai a tutto gas per la produzione domestica di energia ". È un vero tsunami pronto a spingerci verso un altro tipo di "nuova normalità". Ecco alcuni estratti.

"I repubblicani hanno chiarito che molte iniziative approvate sotto l'amministrazione Biden che promuovono veicoli elettrici, cattura del carbonio, energia verde e protezione ambientale sono sul proverbiale ceppo.

"Tra le proposte che domineranno l'ordine del giorno del comitato e dei suoi gruppi sussidiari nei prossimi mesi ci sono i disegni di legge che vietano le restrizioni al fracking idraulico senza l'approvazione del Congresso, l'espansione delle esportazioni di gas naturale, l'abrogazione del Green House Reduction Fund dell'IRA e la modifica del Clean Air, Toxic Atti sul controllo delle sostanze, sullo smaltimento dei rifiuti solidi e sull'imposta nazionale sul gas.

"All'interno della tranche della legislazione proposta sul "scatenamento dell'agenda energetica americana" del comitato ci sono progetti di legge che chiedono di consentire riforme, promuovere lo sviluppo di "minerali critici" e vietare l'importazione di uranio russo. 

"Le attuali politiche energetiche non solo degradano l'economia, ma mettono in pericolo la sicurezza nazionale... Stiamo esportando ricchezza da qui negli Stati Uniti, molte volte ai nostri avversari, a causa di una mentalità non-nel-mio-cortile,

"L'emendamento proposto da Grijalva per incorporare una dichiarazione secondo cui gli impatti del cambiamento climatico devono essere soppesati nella valutazione delle proposte è stato sconfitto con un conteggio di 21-15 partiti".

E altre cose simili.

Proviamo a capire cosa significa tutto questo. Possiamo iniziare con la frase chiave: " proibire le restrizioni al fracking idraulico ". Significa che i repubblicani vogliono aumentare a tutti i costi la produzione di gas naturale e petrolio greggio, e al diavolo il "cambiamento climatico" e la "protezione ambientale". Queste stupide idee sono venute da quegli scienziati che pensano di meritare uno stipendio solo perché passano il loro tempo a spaventare il pubblico con catastrofi inventate che non arrivano mai. Chi si credono di essere? 

I repubblicani sembrano cavalcare l'onda dell'opinione pubblica che vede le politiche ambientali in cattiva luce. In effetti, la maggior parte delle persone non è mai stata entusiasta di fare sacrifici per un'entità nebulosa chiamata "l'ambiente". Ma, oggi, la fiducia del pubblico nella scienza ha subito  un duro colpo  dalla crisi del Covid, e diventa sempre più difficile convincere le persone ad agire in nome di una "scienza" che vedono con crescente sospetto. Indipendentemente dalle opinioni individuali, quando le cose si fanno difficili, la maggior parte delle persone tende a concordare sul fatto che non c'è spazio per sottigliezze e lussi, come solitamente vengono percepite le politiche ambientali. 

A parte i regolamenti sul dumping, né i repubblicani né il pubblico in generale sembrano essere in grado di vedere l' evidente contraddizione in ciò che stanno progettando di fare. L'aumento della produzione di petrolio e gas negli USA significa che verranno utilizzati ed esportati più petrolio e gas. Ma una volta che il petrolio viene prodotto e bruciato, non c'è più. Allora il paese si impoverirà, avendo perso parte delle sue risorse naturali. (A meno che, ovviamente, uno non pensi che il petrolio e il gas siano una risorsa infinita... ed è proprio quello che pensano le élite statunitensi .). Questo è un classico caso in cui qualcuno affretta la propria fine, ma è normale. Succede sempre così. 

Inoltre, c'è un punto ancora più preoccupante in queste idee. La produzione di fracking può essere effettivamente aumentata? La sentenza sulla proibizione delle restrizioni al fracking idraulico in realtà sa di disperazione . Negli ultimi 10 anni è stato ottenuto un aumento incredibilmente rapido della produzione di petrolio senza la necessità di una legislazione così radicale. Allora perché è necessaria adesso? Potrebbe essere un modo per i senatori di mostrare la loro determinazione, ma è più probabile che l'industria del fracking sia in difficoltà, incapace di riprendersi dopo il calo causato dalla pandemia di Covid. 

Vediamo alcuni dati recenti da " Peak Oil Barrel ". 


Vediamo che la produzione petrolifera statunitense è crollata nel 2020 a causa delle conseguenze dell'epidemia di Covid. Poi ha ricominciato a crescere ma deve ancora tornare al livello record di novembre 2019. Durante gli anni di rapida crescita, fino al 2019, era cresciuta di oltre 1 milione di barili all'anno, un aumento di quasi il 10%. Era un tasso di crescita mai visto durante l'intera storia della produzione petrolifera statunitense. Ma, durante l'attuale ripresa, è sceso a circa la metà di quel valore. Le previsioni vedono un'ulteriore riduzione a una crescita quasi nulla, in modo che il record del 2019 non potrà essere superato prima del dicembre 2024, se mai lo sarà. Si noti anche come la produzione sia diminuita per circa 6 mesi prima dello shock Covid. C'era già del marcio in Texas, allora. 

Cosa sta succedendo? Una cosa è chiara: l'industria petrolifera americana non può più sostenere l'incredibile tasso di crescita che era stata la regola fino al 2019. Potremmo essere vicini al secondo (e ultimo) picco della produzione di petrolio negli Stati Uniti (come notato anche da altri )

Quindi, come nell'antica maledizione cinese, viviamo in tempi interessanti. Un impero che non si espande è un impero morto e l'impero americano ha bisogno di energia per continuare la sua espansione. Una guerra, in fondo, è solo una continuazione dell'economia con altri mezzi: il mercato è il campo di battaglia, e l'"obsolescenza programmata" è assicurata dai prodotti della concorrenza. Durante l'ultimo decennio, l'impero statunitense ha accumulato un notevole potenziale economico attraverso il "miracolo del fracking". Questo potenziale è stato trasformato in gran parte in un potenziale militare. È giunto il momento di dissipare questo potenziale; è la ragione principale di ciò che vediamo nel mondo al giorno d'oggi. È un concetto approfondito da Ingo Piepers .

Le élite americane sembrano perfettamente in grado di capire cosa sta succedendo e agiscono di conseguenza. Da qui, lo sforzo di sostenere a tutti i costi l'industria petrolifera. Quindi, l'Impero riuscirà a sopravvivere ancora per qualche anno? La guerra attuale non si combatte sul campo di battaglia ma sui giacimenti petroliferi. La fazione che esaurisce il carburante per prima sarà quella perdente. 

Alla lunga, comunque, perdono tutti. A un certo punto, la produzione di fracking non si limiterà a diminuire: crollerà in uno dei più brutali Dirupi di Seneca mai visti prima. Ma è normale: l'umanità ha prosperato prima dell'era del petrolio, e potrebbe benissimo fare lo stesso dopo. Sarà solo un mondo molto diverso per coloro che sopravviveranno per vederlo. 


Di seguito riporto un post che ho pubblicato nel 2015, in cui confrontavo la crescita della produzione di olio di scisto con quella della pesca del merluzzo nell'Atlantico. In entrambi i casi, i produttori sono stati accecati da una falsa sensazione di abbondanza generata dalla crescita della produzione. Non si sono resi conto che più velocemente estrai, più velocemente esaurisci. 

Il "miracolo" dell'olio di scisto: come la crescita può falsamente segnalare l'abbondanza. 

Originariamente pubblicato su "Cassandra's Legacy,  24 febbraio 2015




Produzione di petrolio (tutti i liquidi in barili al giorno) negli Stati Uniti e in Canada. (Dal  blog di Ron Patterson ). Questa rapida crescita indica che le risorse sono abbondanti e che tutte le preoccupazioni per il picco del petrolio sono fuori luogo? Forse no...


A volte, utilizziamo una metrica semplice per valutare sistemi complessi. Ad esempio, una guerra è una faccenda enormemente complicata dove milioni di persone combattono e lottano. Tuttavia, alla fine, il risultato finale è una domanda sì/no: o vinci o perdi. Non per niente, il generale McArthur disse una volta che " non c'è niente che possa sostituire la vittoria ".

Pensate all'economia: è un sistema immenso e complesso dove milioni di persone lavorano, producono, comprano, vendono, guadagnano o perdono denaro. Alla fine il risultato finale è una semplice domanda sì/no: o cresci o no. E quello che ha detto McArthur sulla guerra può essere applicato all'economia: "non c'è niente che possa sostituire la crescita ".

Ma i sistemi complessi hanno modi di comportarsi sorprendenti che non possono essere ridotti a un semplice giudizio sì/no. Sia la vittoria che la crescita possono creare più problemi di quanti ne risolvano. La vittoria può falsamente segnalare una potenza militare che non esiste (si pensi all'esito di alcune guerre recenti...), mentre la crescita economica può segnalare un'abbondanza che semplicemente non c'è.

Guardiamo la figura all'inizio di questo post (dal  blog di Ron Patterson )Mostra la produzione di petrolio (barili/giorno) negli Stati Uniti e in Canada. I dati sono in migliaia di barili al giorno per "petrolio greggio + condensato" e la rapida crescita degli ultimi anni è dovuta principalmente al tight oil (noto anche come "shale oil", o "petrolio di scisto") e al petrolio delle sabbie bituminose. Se seguite il dibattito in questo campo, sapete che questo trend di crescita è stato salutato come un grande risultato e come la dimostrazione definitiva che tutte le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio e sul picco del petrolio erano mal riposte.

Bene. Ma lasciate che vi mostri un altro grafico, la produzione di merluzzo nordatlantico fino al 1980 (dati  Faostat ).

Non sembra simile ai dati per il petrolio negli Stati Uniti/Canada? Possiamo immaginare cosa si diceva allora; "le nuove tecnologie di pesca dissipano tutte le preoccupazioni sulla  pesca eccessiva " e cose del genere. È quello che è stato detto, infatti (vedi  Hamilton et al. (2003)) .

Ora, guardiamo i dati sugli sbarchi di merluzzo fino al 2012 e vediamo cosa è successo dopo la grande esplosione di crescita.

Questa figura non richiede più di un paio di commenti. La prima è notare come il sovrasfruttamento porti al collasso: le persone non si rendono conto che spingendo per la crescita a tutti i costi, stanno distruggendo la risorsa stessa che crea la crescita. Questo può accadere  con  la pesca proprio come con i giacimenti petroliferi. Ma si noti anche che abbiamo un altro caso di " Dirupo di Seneca", una curva di produzione in cui il declino è molto più rapido della crescita. Come disse l'antico filosofo romano, " La strada verso la rovina è rapida".  E questo è esattamente ciò che potremmo aspettarci che accada con il petrolio di scisto.


sabato 9 gennaio 2021

Superare il capitalismo? Conversione Ecologica e Conflitto



Terza puntata dedicata alla conversione ecologica ed al conflitto.


Articolo già apparso su Apocalottimismo il 30/10/2020

 

Di Iacopo Simonetta


Settimane fa, a seguito di un interessante incontro nell’ambito del progetto “Ecoesione” dell’Università di Pisa su conversione ecologica e conflitto, mi posi tre domande: 1 – Crescita o non crescita? 2 – Quanta decrescita e per chi? 3 – Bisogna superare il capitalismo?


Delle prima due abbiamo parlato nei precedenti post, qui vorrei accennare ad alcune questioni relative al un punto fondamentale: il capitalismo è compatibile con l’auspicata conversione ecologica?
La questione è cruciale perché coloro che si adoperano per tale conversione devono far pressione sul sistema attuale per modificarne la rotta, oppure cercare di sostituirlo con un’altro sistema? E se questa fosse l’opzione, con quale sistema?
Mercato o non mercato? 

Tutte le proposte inerenti una qualche variante di “green Economy” danno per scontato di operare all’interno di un’economia di mercato. Sia pure con qualche aggiustamento, si pensa comunque di restare saldamente in un sistema capitalista, con tutto il relativo apparato legale, istituzionale e di costume. Siamo sicuri che sia possibile una vera transizione ecologica senza sbarazzarsi del capitalismo o, magari, trasformarlo in qualcosa di molto diverso?

Struttura del capitalismo.  

Il capitalismo è un sistema economico unico nella storia e, alla resa dei conti, si è dimostrato di gran lunga il più efficiente nello sfruttare le opportunità di crescita che offriva un “mondo vuoto” (sensu H. Daly). Non solo ha infatti permesso la creazione di immense fortune private (anche altri sistemi lo hanno fatto), ma ha anche distribuito il massimo storico di benessere materiale e di libertà personale ai cittadini degli stati che lo hanno adottato per primi. Si è anche dimostrato inattaccabile grazie alla sua capacità camaleontica di adattarsi ai più diversi contesti, pur restando saldamente sé stesso. Anzi, assorbendo ed utilizzando a proprio vantaggio anche le idee, i concetti e le invenzioni nate per contrastarlo.
Proprio questo lo rende così terribilmente distruttivo. Qui non possiamo scendere in dettagli su cui mi riprometto di tornare in futuro, ma è un fatto che il sistema capitalista è strutturato su una ridondanza di retroazioni positive senza freni interni. Al contrario ha molti strumenti (ad es. la tecnologia e la finanza) per contrastare gli effetti frenanti derivanti dagli impatti negativi sulle risorse, l’ambiente ecc.
Ne consegue che un sistema capitalista può fare solo due cose: crescere o collassare, senza possibili vie di mezzo.

Ovvio che se quella che si cerca è una “crescita verde” il capitalismo è quello che ci vuole, ma è lecito dubitare che in tal modo si possa davvero ridurre l’impatto umano sul Pianeta. Del resto, i deleteri effetti del “green washing” sono sotto gli occhi di tutti. Oramai, in nome e per conto della “economia verde” e dello “sviluppo sostenibile” si promulgano leggi ai limiti del criminale, come il “Testo Unico Forestale” del governo Gentiloni, e si finanziamo speculazioni a dir poco spregiudicate.


Effetti macroeconomici del superfluo. 

Il consumismo è alla base del disastro ecologico globale e si basa sulla vendita di oggetti perlopiù inutili, talvolta perfino dannosi, spesso progettati per rompersi presto e non essere riparabili. Verissimo, ma la maggior parte delle persone oggi lavorano proprio alla produzione e commercializzazione di beni e servizi inutili. L’esperienza dei blocchi dovuti alla pandemia di Covid-19 ci ha dato una dimostrazione plateale di come sia stato sufficiente rallentare per alcuni mesi la commercializzazione mondiale di generi non indispensabili per scatenare una crisi economica ancora più grave di quella, catastrofica, del 2008, lasciando disoccupate centinaia di milioni di persone nel mondo. Circa trenta milioni solo in Europa. Alla fine, nel mondo, il Covid avrà ammazzato più gente di miseria che di polmonite. 

Insomma, è verissimo che una vita sobria e laboriosa può essere di molta più soddisfazione di una vita passata a strascicare i piedi nei centri commerciali, ma le conseguenze per coloro che lavorano per far arrivare quella roba in quelle vetrine sarebbero devastanti. Certo, una vera transizione ecologica aprirebbe altri sbocchi professionali, magari più interessanti, ma rimane da stabilire quale sarebbe il saldo finale e come gestire la fase di passaggio che facilmente provocherebbe gravi conseguenze per molta gente e, di conseguenza, una netta opposizione, se non una vera insurrezione.

Effetti finanziari. I più seri tra i fautori del Green New Deal indicano anche quali sarebbero le fonti di finanziamento. In buona sostanza, sarebbero tre: – aumento delle tasse per i redditi più elevati, – diversa destinazione di spese già in atto, – varie tipologie di debito pubblico e privato.

La tassazione requisitoria dei super-redditi avrebbe indubbi vantaggi non tanto in termini di gettito fiscale, quanto in termini di recupero di credibilità e di autorevolezza della classe dirigente, oggi totalmente delegittimata. Resta da vedere se sia possibile attuare questa misura.

La ridistribuzione di spese e contributi potrebbe fare molto per sostenere la transizione, ma presenta dei rischi a seconda di quali finanziamenti si andassero a ridurre/eliminare. In particolare, le due categorie più gettonate sono le spese militari e le sovvenzioni alle industrie petrolchimiche. Delle prime si è già fatto cenno nella puntata precedente. Quanto alle sovvenzioni alle fossili, sono effettivamente un assurdo, ma il loro taglio potrebbe provocare il collasso di un comparto industriale che è già in affanno e che rimarrà comunque essenziale ancora a lungo. Fra l’altro, anche per realizzare la transizione energetica, visto che quasi tutto ciò che serve per essa viene direttamente o indirettamente dalle fossili.

Per quanto riguarda il debito comunque confezionato, la speranza è che i vantaggi derivanti dalla transizione consentano di ripagarlo. Il punto è che ciò sarebbe teoricamente possibile in un contesto di crescita economica, mentre in un contesto di decrescita ciò sarebbe comunque impossibile, con grave rischio di collasso del sistema finanziario e monetario. Inoltre, aumentare la massa monetaria in un contesto di contrazione od anche di stagnazione economica finirebbe con lo scatenare fenomeni inflattivi devastanti come si è già visto tante volte.

Insomma, se la transizione avvenisse in un contesto di decrescita sufficientemente rapida da salvare la Biosfera, bisognerebbe pianificare l’annullamento di gran parte del debito, il che significa la scomparsa del denaro e dalla finanza attuali e, quindi, la loro sostituzione. Con che? Non mi risulta che questo sia un punto in discussione.

Al contrario, se il GND fosse capace di rilanciare la crescita economica, come molti affermano, l’intera operazione fallirebbe con ogni probabilità lo scopo. Sappiamo bene da oltre 50 anni che per evitare il collasso globale occorre contrarre e non accrescere l’economia e la popolazione.

Tensioni e conflitti internazionali. Un altro punto fondamentale che si tende a trascurare è che non esistono solo le tensioni sociali interne ai vari stati (di cui le versioni migliori del GND almeno in parte si occupano), ma anche tensioni internazionali, spesso complicate, talvolta violente, quasi ovunque in peggioramento. Gli stati che decidessero di fare da battistrada per una transizione del tipo di quella prospettata ridurrebbero il loro peso economico e politico nel mondo, specie se tagliassero drasticamente le spese militari, come generalmente auspicato dai sostenitori del GND. Una cosa estremamente pericolosa, visto che la maggior parte dei paesi vanta almeno un vicino ostile, ma anche considerata la necessità di mantenere aperti canali commerciali globali ancora per un lungo periodo di tempo. La probabilità che altri paesi approfittino del ridimensionamento di alcuni, optando per una politica di accaparramento degli spazi economici e politici lasciati da altri, sarebbero molto elevate. Per non dire una certezza.
Non dimentichiamo poi che moltissimi paesi anche molto vicini a noi andranno quasi sicuramente incontro a ulteriori crisi politiche e sociali, tipo “primavere”. Finora queste ondate di violenza collettiva si sono sfogate all’interno dei confini nazionali, anche se con un forte impatto su altri paesi a causa della fuga di massa dalle zone più colpite. Ma non è detto che in futuro continui ad essere così e, se anche fosse, dovremo fronteggiare flussi di gente in fuga di ordini di grandezza superiori a quelli visti finora. 

Comunque, le prospettive sono abbastanza tetre per tutti. Per i paesi che vivono di esportazione di energia fossile (OPEC e Russia prima di tutti), una vera e diffusa conversione energetica sarebbe un disastro totale e non è detto che, potendo, non ricorrerebbero alle armi per salvarsi. Per le economie fortemente industrializzate, come Cina, USA e UE, una crisi dei trasporti internazionali, anche parziale, potrebbe facilmente innescare un completo collasso economico. Le devastanti conseguenze dei vari “lockdown” da Covid sono state un piccolo assaggio di quello che potrebbe facilmente accadere. Infine, molti dei paesi più poveri tirano avanti in buona parte grazie a programmi internazionali e rimesse di emigrati che diventerebbero molto più aleatori in un modo in cui le economie si contraggono. Molti fra questi paesi sono anche quelli demograficamente più instabili e maggiormente a rischio di violenza anche estrema.


Rientro nei limiti. 

La crescita economica comporta sempre un aumento dei consumi e, generalmente, anche della popolazione (contrariamente alla vulgata). In altre parole, aumenta l’impatto umano sul pianeta, mentre è imperativo ridurlo il più rapidamente possibile perché la situazione è già ora disperata.

Tanto per farsi un’idea, buona parte delle calotte glaciali è già in collasso e si stanno consolidando una serie di retroazioni che aumenteranno il tenore di CO2 e di metano in atmosfera, qualunque cosa faremo noi con le nostre tecnologie. Ancora peggio, i biomi non esistono più ed oggi si parla di Antromi. Dei 21 identificati, soltanto 3 sono considerati “wildlands”: deserti, tundra e resti di foreste primarie equatoriali, per un totale di poco più del 20% delle terre emerse (Antartide esclusa). Comunque, anche questi territori sono soggetti a gravissimi fenomeni di degrado come incendi, scioglimento del permafrost, ecc.

Tutto il resto, circa l’80% delle terre emerse, è occupato da ecosistemi totalmente artificiali, come città e campagne, o pesantemente modificati, come la quasi totalità delle foreste e delle praterie superstiti. In mare va pure peggio. 

Il risultato è che in appena 50 anni abbiamo perso oltre il 70% della fauna del mondo, mentre nello stesso periodo la popolazione umana è raddoppiata, raggiungendo una densità media mondiale di 55 persone per Kmq (sempre Antartide esclusa). Vale a dire che abbiamo un quadrato di poco più di cento passi per lato a testa. Se consideriamo però la sola superficie agricola, il quadrato diventa di soli 40 passi per lato (meno di 2000 mq). Oramai, il poco che resta di vita selvatica sopravvive stentatamente negli interstizi del nostro “formicaio umano globale”.


Considerazioni finali

Il petrolio abbondante, a buon mercato e di eccellente qualità è stato ciò che ha consentito al capitalismo di realizzare la più fantastica crescita economica di sempre e quella crescita è ciò che ha reso compatibili, anzi sinergici, il capitalismo e la democrazia.

La crescita è finita e non tornerà. E con la fine della crescita è finita questa sinergia: di qui il risorgere ed il diffondersi di partiti e movimenti estremisti, mentre il capitalismo in agonia cerca di sopravvivere adottando, gradualmente, metodi di manipolazione, controllo e repressione sempre più simili a quelli cari ai regimi totalitari. Tutto ciò che la crescita ha creato, senza di essa non potrà funzionare.

D’altronde, la decrescita non è una scelta, è una conseguenza di leggi fisiche e biologiche ineludibili. Questo significa che non solo le nostre abitudini ed il nostro benessere, ma anche buona parte di ciò che pensiamo, delle nostre certezze identitarie, fino ai nostri bastioni etici cadrà in rovina e da quelle rovine dovremo ricostruire un sistema di pensiero che ci possa sostenere in una realtà che già ci terrorizza, anche se ancora non la riusciamo ad immaginare.

D’altronde, per quanto duro, il declino è anche la strada migliore perché qualunque ulteriore crescita economica comporterebbe un ancor maggiore incremento dell’ingiustizia e della distruzione di ciò che resta della Biosfera.

In una qualche misura, possiamo però scegliere come declinare. Un vecchio detto afferma che per avere le buone risposte occorre porre le buone domande. Per esempio: “Come possiamo mantenere il nostro standard di vita?” è una domanda stupida perché sappiamo bene che la risposta è: “non possiamo”.

Però ci sono altre domande su qui vale la pena di riflettere. Per esempio: “Come possiamo contribuire a salvare la biosfera?” Oppure: “Possiamo seppellire il capitalismo salvando le libertà individuali?” O ancora: “E’ possibile una società decentemente giusta, anche se terribilmente povera?”
Ce ne sono molte altre, il punto è decidere quali sono le questioni che ci interessano davvero.

A chiosa, ricordo che tutte queste sono considerazioni strettamente personali che molti, specie fra coloro che sono importanti, non condividono, anzi negano o deridono. Sono il primo ad augurarmi di avere torto, ma avessi anche solo in parte ragione?




venerdì 18 novembre 2016

Jay Forrester: l'uomo che ha visto il futuro

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Jay Wright Forrester (1918-2016) potrebbe essere stato la fonte di ispirazione per Hari Seldon, un personaggio inventato della serie della Fondazione di Isaac Asimov. Nei racconti di Asimov, Seldon sviluppa “le equazioni psicostoriche” che gli permettono di prevedere il collasso imminente dell'Impero Galattico. Nel mondo reale, Forrester ha sviluppato le equazioni della dinamica dei sistemi” che gli hanno permesso di prevedere il collasso imminente della moderna civiltà umana. Le previsioni sono state ignorate dai poteri imperiali di entrambi gli universi, quello della finzione e quello reale. 

Jay Forrester, una delle grandi menti del XX secolo, è morto a 98 anni qualche giorno fa. La sua carriera è stata lunga e fruttuosa e possiamo dire che il suo lavoro ha cambiato la storia intelletuale dell'umanità in diversi modi, in particolare per il ruolo che ha avuto nella nascita del rapporto al Club di Roma “I limiti dello sviluppo”.

Nel 1969, Forrester era un membro della facoltà del MIT quando ha incontrato Aurelio Peccei in Italia. A quel tempo, Peccei aveva già fondato il Club di Roma, i cui membri erano preoccupati dai limiti delle risorse naturali che la terra poteva fornire. Stavano cercando di capire quali conseguenze ci sarebbero per l'umanità. Da quello che scriveva Peccei, sembrava chiaro che vedesse la situazione in gran parte in termini malthusiani, pensando che la popolazione umana sarebbe cresciuta fino al raggiungimento dei limiti delle risorse e poi sarebbe rimasta lì, tenuta sotto controllo da carestie ed epidemie. La principale preoccupazione di Peccei e del Club di Roma  era quella di evitare la sofferenza umana assicurando una distribuzione equa di quello che c'era a disposizione.

martedì 29 dicembre 2015

La crescita inesorabile della popolazione umana

Da “The Independent”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Anche una guerra mondiale o una pandemia darebbero come risultato una popolazione di perlomeno 5 miliardi di persone nel 2100

Di Steve Connor


Attualmente ci sono circa 7,1 miliardi di persone (qui il numero reale aggiornato momento per momento, ndt)  sulla Terra e i demografi stimano che questo numero potrebbe salire a circa 9 miliardi nel 2050. (Getty) 

La popolazione globale umana è “bloccata” ad un aumento inesorabile in questo secolo e non sarà facilmente spostata, nemmeno da eventi apocalittici come una terza guerra mondiale o pandemia letale, ha scoperto uno studio. Non ci sono “soluzioni facili” alla bomba a orologeria della popolazione, perché ora ci sono così tante persone che nemmeno un disastro globale inimmaginabile fermerà la crescita, hanno concluso gli scienziati.

Anche se le misure progettate per ridurre la fertilità umana nelle parti del mondo in cui la crescita della popolazione è più veloce alla fine avranno impatti a lungo termine sui numeri, questo deve andare a braccetto con politiche mirate a ridurre il consumo di risorse naturali, hanno detto. Due importanti ecologisti, che di solito studiano le popolazioni di animali selvaggi, hanno concluso che il numero di persone nel mondo oggi costituirà uno dei problemi più scoraggianti per una vita sostenibile sul pianeta nel secolo a venire – anche se ogni paese adottasse la politica draconiana del “figlio unico”.

“L'inesorabile spinta demografica della popolazione umana globale sta rapidamente erodendo il sistema di supporto vitale della Terra”, dicono il professor Corey Bradshaw dell'Università di Adelaide e il professor Barry Brook dell'Università della Tasmania nel loro studio, pubblicato negli Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze. “Ipotizzando una continuazione delle attuali tendenze nella riduzione della mortalità, anche una rapida transizione ad una politica mondiale del figlio unico porta ad una popolazione analoga a quella di oggi nel 2100”, dicono. “Persino un evento catastrofico di morte di massa di  due miliardi di persone in una finestra ipotetica a metà del XXI secolo darebbe ancora circa 8 miliardi di persone per il 2100”, aggiungono.

Attualmente ci sono circa 7,1 miliardi di persone sulla Terra e i demografi stimano che questo numero possa aumentare a circa 9 miliardi per il 2050 – e a 25 miliardi per il 2100, anche se questo si basa sugli attuali tassi di fertilità, che sono attesi in diminuzione nei prossimi decenni.


Il numero di persone nel mondo oggi costituirà uno dei problemi più scoraggianti per una vita sostenibile sul pianeta nel secolo a venire. (Getty)

Il professor Bradshaw ha detto al The Independent che lo studio è stato progettato per guardare i numeri umani con lo sguardo di un ecologista che studia gli impatti naturali sugli animali per determinare se fattori come pandemie e guerre mondiali possano influenzare drammaticamente le proiezioni della popolazione. “Fondamentalmente abbiamo scoperto che la dimensione della popolazione umana è così grande da avere una spinta propria. E' come una macchina in accelerazione che viaggia a 150 miglia all'ora. Si può pigiare forte sui freni, ma ci vuole comunque tempo per fermarsi”, ha detto il professor Bradshaw. “la popolazione globale è aumentata così rapidamente che circa il 14% di tutti gli esseri umani che siano mai vissuti sono ancora vivi oggi – questo è un dato statistico che fa pensare”, ha detto.


“Abbiamo esaminato vari scenari di cambiamento della popolazione umana globale fino al 2100 adattando i tassi di fertilità e di morte per determinare la gamma plausibile di dimensioni della popolazione alla fine del secolo. “Persino una politica mondiale del figlio unico come quella della Cina, implementata durante il secolo a venire, o eventi di mortalità catastrofica come un conflitto globale o una pandemia, risulterebbero comunque probabilmente in una popolazione dai 5 ai 10 miliardi di persone per il 2100”, ha aggiunto.

I ricercatori hanno ideato nove diversi scenari che potrebbero influenzare i numeri umani in questo secolo, che vanno dal “business as usual” con gli attuali tassi di fertilità ad un improbabile politica di un figlio per famiglia in tutto il mondo, a catastrofi su scala globale in cui muoiono miliardi di persone. “Siamo rimasti sorpresi che uno scenario di cinque anni di Terza Guerra Mondiale che imitano la stessa proporzione di persone uccise nella Prima Guerra Mondiale e nella Seconda Guerra Mondiale insieme abbiano registrato a malapena un sussulto sulla traiettoria della popolazione umana di questo secolo”, ha detto il professor Brook.

Le misure per controllare la fertilità attraverso le politiche di pianificazione familiare alla fine avranno un impatto sulla riduzione della pressione sulle risorse limitate, ma non immediatamente, ha detto. “I nostri bis-bis-bis-bis-bisnipoti potrebbero alla fine beneficiare di una tale pianificazione, ma le persone che vivono oggi no”, ha detto il professor Brook. Simon Ross, il dirigente esecutivo della Onlus Population Matters, ha detto che introducendo la moderna pianificazione famigliare nel mondo in via di sviluppo costa meno di 4 miliardi di dollari – circa un terzo del bilancio di aiuti annuale del Regno Unito. “Così, mentre la riduzione della fertilità non è una soluzione rapida, è relativamente conveniente, affidabile e popolare per i più, con effetti collaterali generalmente positivi. Diamo il benvenuto al riconoscimento del potenziale della pianificazione famigliare e dell'educazione riproduttiva per alleviare la disponibilità di risorse sul lungo termine”, ha detto il signor Ross.

martedì 13 ottobre 2015

L'ineluttabile irreversibilità del Progresso

di Bodhi Paul Chefurka
traduzione di Stefano Ceccarelli



La realtà del danno che stiamo infliggendo alle altre creature viventi, a noi stessi e al nostro pianeta sta diventando più evidente, a più persone, ogni giorno. Eppure, nonostante i più grandi sforzi di coloro che si sono destati di fronte alla incombente calamità, nulla sembra fare molta differenza. Perché si sta rivelando così difficile correggere i nostri errori e smascherare il nostro “progresso”?
Come vado dicendo in varie occasioni, sia che si guardi al solo livello delle istituzioni sociali umane, o che si prosegua guardando alla psicologia evolutiva o finanche alla termodinamica, come ho tentato di fare, la risposta sembra essere la stessa. I cicli di retroazione positiva che guidano la crescita umana sembrano contenere un meccanismo interno unidirezionale che impedisce loro di essere regolati.

Possiamo chiamarlo Trappola del Progresso, Circolo Vizioso, Determinismo Infrastrutturale, istinto di sopravvivenza, dissipazione termodinamica o Destino Manifesto, ciò è irrilevante. Tutte queste definizioni sono semplicemente diverse sembianze dello stesso fenomeno: l’irreversibilità. C’è una buona ragione per la quale la natura ha reso questo meccanismo unidirezionale così difficile da scardinare. Senza di esso, saremmo stati sbattuti fuori dal gioco dai concorrenti, e non saremmo qui oggi – nel bene e/o nel male.

Dei singoli individui possono talvolta sconfiggere questa unidirezionalità e ricostituire il proprio personale progresso, ma per quanto ne so i gruppi non possono fare altrettanto. Ciò che è peggio è che più persone vi sono in un gruppo sociale, più strettamente il meccanismo ci vincola alla ruota della crescita. Se guardiamo attentamente, possiamo vedere questo effetto nelle nostre comunità e in particolar modo nelle nostre nazioni. Quando poi il ‘gruppo’ è composto da 7,3 miliardi di persone, legate insieme dai moderni sistemi di comunicazione nel “villaggio globale” di Marshall McLuhan, il suo effetto è virtualmente inevitabile, eccetto che per un numero molto piccolo di individui. Per ironia, anche quei fortunati fuggitivi sono destinati in qualche misura ad essere grati ai frutti amari del moderno progresso. Ad esempio, provate a disconnettervi dalla rete senza avere un’ascia con voi!

So che molti non sono d’accordo con me su questo. Spero che avranno ragione, e che io possa alla fine essere visto solo come un duro vecchio cinico, piuttosto che come il realista che temo di essere.


martedì 1 settembre 2015

Come i miglioramenti tecnologici aumentano la crescita della popolazione

Dalla pagina FB di Bodhi Paul Chefurka. Traduzione di MR



Ogni sviluppo tecnologico significativo della storia umana sembra aver causato almeno un raddoppio del tasso di crescita. Secondo la mia interpretazione del recente database della popolazione HYDE, ci sono stati cinque salti del genere negli ultimi 80.000 anni, più o meno. Questi salti sono facilmente correlabili con cambiamenti del livello generale di tecnologia, come mostrato nel grafico. Ipotizzo che l'Homo Sapiens abbia cominciato il nostro ultimo periodo dopo il collo di bottiglia di Toba, a partire da 77.000 anni fa, con 10.000 individui. Durante i 65.000 dalla catastrofe di Toba fino allo sviluppo dell'agricoltura intorno al 10.000 AC, la popolazione è cresciuta da 10.000 a circa 2 milioni, ad un tasso medio basso dello 0,01%all'anno o leggermente meno.

sabato 22 agosto 2015

Argomento cruciale: la mandria umana che si sta mangiando il pianeta

Da  “Mercury”.  Traduzione  di  MR  (via  Luca  Pardi)


L'attuale crescita della popolazione sulla Terra è insostenibile. Immagine: NASA

Per decine di migliaia di anni la popolazione della Terra è stata stazionaria a circa mezzo miliardo di persone di cui 10.000 in Tasmania. Era la capacità di carico naturale.

Dopo la Rivoluzione Agricola di 10.000 anni fa, la mandria umana globale è cresciuta rapidamente ad un miliardo nel 1800 (di cui sempre 10.000 in Tasmania). Con la Rivoluzione Industriale è raddoppiata a due miliardi nel 1900 (in Tasmania 170.000) e, nonostante due guerre mondiali ed una pandemia di influenza, ha raggiunto i 2,7 miliardi quando sono nato nel 1944 (in Tasmania 248.000). Quindi, ancora più impensabile, nel 1960 il mondo aveva tre miliardi di persone e nel 2000 quel numero è raddoppiato – 12 volte la naturale capacità di carico. Ora, nel 2015, siamo 7,3 miliardi (in Tasmania 517.000) e , mentre agli attuali tassi di crescita la popolazione globale raggiungerebbe i 27 miliardi nel 2100, le Nazioni Unite calcolano che si riduca a 12 miliardi o 24 volte la naturale capacità di carico della Terra. L'acclamato cosmologo e fisico Stephen Hawking ha calcolato che “se se continuasse a questo ritmo, con la popolazione che raddoppia ogni 40 anni, nel 2600 ci ritroveremmo letteralmente in piedi spalla a spalla”.

Stiamo già consumando il 140% delle risorse viventi sostenibili della Terra – cioè, l'ecosistema vivente della Terra sta collassando.

Il fisico Stephen Hawking. Foto: AFP
Il corollario più distruttivo della popolazione è il consumo. Siccome i più poveri vogliono mettersi in pari coi più ricchi, i più ricchi non condivideranno e quasi tutti vogliono di più, il consumo di risorse terrestri sta crescendo anche più rapidamente del numero di abitanti. Siamo in un disastro. Come sappiamo tutti, la biosfera, o mantello vivente del pianeta, viene rapidamente distrutto dalla più grande mandria di mammiferi ci vi abbia mai pascolato. Stiamo già consumando il 140% delle risorse viventi sostenibili della Terra, cioè, l'ecosistema vivente della Terra sta collassando. Ogni giorno ci sono meno foreste, meno bacini di pesca (il 90% è andato o sta per andarsene) e meno barriere coralline, meno fiumi naturali, meno specie (l'attuale tasso di estinzione è 500 volte il tasso naturale e sta accelerando) e molta meno natura selvaggia che mai. Tre cose ci aiuteranno ad uscire da questa calamità che si sta sviluppando.

La prima è di assicurarsi che ogni ragazza e ragazzo sul pianeta vengano istruiti e venga dato loro accesso alla contraccezione, con incentivi ad avere meno figli. Questa priorità dipende dal secondo imperativo – che le persone ricche (e i paesi) condividano molto di più e finanzino quell'educazione i requisiti dei suoi operatori sanitari, alla svelta. Vale a dire noi. Gli australiani sono fra le persone più ricche che siano mai esistite. La terza cosa che si deve fare è mettere fine al dogma ridicolo della promozione della crescita dei consumi delle riserve finite di risorse della Terra. Il dio senza speranza della crescita deve essere sostituito dal dio promettente del riusare, riciclare, riparare, innovare e condividere. Il buon senso ordina una relazione sostenibile degli ecosistemi interconnessi dell'Homo Sapiens e del pianeta Terra, anche se quel futuro rimarrebbe ampiamente aperto all'indagine ed alla scoperta e alla crescente creatività umana. Per cogliere pienamente la promessa di vita sulla Terra, dobbiamo sostituire la spirale della crescita della popolazione e dei consumi con una miscela intelligente di auto-preservazione. Non si tratta di un'idea nuova – il moralista ed economista britannico Kenneth Boulding mezzo secolo fa osservava che “chiunque creda che la crescita esponenziale possa continuare per sempre in un mondo finito o è un pazzo o è un economista”.

Il dio senza speranza della crescita deve essere sostituito dal dio promettente del riusare, riciclare, riparare, innovare e condividere.

La Tasmania è in una situazione vantaggiosa per dare l'esempio. Per esempio, i tasmaniani potrebbero ottenere più prontamente emissioni di gas serra negative e perdita zero di specie native, di ecosistemi (sia marini sia terrestri) e di bellezza selvaggia e spettacolare di quasi qualsiasi altra società sulla Terra. Allo steso tempo questi risultati farebbero aumentare il nostro lavoro più in prospettiva e la nostra storia economica più di successo – le industrie del turismo e dell'ospitalità che prosperano sulla base della nostra reputazione internazionale di uno stile di vita sicuro e verde con grandi quantità di cibo ed acqua, vita e natura selvaggia e bellezza incontaminati. In un mondo sempre più mobile diretto a più di otto miliardi di persone entro un decennio, la sicurezza e la naturalezza della Tasmania sono diventate il nostro bene economico più grande. Affollati e tormentati come sono in miliardi di persone, la Tasmania offre loro un'avventura solitaria nella natura per il corpo e un rilassamento per l'anima che non sono secondi a nessuno. Paradossalmente, più affolliamo l'isola, meno questa sarà attrattiva. Il nostro miglior obbiettivo deve essere una popolazione residente relativamente bassa e un grande flusso di visitatori.

Una politica della popolazione sensibile per la Tasmania punterebbe ad una popolazione in naturale diminuzione e ad un afflusso di una parte dei diseredati del mondo finché la crisi globale non è finita.

La politica del governo Hodgman di raddoppiare il tasso di crescita della popolazione della Tasmania nei prossimi 35 anni si inchina all'economia convenzionale della crescita. Comunque sia, i pianificatori dovrebbero piuttosto preoccuparsi del fatto che una politica del genere verrà prima o poi sommersa da migrazioni di massa globali dovute a cambiamento climatico, guerre ed altre imprevedibili calamità. Una politica della popolazione sensibile per la Tasmania punterebbe ad una popolazione in naturale diminuzione e ad un afflusso di una parte dei diseredati del mondo finché la crisi globale non è finita. E perché non rendere partecipe di quella politica uno stato d'oltremare finanziando, diciamo, l'incremento di educazione e salute nelle vicine Papua Nuova Guinea o Timor Est dove le popolazioni stanno esplodendo? La popolazione non è l'argomento preferito di nessuno. Con una eguale misura di istinto ed assurdità, non vogliamo parlarne. Tuttavia, che piaccia o no, la popolazione è un problema di tutti. Possiamo ringraziare il premier, perlomeno per aver sollevato di nuovo questo problema importante.