giovedì 10 dicembre 2015

Ottimismo e Sovrappopolazione: come NON fermare la Crescita Demografica


di Virginia Abernethy

Articolo tratto da  "Overshoot n. 7"   Bollettino dell'Associazione Rientrodolce 
Copyright © 1994 di Virginia Abernethy. Tutti i diritti sono riservati. 
Originariamente pubblicato su The Atlantic Monthly,Dicembre 1994.
Traduzione di Carpanix

Nota: Un articolo datato, ma al netto di qualche dettaglio perfettamente attuale, a dimostrazione dell'insipienza con cui questo argomento viene trattato da decenni.


La sovrappopolazione che affligge la maggior parte delle nazioni, rimane primariamente un problema locale — come questo articolo cercherà di spiegare. Anche il controllo della riproduzione (la soluzione) è primariamente locale…

Molti studiosi, antichi e moderni, hanno sempre saputo che le reali dimensioni della famiglia sono connesse strettamente al numero di figli che la gente desidera. Paul Demeny, del Population Council, è eccezionalmente chiaro a questo proposito, e l’economista della Banca Mondiale Lant Pritchett asserisce che l’85-90% dei tassi di fecondità reali possono essere spiegati dai desideri dei genitori — non dalla mera disponibilità di contraccettivi.  Pritchett scrive che “l’imponente declino della fertilità osservato nel mondo contemporaneo è dovuto quasi interamente all'altrettanto imponente declino del desiderio di fecondità.”


Progresso e Popolazione

Dati interculturali e storici suggeriscono che la gente ha solitamente limitato le proprie famiglie in maniera coerente con la possibilità di vivere comodamente in comunità stabili.   Se lasciate indisturbate, le società tradizionali sopravvivono per lunghi periodi in equilibrio con le risorse locali.   Ogni società dura quando si mantiene entro le capacità di carico del suo ambiente.

Ma la percezione dei limiti inerenti all'ambiente locale è facilmente neutralizzata da segnali che promettono prosperità. Cito l’ultimo Georg Borgstrom, riconosciuto pluridecorato specialista in economie del Terzo Mondo, morto nel 1989, che in una pubblicazione del Population Reference Bureau del 1971, spiega:

“Molte civiltà, incluse quelle dell’India e dell’Indonesia, avevano una chiara idea dei limiti dei loro villaggi o comunità prima che l’intervento straniero corrompesse gli schemi tradizionali.  I programmi d’aiuto tecnologico li indussero a credere che l’adozione di certi avanzamenti tecnologici stesse per liberarli da questi vincoli e dalla dipendenza da queste restrizioni”.

L’espansione economica, specialmente se introdotta dall'esterno su larga scala, incoraggia la convinzione che i limiti prima riconosciuti possano essere trascurati, e che ognuno possa progredire verso la prosperità e, come in casi recenti, che si possa contare sull'Occidente come fornitore di assistenza, recupero e valvola di sfogo per la popolazione in eccesso.

La percezione di nuove opportunità, sia dovuta ad avanzamento tecnologico, espansione dei mercati, cambiamenti politici, aiuti esterni, emigrazione verso una terra più ricca o la scomparsa di competitori, incoraggia il numero.   Le famiglie riempiono avidamente ogni nicchia apparentemente più grande, e le nascite in sovrappiù che generano la conseguente crescita della popolazione, spesso vanno oltre le reali opportunità.

Crescere oltre il numero sostenibile è una minaccia onnipresente, poiché gli esseri umani prendono spunto dalle apparenti opportunità immediate, e sono facilmente ingannati dai cambiamenti.   Contando sul medio o breve termine, difficilmente si calcola la crescita a lungo termine della popolazione, i limiti all’avanzamento tecnologico futuro e la inesorabile progressione dell’impoverimento delle risorse.

La percezione dell’espansione di opportunità assume varie forme.   Negli anni ‘50, la redistribuzione dei terreni in Turchia condusse i contadini precedentemente senza terra ad incrementare significativamente le dimensioni delle loro famiglie.   Tra i pastori del Sahel Africano, i pozzi profondi per la captazione dell’acqua, trivellati dai Paesi donatori negli anni ‘50 e ’60, permisero l’allevamento di più grandi mandrie di bovini e greggi di capre, matrimoni più precoci (poiché i prezzi delle spose sono pagati in animali…), e più elevata fecondità.   

Allo stesso modo, la diffusione della coltivazione della patata in Irlanda nei primi anni del XVIII secolo, incrementò la produzione agricola e incoraggiò i contadini a suddividere le proprie fattorie in appezzamenti per i figli  i quali, per parte loro, promossero matrimoni precoci e un incremento esplosivo delle nascite.

Ancor prima, tra il VI e il IX secolo, l’introduzione in Europa della staffa, dei finimenti a collare rigido e della ferratura dei cavalli potenziarono grandemente la produzione agricola delle pianure settentrionali dell’Europa. Una migliore alimentazione aiutò a condurre l’Europa verso la ripresa economica e quindi, tra il 1050 e il 1350 circa, a triplicare la popolazione in Paesi quali l’Inghilterra e la Francia.

L’India offre un altro esempio. La sua popolazione fu quasi stabile dal 400 a.C. a circa il 1600 d.C.   Dopo la fine delle invasioni Mongole, e con l’avvento di nuove opportunità commerciali, la popolazione cominciò a crescere.   Quando il commercio Europeo offrì all'India ulteriori opportunità, la crescita della popolazione accelerò ulteriormente.   Nel 1947, dopo la liberazione dalla condizione coloniale, decollò letteralmente.   L’assistenza dell’URSS, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale potenziarono la percezione di un futuro prospero e il tasso di crescita della popolazione continuò ad accelerare fino al 1980 circa.

Movimenti indipendentisti di successo e golpe populisti sono preminenti tra i cambiamenti che annunciano tempi migliori.   La Cina cominciò il suo interludio euforico con l’espulsione dei Nazionalisti, nel 1949.   La filosofia del Comunismo trionfante sosteneva che una grande nazione richiedeva più gente.   Il tasso di fecondità e la popolazione aumentarono drammaticamente. La popolazione del territorio principale della Cina , stimata a 559.000.000 nel 1949, crebbe fino a 654.000.000 nel 1959, laddove nei precedenti 100 anni di agitazioni politiche e guerre, il tasso medio di crescita della popolazione cinese era stato appena dello 0,3% all'anno.

Judith Banister scrive in “La popolazione cinese che cambia”:   “La fecondità cominciò a crescere verso la fine degli anni ‘40 ed era prossima o superiore alle 6 nascite per donna durante gli anni 1952-57.

Banister attribuisce l’esplosione demografica cinese alla fine della guerra e alla politica del governo che, con la riforma fondiaria del 1950-51, redistribuì la terra ai contadini ed ai fittavoli.

Cuba ebbe un’esplosione demografica quando Fidel Castro spodestò Fulgencio Batista, nel 1959.    Castro promise esplicitamente una redistribuzione delle ricchezze e, secondo i demografi S. D’az-Briquets e L. Perez, la fecondità crebbe.

D’az-Briquets e L. Perez scrivono: “Il fattore principale fu l’incremento delle entrate reali tra i gruppi più svantaggiati, favorito dalle misure di redistribuzione attuate dal governo rivoluzionario.   La crescita della fecondità nell'ambito di quasi ogni fascia d’età suggerisce che le coppie videro il futuro come più promettente e sentirono che ora si sarebbero potuti permettere più figli”.

Le popolazioni dell’Algeria, dello Zimbabwe e del Ruanda crebbero rapidamente quando le potenze coloniali partirono. L’Algeria, per esempio, ottenne l’indipendenza nel 1962, e trent'anni dopo il 70% della sua popolazione aveva meno di 30 anni d’età.

Lo Zimbabwe ottenne l’indipendenza nel 1980, e subito raggiunse uno dei maggiori tassi di crescita della popolazione del mondo.   La crescita venne incoraggiata dal Ministro della Salute che attaccò la pianificazione familiare come una “congiura del colonialismo bianco” per limitare il potere nero.

I programmi di sviluppo di grandi trasferimenti di tecnologia e di fondi verso il Terzo Mondo hanno influito perniciosamente sulle dimensioni delle famiglie.

Questo tipo d’aiuto è inappropriato, poiché segnala che ricchezza e opportunità possono aumentare senza sforzo e senza limiti. …. L’Africa, che negli ultimi decenni ha ricevuto tre volte più aiuti pro-capite di qualsiasi altro continente, ha ora anche i più alti tassi di fecondità. Durante gli anni ‘50 e ’60, la fecondità in Africa crebbe — fino a quasi sette bambini per donna — nello stesso momento in cui veniva ridotta la mortalità infantile, cresceva la disponibilità di cure, si diffondeva l’istruzione e l’ottimismo economico pervadeva sempre più ampi settori della società.   Tassi di crescita della popolazione straordinariamente elevati erano nuovi per l’Africa.

Anche l’immigrazione può influire sulla popolazione mondiale complessiva.   Studi relativi all'Inghilterra e al Galles del XIX secolo e alle popolazioni Caraibiche moderne, evidenziano che in comunità già nel pieno di una rapida crescita demografica, la fecondità rimane elevata fino a quando esiste la possibilità di emigrare, mentre declina rapidamente nelle comunità prive di questa valvola di sicurezza. E mentre i tassi di fecondità si vanno riducendo nella maggior parte dei Paesi africani, tale tasso resta alto in Ghana (6,2 nascite per donna nel 1993), forse perché l’emigrazione (l’uno per 1.000 della popolazione) fornisce una valvola di sicurezza per la quantità di popolazione in eccesso.

Questo effetto sulla fecondità è coerente con studi indipendenti secondo i quali l’emigrazione accresce le entrate sia tra coloro che emigrano sia tra coloro che rimangono.

In sostanza è vero, anche se imbarazzante dirlo, che gli sforzi per alleviare la povertà spesso stimolano la crescita della popolazione, così come il lasciare aperte le porte all'immigrazione.

I sussidi, le ricchezze inattese e la prospettiva di opportunità economiche rimuovono il bisogno di freni.   I mantra della democrazia, della redistribuzione e dello sviluppo economico, innalzano le attese e i tassi di fecondità, incoraggiando la crescita della popolazione e quindi rendendo più rapida una spirale ambientale ed economica discendente.

Nonostante tutto, alcuni esperti ed il pubblico che essi informano, credono che i tassi di fecondità siano stati tradizionalmente alti nel mondo intero e si siano ridotti solo nelle nazioni post-industriali o nei Paesi nei quali è disponibile la moderna contraccezione.
La possibilità che le maggiori dimensioni delle famiglie fossero il risultato del desiderio di avere più figli continua ad essere negato.

I demografi  negli anni ‘30 predirono un rapido declino della popolazione, poiché la bassa fecondità delle nazioni occidentali industrializzate veniva attribuita allo sviluppo e alla modernizzazione, più che al pessimismo endemico dovuto alla Grande Depressione. Continuando a non cogliere il punto, molti non riuscirono a vedere che gli alti tassi di fecondità che si ebbero dopo la Seconda Guerra Mondiale furono la risposta alla percezione dell’espansione delle possibilità economiche. L’esplosione demografica negli Stati Uniti (1947-1961) e la successiva esplosione demografica nell’Europa Occidentale colsero di sorpresa la maggior parte dei demografi.


Il messaggio della penuria

Come succede, la penuria alla quale miliardi di persone sono costretti dai limiti naturali del loro ambiente, sta cominciando a correggere le conseguenze di decenni di percezioni errate.   La retorica della modernizzazione, dello sviluppo internazionale e dell’uguaglianza sta perdendo il suo potere di inganno.   Man mano che l’Europa si dimostra incapace di alleviare le sofferenze della ex-Iugoslavia, che i Paesi ricchi in generale si dimostrano impotenti nell'aiutare le innumerevoli moltitudini lontane, diviene difficile credere nel recupero.

Ora, com’è successo molte volte nella storia dell’umanità, la riscoperta dei limiti sta risvegliando le motivazioni a ridurre le dimensioni delle famiglie.

In Irlanda nei primi anni del XIX secolo, quando i terreni divennero insufficienti lla popolazione in rapida crescita, la fecondità cominciò ad abbassarsi ai livelli dell’epoca precedente all'introduzione della patata.

Nel 1830 i due terzi circa delle donne si sposavano prima dei venticinque anni d’età. Nel 1851 solo il 10% di esse si sposava così giovane — un drastico rinvio del matrimonio fu la risposta alla carestia della patata del 1846-1851.

Dopo una breve ripresa, non più del 12% si sposava prima del venticinquesimo anno d’età.   L’uso di contrarre matrimoni tardivi rersistette dal 1890 circa fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Negli Stati Uniti l’esplosione demografica terminò all'incirca nel momento in cui il mercato del lavoro cominciò ad essere saturo.   Dopo lo shock petrolifero del 1973 il tasso di fecondità crollò al di sotto dei livelli di sostituzione e molti dei redditi reali degli Americani cessarono di crescere.

Nella Cina post-rivoluzionaria, l’incremento della popolazione proseguì fino a quando la carestia.   Impose un confronto con i limiti oggettivi.   Nel 1979, consapevole delle gravi carenze alimentari, il governo istituì la politica del “un-figlio-per famiglia”, riproponendo così i controlli delle restrittive abitudini matrimoniali e riproduttive pre-comuniste.

A Cuba, l’esplosione demografica ispirata da Castro, lasciò il posto a una fecondità al di sotto del tasso di sostituzione, quando fu evidente che il comunismo non forniva la prosperità.

Nei Paesi dell’Europa Orientale, compresa la Russia, la ristrutturazione economica, lo svanire dei sussidi governativi e la percezione pubblica di una mortalità infantile in crescita, hanno portato a tassi di fecondità minori.

Nello Zimbabwe, spinto dalla crisi economica dei tardi anni ‘80, il governo cominciò a sostenere la pianificazione familiare.   Secondo The Economist, “l’elevato costo del mantenimento di una famiglia numerosa ha aiutato a convincere alcuni uomini dell’importanza del limitarne le dimensioni”.

Il tasso di fecondità è in calo tra gli Yoruba in Nigeria, per una combinazione del ritardo nei matrimoni e dell’accettazione della moderna contraccezione. Due terzi delle donne che hanno risposto ad un recente sondaggio hanno detto che “la principale causa della posposizione del matrimonio e dell’uso della contraccezione era l’attuale difficile situazione economica”.

Anche altrove, la richiesta della moderna contraccezione è in crescita.   La ragione sembra essere che le coppie percepiscono che un matrimonio precoce e una famiglia numerosa sono economicamente insostenibili.

Nel suo nuovo libro “Masse critiche”, il giornalista George D. Moffett riporta che, in Messico, una madre su due difese davanti al prete di un villaggio, il suo ricorso alla contraccezione spiegando: “Le cose sono difficili, qui. La maggioranza della gente sta attraversando tempi duri. Il lavoro è difficile da trovare”.

In modo simile, un lavoratore giornaliero in Tailandia, secondo le parole di Moffett, “vorrebbe avere un figlio in più, ma è consapevole che andrebbe al di là dei propri mezzi”.

Senza motivazione a limitare le dimensioni della famiglia, la contraccezione moderna è pressoché irrilevante. 

Per sei anni, negli anni ‘50, un progetto condotto dal ricercatore inglese John Wyon fornì a diversi villaggi dell’India Settentrionale istruzione sulla pianificazione familiare, accesso alla contraccezione e cure mediche.   Gli abitanti dei villaggi erano ben disposti nei confronti di chi forniva le cure mediche e la mortalità infantile si ridusse notevolmente.   Ma il tasso di fecondità rimase invariato.

Il gruppo di Wyon capì il motivo: gli abitanti dei villaggi apprezzavano le famiglie numerose. Essi erano entusiasti del fatto che ora, con una minore mortalità infantile, potevano avere i sei figli che avevano sempre desiderato. Il ben finanziato progetto di Wyon potrebbe anche avere rinforzato la predilezione per le famiglie numerose, avendo contribuito a rendere possibili quei figli in più.


Pensare localmente

L’errore nell'individuare le cause dell’esplosione demografica, ha portato a strategie poco efficaci o addirittura controproducenti, nel cercare di aiutare il Terzo Mondo ad un equilibrio tra le dimensioni della popolazione e le risorse disponibili.

Nei tardi anni ‘40 e negli impetuosi decenni successivi, il commercio, i movimenti indipendentisti, le rivoluzioni populiste, gli aiuti stranieri e le nuove tecnologie portarono ovunque la gente a credere nell'abbondanza e nella fine dei limiti naturali imposti dagli ambienti famigliari.

Sarebbe un passo avanti se le nazioni industrializzate, che vedono la loro ricchezza diminuire, ricalibrassero e indirizzassero gli aiuti con maggiore oculatezza.   La loro ricchezza residua non deve essere sprecata nell'armare fazioni guerriere, con assistenza avventata, o nel sostegno alle migrazioni internazionali che impoveriscono e alla fine incattiviscono — fino alla violenza  — le popolazioni residenti.

Con una nuova, informata comprensione delle risposte umane, certi tipi d’aiuto rimangono appropriati: micro-prestiti che rafforzano l’imprenditoria di base, dove il successo è sostanzialmente mirato allo sforzo; l’assistenza con servizi di pianificazione familiare, non perché la contraccezione sia una soluzione di per sé, ma perché la moderna contraccezione è un modo umano per ottenere una famiglia di ridotte dimensioni, quando c’è questo desiderio.

Questa modesta lista di cose da fare è ancora nelle possibilità dei Paesi industrializzati, nel momento in cui essi devono prestare attenzione alle necessità dei sempre più numerosi propri poveri.   E non inganna né danneggia involontariamente coloro che ne sarebbero i beneficiari.

La politica degli aiuti internazionali degli ultimi cinquant'anni si basa sull'idea che lo sviluppo economico sia la chiave per mettere un freno alla crescita della popolazione. Tali presupposti non stanno in piedi di fronte ad un’analisi storica/antropologica e le politiche che hanno prodotto hanno invece contribuito a potenziare la crescita della popolazione. (corsivo mio JS)

La capacità umana di avere una risposta di tipo adattivo si è evoluta nell'ambito d’interazioni faccia-a-faccia.   La forza dell’umanità è la sua capacità di rapida reazione agli stimoli ambientali — una risposta che è più probabilmente appropriata quando l’ambiente che conta è quello ravvicinato e locale.   L’orizzonte mentale è qui ed ora.   I nostri antenati si sono evoluti e hanno dovuto trarre il loro successo tra i piccoli gruppi che si muovevano su territori relativamente ristretti.

Essi dovevano riuscire a sopravvivere giorno per giorno — o non sarebbero divenuti i nostri antenati.   Quindi non ci deve sorprendere se i segnali che vengono dall'ambiente locale siano fortemente motivanti.   Mettiamo da parte la globalizzazione.   Le soluzioni basate su un mondo unificato non funzionano.   Le soluzioni locali, sì.   Ovunque la gente agisce secondo la personale percezione dei propri interessi.   Le persone sono portate a interpretare i segnali locali per la prossima mossa da fare.

In molti Paesi e comunità di oggi, dove le condizioni sociali, economiche e ambientali stanno indubbiamente peggiorando, la domanda per una moderna contraccezione è in crescita, il matrimonio e l’iniziazione sessuale vengono posticipati e le dimensioni della famiglia si stanno riducendo.   Gli individui che reagiscono con una bassa fecondità ai segni del raggiungimento dei limiti hanno trovato la soluzione locale. C’è da pregare che i venditori di uno sviluppo inappropriato non mettano sottosopra questa situazione.





Nota di U.B.: Virginia Abernethy (qui il suo sito) è professore emerito alla Vanderbilt University, in Tennessee (US). E' un personaggio molto controverso, fortemente criticato specialmente per certe sue posizioni politiche estreme sulla separazione etnica, sulle leggi sulle armi, e altro. Come esperta di demografia, tuttavia, ha il merito di aver perlomeno cercato una comprensione più approfondita e originale sulla questione della sovrappopolazione. In particolare, Abernethy ha criticato fortemente (come fa nell'articolo qui tradotto) l'idea semplicistica della "transizione demografica" che vuole che la crescita della popolazione si possa fermare sulla base dell'idea che "quando tutti saranno ricchi, non faranno più tanti figli."  C'è un fondo di verità in questa idea; ma le cose non sono così semplici. 




martedì 8 dicembre 2015

I crateri pingo 'possono esplodere sotto il mare così come sulla terraferma'

Da “Siberian Times”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)

Di Maja Sojtaric

Avvisaglie di esplosioni di metano nel mare di Kara adiacente ai crateri di Yamal causati da eruzioni di gas associati alla fusione del permafrost dovuta al riscaldamento globale.


L'idrato di gas è conosciuto anche come il “ghiaccio che brucia”. Lo si può letteralmente incendiare. Immagine: CAGE

Un'enorme attenzione è stata posta sui grandi e misteriosi buchi apparsi improvvisamente nell'Artico siberiano di recente ed ora ci sono prove di un processo analogo sottomarino nelle aree meridionali del Mare di Kara. Sul fondo del mare, al largo della Penisola di Yamal, sono stati identificati grandi cumuli – descritti come “pingo” - e la loro formazione viene vista come dovuta allo scioglimento del permafrost sottomarino, che causa un 'forte accumulo' di gas metano. Questi cumuli 'stanno rilasciando metano' e il loro 'potenziale esplosivo' pone un 'pericolo geologico' significativo per l'esplorazione energetica nelle acque dell'Artico, secondo una nuova ricerca di scienziati del Centre for Arctic Gas Hydrate, Environment and Climate (CAGE) in Norvegia, sostenuto dall'Agenzia di Gestione delle Risorse del Sottosuolo russa. Per esempio, in un incidente di 20 anni fa che ha avuto poca visibilità, durante la 'trivellazione geo-tecnologica' da parte della nave russa Bavenit nel Mare di Pechora, è stato aperto un deposito di gas (pingo), minacciando la sicurezza della nave con un improvviso rilascio di metano, un processo che è stato identificato come la causa del triangolo delle Bermuda nell'Oceano Atlantico.

lunedì 7 dicembre 2015

la capocchia climatica di Umberto Minopoli.



Leggete questa frase, da un post di Umberto Minopoli intitolato "Scienza ad Capocchiamhttps://lottimistablog.wordpress.com/2015/12/06/scienza-ad-capocchiam/

.... se in un secolo e mezzo ( 1850/1998) di piena industrializzazione e di CO2 umana immessa in atmosfera, la temperatura e’ aumentata di 0,8gradi come e’ possibile che in soli prossimi 80 anni ( previsioni dei religiosi del clima ) aumenti di 5 gradi. Cervellotico. Niente di scientifico. Sciamanismo. 

Per capire quanto questo paragrafo sia veramente "ad capocchiam", vediamo di applicare il ragionamento di Minopoli proprio a una capocchia; ovvero a un fiammifero.

Accendete un fiammifero, vedete che brucia, diciamo, in 10 secondi. E in questi dieci secondi si porta via forse un grammo di legno. Fate un po' il conto: per bruciare un chilo di legno, a un fiammifero per volta, ci vorrebbero ore. E per bruciare una casa, chissà quanto tempo.

Ora, immaginate che qualcuno vi dica che, sulla base del comportamento di una capocchia di fiammifero, una casa non può mai assolutamente bruciare. Come minimo, gli direste qualcosa tipo, "bene, allora vai a casa tua, accendi un fiammifero e comincia a dar fuoco al divano del salotto. Poi mi racconti cos'è successo."

Se volete essere precisi, potreste dire che la combustione è un processo "autocatalitico" e, per questa ragione, va sempre più veloce una volta che è cominciato. Ma non ce n'è bisogno: è solo una questione di buon senso; ci sono tantissime cose che sappiamo benissimo che cominciano piano e poi vanno sempre più veloci. E' per questo che se uno si butta dal sesto piano, il risultato finale si può descrivere con la parola "splat," anche se, nei primi metri, non sembrava che quel tale cadesse tanto rapidamente.

Anche per quanto riguarda il clima terrestre vale qualcosa del genere. La faccenda del riscaldamento generato dai gas serra è un tantino complicata per varie ragioni (come potete leggere, per esempio, qui) ma il risultato finale non è difficile a capire. Più CO2 c'è nell'atmosfera, più la temperatura sale. Oggi, stiamo emettendo enormemente più CO2 di quanto non facessimo ai primi anni del secolo scorso; quindi non c'è da stupirsi se l'atmosfera si sta scaldando sempre più rapidamente, ben di più di quanto non facesse cent'anni fa (e per favore non tirate fuori la storia della "pausa," che non è mai esistita).

Così, se continueremo ad emettere CO2 seguendo le tendenze di aumento che sono state la regola fino ad oggi, non è un'idea a capocchia che potremmo arrivare arrivare a degli aumenti di temperatura di 4-5 gradi centigradi. La cosa più preoccupante è che ci sono dei motivi per ritenere che il riscaldamento potrebbe essere molto più veloce di qualsiasi cosa si sia vista fino ad oggi. E questa è una cosa molto pericolosa, da non sottovalutare. Purtroppo, però, il cosiddetto "dibattito" sul cambiamento climatico sui giornali è spesso basato su ragionamenti veramente "a capocchia," come questo di Minopoli.

Tralascio di criticare il resto dell'articolo per carità di patria. Mi limito a notare che Minopoli è anche presidente dell'Associazione Nucleare Italiana, il che è preoccupante. C'è solo da sperare che un reattore nucleare non glie lo facciano mai vedere, se non da una notevole distanza. Minopoli mi fa venire in mente qualcosa che potrebbe essere successo al tempo di Chernobyl, magari con qualcuno dei tecnici del reattore che diceva, "Ma cos'è quest'idea a capocchia che il reattore può esplodere? Non vedete che finora non è successo niente?"


h/t Simone Bonacini

Nota aggiunta dopo la pubblicazione. Fa notare Sylvie Coyaud che

Mentre noi si cucinava, si ricordava che nel maggio 2014 il presidente Minopoli diceva:
Il rapporto delle Nazioni Unite punta sull’utilizzo del nucleare per contenere l’aumento della temperatura globale entro i 2°C fino al 2100, definendo il nucleare una delle tecnologie carbon free ‘chiave’”. Non solo. Dallo studio emerge l’importanza di attivare un processo di cooperazione internazionale per coinvolgere i paesi meno sviluppati nei processi di mitigazione delle emissioni di gas serra. L’Italia non deve avere un ruolo marginale nella definizione delle politiche energetiche mondiali.
Si cercava anche un compito affidabile a un volta-gabbana che ora esibisce tutto fiero le cinque caratteristiche del negazionismo climatico. Non s'è trovato niente, ma se c'è stato un po' di dibattito su tirar fuori in tempo il coulommiers dal frigo.



domenica 6 dicembre 2015

La Terra ha perduto un terzo del suolo coltivabile negli ultimi 40 anni

Da “The Guardian”. Traduzione di MR 

Gli esperti indicano il danno causato da erosione ed inquinamento, sollevando grandi preoccupazioni riguardo al suolo degradato nel bel mezzo dell'aumento della domanda globale di cibo





L'erosione del suolo ha i suoi effetti sul terreno agricolo di Suffolk, nel Regno Unito. Foto: Alamy

Il mondo ha perso un terzo del suo terreno coltivabile a causa dell'erosione o dell'inquinamento negli ultimi 40 anni, con conseguenze potenzialmente disastrose man mano che la domanda globale di cibo sale alle stelle, hanno avvertito gli scienziati. Una nuova ricerca ha calcolato che quasi il 33% del terreno mondiale adatto o ad alta produzione di cibo è stato perduto ad un tasso che supera il ritmo dei processi naturali di sostituire il suolo assottigliato. Il Grantham Centre for Sustainable Futures dell'Università di Sheffield, che ha intrapreso lo studio analizzando varie altre ricerche pubblicate nel corso dell'ultimo decennio, ha detto che la perdita è stata “catastrofica” e la tendenza è prossima ad essere irrecuperabile se non ci saranno grandi cambiamenti delle pratiche agricole.

sabato 5 dicembre 2015

Il Pensiero Odierno


Un post di Marco Sclarandis

riferito a questo: 

http://www.mission-innovation.net/
http://www.breakthroughenergycoalition.com/en/?WT.mc_id=11_29_2015_16_Announcement_BG-TW_&WT.tsrc=BGTW


Il pensiero odierno:

Io ormai spero solo che la gente creda al miracolo. Perchè se un miracolo si sta compiendo, ma la gente non ci crede, è come se non si compisse.

E credo che fisicamente il miracolo possa avvenire. Non credo che i miracoli siano delle violazioni ad hoc delle leggi fisiche, ma siano eventi rari ma reali e possibili che fanno gridare al miracolo solo a causa della nostra ignoranza del mondo fisico.

L’intreccio quantistico, l’effetto tunnel, sembrano magie, prodigi, miracoli, masono eventi reali e in un certo senso ordinari. Forse un Lucrezio, un Leonardo, un Archimede, dopo un iniziale sconcerto li avrebbero poi considerati per quello che sono, fisica, meravigliosa , ma fisica. Certo che organizzare tutto di modo che, per sventare una sciagura occorra proprio un miracolo mi pare il massimo della malvagia superstizione.

E’ ciò che stiamo facendo da decenni, non da stregoni apprendisti, ma da maghi di lungo e detestabile corso.

Credo che questo decalogo incompleto, deriso, frainteso e sciattamente divulgato da soloni, predicatori, e agitatori di popolo sia quanto di meglio per far apparire il miracolo su questa sventurata Terra.

Onore e merito a Serge Latouche:

Rivalutare. I valori sono diventati vuoti simulacri, sostituiti da megalomania individuale, egoismo e rifiuto della morale. Occorre rivendicare valori come l’altruismo, la collaborazione, il piacere, il locale.

Riconcettualizzare. La mancanza di valori dà luogo ad una visione diversa del mondo. Occorre ridefinire concetti come la ricchezza/povertà, la rarità/abbondanza distinguendo gli elementi reali da quelli di creazione artificiale.

Ristrutturare. Adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori.

Ridistribuire. La ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse ha un effetto positivo sulla riduzione del consumo, per due fattori: ridimensionamento del potere dei consumi del Nord e diminuzione dello stimolo al consumo vistoso.

Rilocalizzare. Segue il principio del “think global, act local” per il quale occ orre produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari ai bisogni delle popolazioni.

Ridurre. Ridurre non significa necessariamente tornare indietro. Significa limitare/eliminare il sovraconsumo ed abbattere gli sprechi. La riduzione noncoinvolge solo le risorse, ma anche aspetti sociali come il tempo dedicato al lavoro.

Riutilizzare/Riciclare. È necessario ridurre lo spreco, combattere l’ obsolescenza delle attrezzature e riciclare rifiuti non riutilizzabili.

Riconoscere la necessità del cambiamento, questa l’aggiungo io, ma questo dovrebbe essere il primo comandamento.




Marco Sclarandis



venerdì 4 dicembre 2015

Figuraccia climatica: La Società Italiana di Fisica dichiara che la scienza del clima non è scienza

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Allora, signor Darwin, qual è l'equazione dell'evoluzione?


Coi negoziati sul clima in pieno svolgimento a Parigi, 14 società scientifiche italiane si sono unite per pubblicare un documento in cui esprimono il loro sostegno ai negoziati della COP 21 e per la necessità di agire contro il cambiamento climatico antropogenico. Tuttavia, una società scientifica era evidentemente assente: la Società Italiana di Fisica (SIF).

Poco dopo, la presidentessa della SIF, professoressa Luisa Cifarelli, ha diffuso una dichiarazione su questo problema sotto forma di uncommento nel blog della Società Italiana di Chimica (SCI). Questo commento non è stato confermato ufficialmente, ma nemmeno smentito, quindi sembra essere reale. Lasciate che riporti qui la sua affermazione iniziale.

La SIF è un’associazione di fisici abituati a considerare leggi fisiche regolate da equazioni più o meno complesse, e risultati espressi con il dovuto livello di confidenza o di probabilità o di verosimiglianza. Questo, del resto, è il metodo scientifico.  

La professoressa Cifarelli prosegue poi affermando che la SIF si rifiuta di firmare un documento in cui alcune affermazioni sono date come certezze e non come possibilità e che la scienza non può essere basata sul consenso e sul “mescolare scienza e politica”. La professoressa conclude che è importante che la Terra venga protetta dall'inquinamento, che che lo studio del clima debba essere “basato sulla fisica”.

Quindi eccoci qua. Ciò che sta dicendo la professoressa Cifarelli è che la scienza è scienza solo se è basata su equazioni. Pertanto, visto che una “equazione del clima” non pare che esista, la scienza del clima non è una scienza. In una sola frase, la professoressa Cifarelli ha rimosso dalla categoria delle scienza legittime tutto quello che va dalle scienze della Terra (qual è l'equazione di dinosauri?) allo studio dei sistemi complessi (qual è l'equazione della Pila di sabbia di Bak?).

Questa è una bella figuraccia per tutta la comunità della Fisica italiana. Anche se diversi fisici italiani hanno fortemente criticato il comportamento della SIF in questa occasione, rimane un duro colpo al prestigio alla comunità della ricerca italiana. Ancora di più se si considera colpi precedenti come l'iniziale sostegno dato al "E-cat" da parte del Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna.

Ma è peggio di così. In un momento in cui abbiamo tutti disperatamente bisogno di sostenere il lavoro degli scienziati del clima per promuovere un cambiamento indispensabile delle nostre politiche, sembra che alcuni scienziati tendano a aggrapparsi a paradigmi obsoleti, per esempio riguardo all'influenza umana sul clima. E' vero che i paradigmi obsoleti tendono ad essere rimossi dalla scienza per mezzo del progresso della conoscenza, ma ci vuole un po' di tempo, come mostra molto bene questa storia.
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Nota: dopo avere scritto questo testo, ho notato un commento firmato Luisa Cifarelli sul blog della SCI. Il commento dice: “Eppure Lei sa bene che la Groenlandia era verde in tempi non sospetti”. Non posso essere certo che questa frase sia stata scritta dalla presidentessa della Società Italiana di Fisica ma, se fosse così, è un'altra notevole figuraccia. 

giovedì 3 dicembre 2015

Evitare la catastrofe climatica: non è così facile come si pensa

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Lo scorso mese, Kevin Anderson ha pubblicato un articolo molto interessante su “Nature Geosciences” (12 ottobre 2015) L'articolo sembra essere a pagamento, ma la maggior parte del testo è riportata nel blog di Anderson. Comunque, ve lo riassuma, perché va al cuore del problema: la transizione NON sarà facile come dice molta gente. Installare doppi vetri ed usare auto ibride non sarà abbastanza, proprio per niente, perlomeno finché vogliamo conservare il business as usual in termini di crescita economica.

Per prima cosa, Anderson si pronuncia sui progetti attuali (il grassetto è mio):
Se dovessimo credere a questi titoli ottimisti – ed ampiamente incontestati – ridurre le emissioni in linea con una possibilità da buona a ragionevole di raggiungere l'obbiettivo dei 2°C  richiede un'evoluzione accelerata di allontanamento dai combustibili fossili; non necessita, tuttavia, di una transizione rivoluzionaria nel modo in cui usiamo e produciamo energia. Tali conclusioni provengono da molti Modelli Integrati di Valutazione, che sono strumenti chiave per informare i politici riguardo a futuri alternativi di cambiamento climatico. 

Ma le cose non sono così semplici, secondo Anderson:

Nella maggior parte dei Modelli Integrati di Valutazione, i bilanci di carbonio per i 2°C sono effettivamente aumentati attraverso l'adozione di tecnologie di emissione negativa. Queste tecnologie attualmente sono poco più che ad uno stadio concettuale di sviluppo, eppure sono omnipresenti negli scenari di 2°C. Questo è più evidente che altrove nel database degli scenari dell'IPCC. Dei 400 scenari che hanno un 50% o più di possibilità di un riscaldamento non superiore a 2°C (con tre scenari rimossi a causa di dati incompleti), 344 ipotizzano il successo dell'adozione su larga scala di tecnologie ad emissione negativa. Ancora più preoccupante, in tutti i 56 scenari senza emissioni negative, le emissioni globali raggiungono il picco intorno al 2010, che è il contrario dei dati di emissione disponibili.  

Questo è veramente agghiacciante: sembra che siamo arrivati al punto in cui la geoingegneria è il solo modo che ci rimane per mantenere le emissioni di carbonio entro i 2°C del bilancio di carbonio. Vale a dire, ameno che non usiamo una macchina del tempo per cambiare il passato e far avvenire il picco delle emissioni nel passato. Anderson nel suo blog dice:

Parlando chiaramente, l'intera serie dei 400 scenari del IPCC per una possibilità del 50% o migliore di restare entro i 2°C ipotizza o una capacità di viaggiare all'indietro nel tempo e l'assunzione con successo e su larga scala di tecnologie ad emissione negativa del tutto speculative. Una percentuale significativa degli scenari dipendono sia dal “viaggio nel tempo sia dalla geoingegneria”.

Anderson dice:

Portare avanti un tale percorso di emissioni per i 2°C non può conciliarsi con le affermazioni ripetute ad alto livello secondo le quali per transitare ad un sistema energetico a basso tenore di carbonio “la crescita economica globale non verrebbe fortemente condizionata”

e riassume con:

Concludo che i bilanci di carbonio associati alla soglia dei 2°C richiedono cambiamenti profondi ed immediati del consumo e della produzione di energia

Anderson ha ragione? Penso di sì, perlomeno finché rimaniamo all'interno delle ipotesi intrinseche dei modelli, cioè della crescita economica continua. Cosa dobbiamo fare, quindi? Be' una cosa che Anderson suggerisce nel suo blog è che non siamo stati bravi abbastanza a spiegare la situazione

...rimane una dissonanza cognitiva quasi su scala globale riguardo al riconoscimento delle implicazioni quantitative dell'analisi, anche da parte di molti di coloro che contribuiscono al suo sviluppo. Non siamo semplicemente pronti ad accettare le implicazioni rivoluzionarie delle nostre stesse scoperte e anche se lo siamo, siamo riluttanti ad esprimere apertamente tali pensieri.

Esiste, infatti, un atteggiamento diffuso nella comunità scientifica secondo cui non dobbiamo allarmare le persone riguardo al disastro climatico, che se lo facciamo le persone scapperanno mentre metteranno le mani sulle orecchie cantando “la-la-la” e che, pertanto, dobbiamo continuare a dire che è solo questione di qualche aggiustamento nei nostri modi di vivere e tutto andrà a posto.

Questo approccio non ha funzionato molto bene finora e penso che sia il momento di cambiare strategia. Anni fa, il presidente Kennedy ha detto che se vogliamo andare sulla Luna, “non è perché è facile, ma perché è difficile”. E ha funzionato. Evitare il cambiamento climatico è sicuramente difficile, ma non impossibile. Ci sono dei modi, se siamo disposti a fare sacrifici.