venerdì 7 settembre 2012

Il convegno ASPO-Italia a Cremona



Dal blog di ASPO-Italia

Quest’estate un tema ha dominato i titoli dei media: l’aumento del prezzo della benzina al distributore, che ha raggiunto nelle settimane scorse punte di 2 euro al litro e non accenna a fermarsi. Le analisi, le opinioni, le risposte fornite per un tale fenomeno sono state gravemente lacunose. Si è lamentato un aumento delle accise e dell’IVA caricata di circa 0,2 euro/litro dal gennaio 2011 [1], dovuto per lo più alla necessità di stabilizzare i conti pubblici. Questo però non spiega perché il prezzo fosse già alto ben prima, va ricordato che solo nel 2003 un litro costava appena 1,06 euro [2].

Il prezzo del barile di petrolio fornisce risposte ben più soddisfacenti: dal 2002 è aumentato del 247%, da 32 a 111$ A marzo di quest’anno ha sfiorato i 125$ [4].
In una logica di mercato, l’aumenta di prezzo è conseguenza di un’offerta che non tiene il passo con la domanda. Lo sanno bene Norvegia e Regno Unito, rispettivamente primo e secondo produttore europeo di petrolio, che hanno visto calare la propria produzione rispettivamente del 40% dal 2001 e del 62% dal 1999 [3].

Il significato di tutto questo nel nostro quotidiano e nel nostro futuro, non è argomento di discussione pubblico, né di scelte strategiche adatte. L’ultima decisione del nostro Governo è stata quella di dar fondo in pochi anni al petrolio italiano, senza spiegare con cosa lo dovremmo sostituire dopo [5].

La mancanza di una corretta informazione si riscontra anche nelle vicende dell’ILVA e della Carbosulcis, cui assistiamo in queste settimane. Le reali proporzioni del problema nello scegliere tra diritto allo Salute e diritto al Lavoro sono molto più ampie di quanto discusso pubblicamente. La pianura padana è la quarta zona con l’aria più inquinata al mondo[6], vi abitano quasi 20milioni di persone[7] e l’inquinamento raggiunge valori tali che, secondo gli addetti ai lavori, si perdono in media 3 anni di vita [8].

Per parlare liberamente di tutto questo, Domenica 16 Settembre a Cremona, presso Palazzo Cattaneo, si terrà un confronto con la cittadinanza suddiviso in due momenti di ugual durata: sei brevi relazioni di inquadramento ad opera di ricercatori, associazioni e professionisti, seguite da una sessione libera con il pubblico, in cui potranno essere portati contributi, domande e nuovi temi, per sviluppare insieme un dibattito senza mediatori.

Clicca qui per la locandina in pdf
 
[1] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-08-10/benzina-scatta-blitz-ferragosto-113445.shtml?uuid=AbbOqKMG
[2] http://dgerm.sviluppoeconomico.gov.it/dgerm/prezzimedi.asp
[3] http://www.bp.com/assets/bp_internet/globalbp/globalbp_uk_english/reports_and_publications/statistical_energy_review_2011/STAGING/local_assets/spreadsheets/statistical_review_of_world_energy_full_report_2012.xlsx
[4] http://www.indexmundi.com/commodities/?commodity=crude-oil-brent
[5] http://pubblicogiornale.it/economia-2/litalia-post-carbone-punta-sul-petrolio/
[6] http://www.esa.int/esaEO/SEM340NKPZD_index_1.html
[7] http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/02_Febbraio/23/nordwwf.shtml
[8] http://www.corriere.it/salute/11_dicembre_02/smog-politiche-traffico-carra_f1151ebe-1cc2-11e1-9ee3-e669839fd24d.shtml
 

giovedì 6 settembre 2012

Il ceco, il carbone ed il riscaldamento globale




Silvano Molfese

Trasportatore di lignite da una miniera. Repubblica Ceca

Il presidente della Repubblica Ceca Vaclav Klaus, con una forte formazione economica e con studi alla Cornell University di New York, ad Erice ha sentito la necessità di “...mettere in guardia tutti rispetto agli argomenti e agli scopi di coloro che sostengono il pericolo del riscaldamento globale del pianeta Terra. Proprio i loro argomenti e i loro scopi sono molto simili a quelli con cui noi eravamo abituati a vivere per decenni sotto il regime comunista.” (*)

Mi è venuto in mente il decalogo dell’antibufala scientifica, preparato da Aspo Italia, dove si legge ”Domandatevi quale è l’interesse di chi vi parla” e cosi sono andato a cercare cosa si produce nella Repubblica Ceca sul Grande Atlante - National Geographic.

La Repubblica Ceca estraeva 6,2 tonnellate procapite di carbone cioè circa venti volte la produzione procapite di carbone della Germania (pari a 0,31 tonnellate procapite di carbone). La produzione procapite di lignite della Repubblica Ceca, 4,98 tonnellate, è più che doppia rispetto a quella della Germania, 2,17 tonnellate (**).
Con le dichiarazioni fatte Vaclav Klaus pensa di difendere gli interessi dei suoi concittadini.

Rammento innanzitutto che l’ambientalismo scientifico prende piede negli USA con il libro “Primavera Silenziosa” di Rachel Carson pubblicato nel 1962: se dovessi citare solo i nomi degli autori anglosassoni dai quali ho appreso tante cose sulle problematiche ambientali negli ultimi 25 anni, forse non mi basterebbe un’intera pagina. Non mi viene in mente invece nessun nome russo dell’epoca sovietica né alcun nome della Russia contemporanea.

Bruciare carbone è quanto mai dannoso per le elevate quantità di biossido di carbonio (CO2 ) emesse in atmosfera. Il riscaldamento globale è una dura realtà, rischiosa per il futuro di tutta l’umanità: anche per i cittadini della Repubblica Ceca. E’ pericoloso quanto una guerra nucleare.
Un esempio: dal 1910 al 2009 nello Stato del Montana (USA) sono scomparsi quattro ghiacciai su cinque; è una riduzione dell’80% (Brown, 2011). La riduzione dei ghiacciai, fenomeno esteso a tutto il pianeta, vuol dire meno acqua per i terreni e quindi meno pane: ma le bocche da sfamare, 7 miliardi, sono in aumento.
I sistemi naturali supportano l’economia e non viceversa: volenti o nolenti dobbiamo fare i conti con i limiti del pianeta Terra.

Un commento a questo post su "Ogni Resistenza è Futile"

(*) Corriere della Sera, 21 agosto 2012, pag. 17

(**) I dati su carbone e lignite sono del 2002 per la Repubblica Ceca; per la Germania sono relativi al 2004. La popolazione della Repubblica Ceca era pari a 10.220.000; in Germania gli abitanti erano 82.689.000; dati riferiti al 2005.

L.R. Brown, 2011 - Un Mondo al bivio. - Edizioni Ambiente, 84

lunedì 3 settembre 2012

Una recensione de "La Terra Svuotata"



Col passare del tempo l'uomo ha iniziato a scavare fin nelle profondità del sottosuolo per procurarsi materiali sempre più raffinati

terra svuotata
"La Terra svuotata – Il futuro dell'uomo dopo l'esaurimento dei minerali ricostruisce tutta la storia dell'attività mineraria umana



Da "Il Cambiamento"

La terra svuotata. Il futuro umano dopo l'esaurimento dei minerali

"Abbiamo estratto come mai nelle ere precedenti, abbiamo letteralmente prosciugato il pianeta senza preoccuparci del futuro, estinto intere specie, mutato drasticamente l'ambiente e l'equilibrio del nostro ecosistema e siamo sommersi dai nostri rifiuti. Riusciremo ad affrontare le sfide di un imminente futuro in cui i combustibili finiranno?". Ugo Bardi nel suo libro La Terra svuotata ricostruisce la storia dell'attività mineraria umana, dall'età della pietra all'era del petrolio.

 

di Andrea Romeo - 10 Agosto 2012


“Per arrivare a gestire il nostro pianeta in modo sostenibile, quello che ci occorre piú di tutte è una cosa che non si esaurisce: la saggezza”


In questa frase è forse racchiuso tutto il senso di "La Terra svuotata – Il futuro dell'uomo dopo l'esaurimento dei minerali (Editore Riuniti) di Ugo Bardi, un affascinante viaggio che parte innanzitutto dagli inferi remoti della Terra per ripercorrere dunque la storia del genere umano attraverso il suo rapporto con le risorse del sottosuolo.

Ci raccontano di uomini che hanno forgiato spade invincibili, di grandi esploratori che si sono spinti in luoghi fantastici e distanti e di poeti che hanno decantato le belle amanti ornate di gemme preziose, ma queste storie non avrebbero mai preso vita senza le profonde miniere sotterranee ed il lavoro dei minatori che, dietro le quinte della storia, vivevano in quei profondi tunnel oscuri.

Esploriamo gli abissi come i pesci, tessiamo tele come i ragni, voliamo come gli uccelli, ma pochi riflettono sul fatto che tutte le attività umane, dall'agricoltura all'esplorazione dei mari e degli astri fino alla comunicazione via rete, non sarebbero mai state possibili senza l'utilizzo di strumenti e tecnologie che derivano e dipendono dalla lavorazione dei minerali. Fin dalla notte dei tempi l'uomo ha infatti raccolto pietre per usarle a proprio vantaggio: “fondamentalmente la nostra civiltà è una civiltà di minatori”.

Col passare del tempo l'umanità ha iniziato a scavare fin nelle profondità del sottosuolo per procurarsi materiali sempre più raffinati: nessuna attività ha richiesto tanta energia e fatica come quella dell'estrazione di materie prime. “Siamo partiti circa due milioni e mezzo di anni fa quando i nostri antenati hanno cominciato a raccogliere le pietre che gli servivano come strumenti da taglio e da percussione”: da allora non ci siamo più fermati.

I grandi imperi poggiano essenzialmente sulle loro materie prime, e sempre queste hanno permesso cambiamenti epocali nella storia della nostra civiltà. Dall'Impero romano all'Eldorado spagnolo, dall'Impero britannico del carbone e della rivoluzione industriale fino al recente Impero petrolifero e del nucleare americano, tutta la nostra storia ed il nostro destino sono intrecciati e connessi con quelli delle risorse che utilizziamo, e le guerre sono essenzialmente per e tra le materie prime.

“A Waterloo, nel 1816, il carbone inglese si scontrava contro quello francese. La vittoria andava a quello inglese, che era il piú abbondante. […] Nel 1914, il carbone inglese si scontrava con quello tedesco nella prima guerra mondiale. Era uno scontro quasi ad armi pari, ma il carbone inglese, pur in declino, era sempre piú abbondante di quello tedesco; che ne ebbe la peggio.”

Adesso ci troviamo davanti un bivio. Abbiamo estratto come mai nelle ere precedenti, abbiamo letteralmente prosciugato il pianeta senza preoccuparci del futuro, estinto intere specie, mutato drasticamente l'ambiente e l'equilibrio del nostro ecosistema e siamo sommersi dai nostri rifiuti. Riusciremo ad affrontare le sfide di un imminente futuro in cui i combustibili finiranno?

La rivoluzione industriale sarà stata solo una parentesi nella storia dell'umanità e quindi ritorneremo ad un nuovo medioevo o riusciremo ad orientare la nostra società verso un rapporto più sostenibile con il pianeta in tempi relativamente ragionevoli? Dovremo continuare a seguire il profitto esasperato o cominciare ad orientarci verso modelli economici alternativi e fonti di energia eco-sostenibili prima che i fossili si esauriscano o che il cambiamento climatico ci distrugga?

Secondo Ugo Bardi, “sulla risposta a queste domande si gioca la sopravvivenza di noi stessi e dei nostri figli, nonché dell’intera civiltà umana”.

domenica 2 settembre 2012

Smentito il Picco del Petrolio? Il Meccanismo della Negazione al Lavoro

Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti.
La pubblicazione del rapporto dal titolo “Petrolio: la prossima rivoluzione”  di Leonardo Maugeri è diventata virale ed ha generato un'ondata di risposte tutte incentrate sul tema che “il picco del petrolio è stato smentito”. Potremmo assistere ad una ripetizione della campagna di negazione che, negli anni 90, ha gettato “I Limiti dello Sviluppo” nella pattumiera delle teorie scientifiche sbagliate.


Nel 1989, Ronald Bailey ha pubblicato un articolo su “Forbes” nel quale attaccava lo studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo” dicendo che: “I Limiti dello Sviluppo” hanno previsto che ai tassi di crescita del 1972 il mondo avrebbe terminato l'oro nel 1981, il mercurio nel 1985, lo zinco nel 1990, il petrolio nel 1992 e rame, piombo e gas naturale nel 1993”.

Nessuna simile affermazione era contenuta nel libro dei “Limiti”, tuttavia l'attacco di Bailey ha avuto un incredibile successo. E' diventato virale ed è stato ripetuto in continuazione da gente che non si è mai preoccupata di verificarne il contenuto. Alla fine ha generato la leggenda degli “errori del Club di Roma”, ancora viva e vegeta oggi, che sta alla base della diffusa opinione negativa sullo studio dei “Limiti” (questa storia è descritta qui, così come nel mio libro “I Limiti dello Sviluppo Rivisitati”).

La demolizione dei “Limiti” rimane oggi un esempio classico del meccanismo della negazione nella comunicazione scientifica, come descritto, per esempio, da Naomi Oreskes ed Eric Conway in “Mercanti di Dubbio”. Meccanismi analoghi hanno lavorato contro la scienza del clima, contro gli studi sugli effetti sulla salute del fumo, contro studi sull'inquinamento ed altro. Tuttavia, l'idea che siamo vicini al picco di produzione mondiale del petrolio (Picco del Petrolio) era rimasta finora immune da questo tipo di negazione. 

Questo potrebbe cambiare con la pubblicazione del recente studio di Leonardo Maugeri dal titolo “Petrolio: la prossima rivoluzione” che ha generato un vero e proprio tsunami di post ed articoli tutti basati sul concetto che “il Picco del Petrolio è stato smentito”. Potremmo assistere ad un effetto “palla di neve” simile a quello causato dall'articolo del 1989 di Bailey che ha distrutto la credibilità de “I Limiti dello Sviluppo”. 

Per chiarire il mio punto di vista, lasciatemi dire che lo studio di Maugeri è serio. Di sicuro, può essere criticato (per esempio qui, qui e qui), ma è molto meglio del pezzo di pura calunnia di Bailey o di altri pezzi di propaganda indirizzatei, per esempio, alla scienza del clima. Ma questo ha poco a he vedere col meccanismo della negazione. Il problema è che gran parte della gente – compresi coloro che prendono le decisioni – non hanno tempo, inclinazione e competenza per andare in profondità in problemi come l'esaurimento delle risorse. Così, quando affrontano un problema complesso e ricco di sfumature, tendono a scegliere l'interpretazione che piace loro di più – è chiamato il “pregiudizio di conferma”. Ora, sicuramente le buone notizie sono meglio delle cattive e per molta gente uno studio apparentemente autorevole che dice che non stiamo finendo il petrolio è preferibile ad uno di oscurità e rovina tipico di gran parte degli studi sull'esaurimento. 

Il problema è che le tesi di Maugeri sono basate su ben poco: principalmente su una nuova valutazione delle riserve di petrolio che tengono conto delle cosiddette risorse “non convenzionali”. Di recente, la crescita in questo settore è stata rimarchevole, vero, ma tutto ciò che che questa “rivoluzione petrolifera” è riuscita a fare finora è evitare il declino che sarebbe avvenuto se ci fossimo affidati al solo petrolio convenzionale. Tuttavia, il fatto che non abbiamo visto un picco ben definito nella produzione del petrolio mondiale è sufficiente a dare peso all'idea di Maugeri. Paradossalmente, i numerosi tentativi di criticare lo studio potrebbero essere stati controproducenti, dandogli la visibilità che non merita. 

Un paio di decenni fa la gente ha cominciato a riferirsi allo studio dei “Limiti dello Sviluppo” come “all'errore del Club di Roma”. Assisteremo al Picco del Petrolio come “all'errore di ASPO”?. E' troppo presto per dirlo, ma possiamo escludere questa possibilità. Specialmente se i prezzi del petrolio dovessero collassare nel prossimo futuro – come hanno fatto nel 2008 – molta gente potrebbe prenderla come una vendetta della tesi di Maugeri. Non importa se il collasso dei prezzi causerà anche un declino della produzione – come lo stesso Maugeri dichiara chiaramente nel suo studio. Molta gente percepisce i problemi col petrolio solo in termini di prezzo, non di produzione. Se vedremo lo sviluppo di questo tipo di eventi, ci vorrà molto tempo e sforzo per porre rimedio alla percezione generale sul Picco del Petrolio, proprio come c'è voluto molto tempo e sforzo per combattere la percezione che lo studio dei “Limiti” fosse “sbagliato”. 

D'altra parte, il lavoro di Maugeri potrebbe venire semplicemente dimenticato quando sarà chiaro che la “rivoluzione petrolifera” che ha previsto non sta avvenendo. La comunicazione è un campo in cui la previsione è sempre molto difficile, anche di più che con la produzione di petrolio. La sola cosa che possiamo dire con certezza è che siamo sensibili alla diffusione virale di leggende. E' il modo in cui funziona la nostra mente, non si è evoluta per la pianificazione a lungo termine.  








sabato 1 settembre 2012

La tecnologia non è energia


Da The Oil Crash. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Di Antonio Turiel

Cari lettori, 

ultimamente mia figlia si è affezionata alla serie di cartoni animati che si chiama “Phineas e Ferb” (in realtà l'unica che vede la televisione in casa è lei): Viene trasmesso da un canale famoso per l'intrattenimento dei bambini ed ha la virtù di avere degli ammiccamenti divertenti – senza il bisogno di essere piccanti o scabrosi – agli adulti che stanno di fianco ai bambini. Buona strategia, sicuro, perché così alla fine i genitori spingono i figli a vedere quelle serie che divertono anche loro. In fondo, l'argomento di questa serie è abbastanza semplice: nei sobborghi di New York, mentre i loro genitori sono fuori casa, due fratellastri occupano l'estate costruendo i più inverosimili e grandiosi gadget (delle montagne russe che attraversano la città, un razzo spaziale, …) mentre la loro sorella maggiore cerca invano di svelarlo alla madre – fallendo sempre perché le creazioni dei suoi fratelli, non importa quanto siano colossali, spariscono sempre, generalmente come risultato di una trama parallela che vede uno scienziato malvagio e la mascotte di famiglia (inverosimilmente, un ornitorinco) che è in realtà un agente segreto. La serie, naturalmente, è molto fantasiosa e la costruzione del giorno è una scusa per sviluppare una trama ingegnosa e divertente. Tuttavia, questa serie in particolare illustra, meglio di tante altre, il grave problema che la nostra società ha nella comprensione della natura.

Il sottinteso della serie è che due ragazzi dei sobborghi, ingegnosi e decisi, possono eseguire in tempo record qualsiasi progetto di cui venga loro voglia, non importa quanto sia smisurato. C'è, naturalmente, la questione dei soldi (l'azione comincia solitamente con lo scarico di vari camion e il tipico tormentone), ma si sottintende che i ragazzi, come frutto delle invenzioni precedenti, probabilmente disporranno di grandi fondi, anche se in realtà si parla poco di soldi in questa serie che, non dimentichiamolo, è per bambini. Naturalmente è una licenza per rendere più agile la narrazione di ogni episodio (che dura solo 12 minuti, così che capirete la premura). Tuttavia, è questo tipo di programma che serve a formare gli archetipi che configurano la narrativa della società ed è ciò che spiega perché ci troviamo così spesso con atteggiamenti fanatici di tecno-ottimismo. 

La ragione di fondo dell'impossibilità di fare quello che riescono a fare i due ragazzi americani in un giorno non è l'elevato costo economico del montaggio (la maggior parte della gente non lo saprebbe non tanto quantificare, quanto nemmeno intuire l'ordine di grandezza), ma il costo energetico della prodezza. Qui ci sono due dimensioni di cui tener conto. Da un lato quella materiale, quanto più acciaio, legno, viti, rivetti, vetro ecc sono richiesti, tanta più energia si dovrà consumare per trasportarli (qui non entriamo nel tema dell'energia che serve per l'estrazione e la lavorazione), metterli sul posto e fissarli. Ma c'è anche un'altra dimensione, quella temporale. E cioè che la quantità di energia necessaria aumenta nella misura in cui diminuisce il tempo richiesto per la costruzione. Qui, di nuovo, interviene il fattore entropia: Come abbiamo già spiegato nel post dedicato a questa grandezza fisica, nella misura in cui la temperatura di un sistema aumenta diventa più probabile che ci discostiamo dallo stato concreto al quale vogliamo convergere. Qui usiamo “temperatura” in senso lato, intendendo tanto agitazione termica quanto i movimenti meccanici che non vanno nella direzione della creazione o del mantenimento del sistema oggettivo (come le pallonate che deformavano la rete nello stesso post). La questione è che il lavoro di Phineas e Ferb non richiede solo una grande energia, ma anche una grande potenza (visto che devono concludere l'impegno entro una mattinata) e più potenza significa più entropia, pensate semplicemente che se aumentassimo il numero di camion che entrano ed escono, a parte che si ostacolerebbero fra loro, renderemmo sempre più probabile una loro collisione. 

Così allora, aumentando la potenza dobbiamo consumare ancora più energia, che sia per compensare i danni che possa causare questo consumo o per stabilire più meccanismi di controllo e macchinari sofisticati per rendere più difficile questa dispersione, la crescita della quantità di energia necessaria per eseguire un compito in minor tempo va molto pià in fretta man mano che si accorcia il passo per eseguire l'opera: pensate, per esempio, alle montagne russe che montano nel primo episodio e che attraversano tutta la città. Anche dispiegando un esercito di uomini e di macchinari sarebbe impossibile, coi mezzi odierni, eseguire una tale prodezza, si potrebbe solo se praticamente ogni palmo dell'installazione fosse aggiudicato ad una squadra e questa lavorasse con un tale grado di precisione che la giunzione della sua parte coincidesse perfettamente con quella degli altri e, allo stesso tempo, le sue macchine non disturbassero quelle degli altri. 

E' ovvio che la seria non vuole e non deve essere così sottile, ma, come dicevo, illustra bene i mali della nostra società. Vediamo il giardino di Phineas e Ferb occupato da giganteschi cubi di combustibile che dovrebbero fornire tutte le macchine pesanti che dovrebbero operare. Non vediamo le decine di gru che dovrebbero usare per sollevare tutti quei pesi o le centinaia di escavatrici che servirebbero a spianare il terreno. Per il bene dello spettacolo si ovvia alla prosaica necessità dei mezzi materiali richiesti. 

L'energia è un fluido magico e invisibile che serve a muovere tutto, senza il quale niente funzionerebbe e, naturalmente, abbiamo talmente interiorizzato la sua disponibilità illimitata e a buon mercato che non ci rendiamo conto fino a che punto le nostre aspettative dipendono dal fatto che si mantenga questo stato di cose. Quando cominciamo a parlare di problemi dell'energia con qualcuno che è disinformato è comune che questi evochi la 'soluzione energetica' più di suo gusto, che sia il nucleare di fusione o fissione, o le energie rinnovabili nel loro insieme o nelle sue singole opzioni, o l'economia dell'idrogeno o i biocombustibili. Tale 'soluzione' è essenzialmente la promessa che un certo sviluppo di laboratorio, che secondo il tal quotidiano generalista è stato un successo, finirà per portarci all'Eldorado logico dell'energia senza limiti. Lasciando da parte la questione per la quale il consumo di energia semplicemente non può aumentare all'infinito in un pianeta finito, c'è la questione non meno importante che tutti questi esperimenti di laboratorio danno per scontata l'abbondanza energetica direttamente (per l'energia che consuma il processo di fabbricazione) o indirettamente (per l'abbondanza di determinate materie prime che in realtà sono sfruttabili solo grazie al petrolio a buon mercato – abbiamo già discusso il caso del neodimio come un ulteriore esempio della sottaciuta guerra per le terre rare). In qualche modo, gli autori riconoscono il basso rendimento energetico della propria soluzione (misurato attraverso il Ritorno Energetico sull'Investimento Energetico o EROEI), quando dicono che la loro tecnologia non è ancora redditizia, che è troppo cara (ricordiamo che il rendimento economico è sempre inferiore a quello energetico). Ovviamente, i coraggiosi ricercatori sperano che il progresso tecnologico abbatta i costi, ma qui di nuovo l'accento si pone sulla questione economica e non su quella energetica e così lo sviluppo tecnologico tende generalmente a diminuire l'EROEI, non ad aumentarlo. In definitiva, nemmeno i ricercatori che lavorano su questo tipo di problemi sono normalmente consapevoli di partire dalla premessa che l'energia è abbondante e conveniente, il che rende drammaticamente inutili le loro proposte rispetto al futuro che ci si presenta. 

Dobbiamo capire una cosa: la tecnologia non è un sostituto dell'energia. Con la tecnologia possiamo realizzare un miglior sfruttamento dell'energia, ma tale miglioramento ha dei limiti che si incontreranno piuttosto presto (abbiamo da poco discusso quelli delle macchine termiche ed  altri limiti simili affliggono gran parte delle tecnologie che sia nucleare, eolica o fotovoltaica, per fare tre esempi). Quando si constata questo problema, una delle risposte usuali è paragonare il progresso della tecnologia energetica con quello della tecnologia informatica: se in così poco tempo siamo potuti progredire così tanto a livello computazionale, perché non potremmo fare la stessa cosa con l'energia? Si tratta di un ulteriore caso di eccessiva estrapolazione e se si guardano bene le tecnologie energetiche, oggi sono di poco più sofisticate di quanto lo fossero un secolo fa. La generazione di elettricità negli impianti termici, indipendentemente dalla tecnologia, consiste nel far bollire l'acqua in un bollitore e col vapore che ne risulta far muovere una turbina e questo vale anche se il combustibile usato è quello nucleare (in una occasione, durante un discorso sulle reti energetiche del futuro, il Segretario di Stato per l'Energia degli Stati Uniti, Steve Chu, ha detto che se Thomas Alva Edison resuscitasse sarebbe in grado di riconoscere una centrale elettrica). Insomma, il discorso del progresso tecnologico inarrestabile basato sull'ingegno alla Phinaes e Ferb non ha valore in molti casi, in particolare in quelli delle tecnologie energetiche. In altri casi, l'ottimista di turno mette sul tavolo i numeri del rendimento di una determinata fonte di energia, assumendo così che è efficiente. Tuttavia, il calcolo del EROEI ingloba tutto il ciclo di vita della fonte in questione e l'inclusione di materiali rari che rendono più efficiente un aerogeneratore o una centrale nucleare può ottenere l'aumento dell'energia generata nell'operazione, ma a costo di consumare più energia di quanta ne guadagniamo semplicemente per produrre quel materia prima cruciale per la nuova tecnologia. Di nuovo, senza fare un calcolo del EROEI non è possibile sapere se la tecnologia risulta veramente redditizia in termini energetici. Tendiamo a pensare, per ultimo, che sia normale e facile avere lamiere d'acciaio e lingotti di alluminio, tanto cemento e cavi di rame a nostra volontà e così con tante materie prime industriali. Tuttavia, nel sempre più grande marasma economico nel quale stiamo precipitando, questi materiali si venderanno meno, si chiuderanno fabbriche, la produzione diminuirà e pertanto rincarerà, al punto che alcune nuove tecnologie proposte non saranno più convenienti. Senza un consumo su grande scala, molti dei nostri progetti di futuro non hanno semplicemente senso perché non beneficeranno più dell'economia di scala.

In sintesi, pensiamo che la tecnologia ci salverà da qualsiasi ostacolo pur rimanendo le stesse limitazioni energetiche. A creare questa visione hanno contribuito molti economisti, che hanno sviluppato una bella teoria sull'utilizzo delle risorse che, ovviamente, non contempla limiti. Di fatto non smette di sorprendere che quando si discute sui limiti energetici del nostro futuro i primi che cominciano a parlarti di soluzioni tecnologiche meravigliose, non comprendendole, siano gli economisti. Tutto pur di non accettare che ci sono dei limiti, che non si vive di solo ingegno industriale, che l'economia non può crescere per sempre e che questa crisi non finirà mai. 

Saluti.

AMT