giovedì 30 settembre 2010

Il clima e i nostri corpi II: "in difesa del cibo" di Michael Pollan


In un post precedente ho esaminato il problema di come sia difficile per noi gestire sistemi complessi e basati su feedback come sono il pianeta e i nostri corpi. In entrambi i casi, non ci riusciamo proprio, anzi, stiamo combinando dei veri disastri. Questo lo si vede - fra gli altri esempi - sia per l'epidemia di obesità come per il riscaldamento globale incontrollato. In questo post, esamino la cosa sulla base di un recente libro di Michael Pollan "In difesa del cibo". 


Anni fa, quando abitavo in Giappone, mi capitò di incrociare in un parco di Tokyo delle ragazze occidentali che vendevano aranciata ai passanti. Mi fermai a chiaccherare con loro e venne fuori che erano figlie di impiegati dell'ambasciata americana, che era lì vicino. Erano tutte molto orgogliose di quello che stavano facendo; dal loro punto di vista era un'espressione di iniziativa individuale e di spirito imprenditoriale.

Non mi sembra gli passasse per la testa che per i giapponesi la cosa era disdicevole; altrettanto di come sarebbe per noi mandare i nostri figli a chiedere l'elemosina al semaforo. Gli unici passanti che si fermavano erano dei giovanotti evidentemente più interessati alle ragazze che all'aranciata; tutti gli altri giapponesi erano inorriditi dallo spettacolo.

Chiaccherando con le ragazze, non mi sentii di criticarle per il loro passo falso culturale - in ogni caso non ne sarebbe venuto fuori un incidente diplomatico. Mi provai invece a far notare che - forse - la robaccia che vendevano sotto il nome di aranciata non era il massimo dal punto di vista della qualità. Non poteva esattamente far bene alla salute una roba ottenuta mischiando con acqua una polverina giallastra; sicuramente una miscela di zucchero e coloranti e aromi artificiali. Ma una di loro mi fece vedere orgogliosamente la lista degli ingredienti dicendomi, "Ma no! E' buona; non vedi che è arricchita con vitamina C?"

Questa storia mi è tornata in mente leggendo il libro di Michael Pollan "In difesa del cibo" ("In defense of food").


Il libro è ricco di spunti interessanti non solo sul cibo, ma in generale sul problema di gestirsi sistemi complessi. Per esempio, leggendo Pollan si capisce subito che il caso dell'aranciata sintetica venduta nel parco di Tokyo non è per niente un caso isolato. Sta nella categoria che lui chiama il "riduzionismo alimentare".

Di solito non mi piace la parola "riduzionismo", ma qui mi sembra appropriata. Pollan la riferisce all'abitudine dell'industria di creare cibi spogliati di tutte le loro caratteristiche migliori, per poi "rinforzarli" o "migliorarli" con l'aggiunta di qualcosa che si suppone faccia bene. Nel caso della miscela di acqua, zucchero e coloranti che passava per aranciata in quel parco di Tokyo, il fatto di aggiungere vitamina C all'orribile mistura la nobilitava in qualche modo, rendendola buona e salutare. La faccenda di "fortificare" gli alimenti con vitamine e altre cose è addirittura patologica negli Stati Uniti, ma esiste anche qui da noi. Basti pensare al pane bianco e ai supplementi di fibra alimentare che si vendono entrambi al supermercato.

Questo tipo di fissazione su un singolo elemento non è solo una pratica industriale: è un atteggiamento che gli esseri umani hanno spesso. Di fronte a un sistema complesso, tendiamo a semplificare drasticamente; il che ci porta spesso ad atteggiamenti "riduzionisti," ovvero a ridurre tutto a un solo parametro.

Nel caso dell'alimentazione, abbiamo varie teorie strampalate su cosa mangiare e cosa non mangiare. Un esempio piuttosto datato è quello di "mangiare in bianco." Ma ce ne sono di tanti assai piu moderni; a partire da quella dei santoni indiani che si nutrono di luce e di aria (e c'è chi ci crede!), la dieta della carota viola, quella del pompelmo, quella delle fave di fuca, delle rape, eccetera. (c'è veramente una dieta della carota viola, dette il "supercibo del futuro"!). Questi sono casi un po' estremi, ma evidentemente c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella dieta occidentale, come mostra l'epidemia di obesità che c'è in occidente. Pollan sostiene che questo è dovuto, perlomeno in parte, proprio all'atteggiamento riduzionista prevalente. Uno dei problemi è che l'aggiunta di "nutrienti" più o meno artificiali nobilità alimenti che fanno malissimo alla salute; come appunto la miscela di zucchero e aromi artificiali che passava per aranciata a Tokyo.

Nel suo libro, "In difesa del Cibo", Michael Pollan sostiene un approccio "integrato" oppure "sistemico" al cibo. Dice "eat food"; "mangiate cibo". Ovvero, mangiate cose che i nostri antenati avrebbero riconosciuto come tali (detta in altre parole: non mangiate niente che vostra nonna non avrebbe riconosciuto come roba che si può mangiare). La raccomandazione di Pollan è leggermente più articolata: "mangiate cibo, non troppo, più che altro verdura."  Fra le altre cose, Pollan non è vegetariano e sostiene che siamo geneticamente programmati per mangiare carne; almeno in piccole quantità - cosa che mi trova personalmente d'accordo.

Ma, a parte il fatto di essere vegetariani o no, se ci pensate un attimo lo spirito di questa raccomandazione è in pieno accordo con quella che si chiama la "dinamica dei sistemi". Se vogliamo capire come funziona un sistema, dobbiamo prenderlo tutto intero; non spezzettarlo e pretendere poi di rimetterlo insieme, come se volessimo la rana ancora viva dopo averla vivisezionata. Ovvero, c'è questa profonda verità che il "cibo" è qualcosa di più della somma dei "nutrienti" che lo compongono. Questa è la ragione per la quale non ci nutriamo di pillole, come si leggeva che avremmo fatto nella fantascienza degli anni '50.

Queste considerazioni si applicano bene anche ad altri sistemi complessi. Ci sarebbe molto da dire su come ci stiamo gestendo male il problema climatico per via del nostro atteggiamento riduzionista. L'equivalente, qui, delle varie teorie strampalate è quello di ridurre il problema (appunto, il riduzionismo) a singoli dettagli; da Eric il Rosso al vino in Inghilterra del Medio Evo, fino a considerare che l'elemento fondamentale di tutta la storia sono certi messaggi che alcuni ricercatori si scambiavano 10 anni fa. Da qui, si passa ad attribuire il cambiamento climatico a qualche fattore specifico, per esempio i vulcani, oppure alle macchie solari, o ai raggi cosmici o che altro.  (*)

E, invece, il sistema climatico è un sistema complesso che va studiato in modo scientifico, altrimenti non si capisce niente di come funziona e si fanno degli errori clamorosi - questi errori ci stanno portando al surriscaldamento planetario così come quelli dietetici portano la gente all'obesità. Il nostro pianeta, proprio come i nostri corpi, ha bisogno di un po' di rispetto e di attenzione. Va curato per quello che è, un sistema complesso e delicato che non si presta ad essere maltrattato pensando che si ripari da se. E' una di quelle cose - come il cibo - che vale di più della somma dei singoli elementi che lo compongono.

Il libro di Pollan è pieno di altri spunti interessanti. Vedrò di tornarci sopra in altri post. E' pubblicato da Adelphi in Italiano.




* Curiosamente, la mentalità riduzionista di certa gente è talmente radicata che non riescono nemmeno a capire che può esistere un atteggiamento diverso e più articolato. Ne fa fede l'accusa comunissima agli scienziati di sostenere che "soltanto il CO2" ha effetto sul clima. Non è così, basta leggersi l'ultimo rapporto dell'IPCC per capirlo.


martedì 28 settembre 2010

Il Lupo ha pagato Pierino? Il falso allarme sulla "catastrofe del 2013"




Non potrebbe essere che Pierino gridava "al lupo!" perché era pagato dal lupo stesso? Di certo, gli ha fatto un bel favore. Potrebbe essere che certi casi di evidente allarme esagerato - tipo la "catastrofe elettromagnetica del 2013" - non siano una questione di ingenuità o ignoranza, ma il risultato di un progetto di disinformazione da parte di gente "pagata dal lupo".


Qualche giorno fa, al bar della stazione, mi è capitata fra le mani una copia del quotidiano che va per la maggiore dalle mie parti. Fra le tante fesserie, una mi ha colpito in particolare: la notizia della "catastrofe elettromagnetica del 2013", quando "secondo gli scienziati della NASA" che si sono "riuniti in un summit a Washington" il nostro pianeta sara colpito da "una gigantesca eruzione solare" che causerà danni inenarrabili, eccetera, eccetera. 

Arrivato a casa, non mi ci è voluto molto a capire di cosa si trattava. Molta fatica me la ha risparmiata Paolo Attivissimo, efficiente come al solito con il suo blog "il disinformatico". In sostanza, la storia della catastrofe elettromagnetica del 2013 è una bufala. E' normale che ogni 11 anni circa il sole passi per un massimo di attività. Questo provoca tempeste elettromagnetiche che possono fare danni alle reti di comunicazione. Non è una cosa da trattare come una catastrofe; ci siamo già passati molte volte e non è successo nulla di orribile. Non c'è nessun allarme lanciato dagli scienziati; non c'è stato nessun recente "summit a Washington." Ci sono solo alcune dichiarazioni del ministro della difesa britannico Liam Fox che in una conferenza stampa ha menzionato la vulnerabilità delle reti di trasmissione all'attività solare. Insomma, una bufala quasi totale.

Un punto che non viene fuori chiaramente dal post di Attivissimo è l'origine esatta di questa bufala. Io l'ho letta su "La Nazione" il 23 Settembre e la stessa notizia è stata pubblicata su quasi tutti i maggiori quotidiani; la Repubblica, il Corriere ed altri. Ma tutti questi giornali hanno ripreso la notizia pubblicata il giorno prima (il 22 Settembre) sull'edizione on line della sezione "tuttoscienze" della  "Stampa" del 22 Settembre. Eccola qua; dal blog di Attivissimo.


A sua volta, La Stampa è andata a riprendere una notizia apparsa il giorno prima (il 21) sul Daily Mail, "rinforzandola" in termini di allarme dando per scontate certe cose che la stampa inglese aveva dato soltanto per possibili.

Quindi, l'origine della bufala in Italia si trova in "Tuttoscienze" e Paolo Attivissimo ha scritto una cortese lettera di protesta al direttore della rubrica, Gabriele Beccaria. Quest'ultimo ha risposto mandandolo a quel paese senza tanti complimenti. (trovate la lettera di Attivissimo sul suo blog ma non la risposta, che Attivissimo ha giudicato non pubblicabile).

L'opinione generale di fronte a queste cose è che i giornalisti siano semplicemente degli incompetenti in materia scientifica. Ovvero, che valga la massima "non bisogna cercare di spiegare con dei complotti delle cose che si possono spiegare semplicemente con la stupidità.
La massima è attraente, ma ho l'impressione che non sia valida in tutti i casi. Anzi, che ce ne siano molti dove non vale per niente. Su questa cosa, devo dire che mi trovo più daccordo con Gianluca Freda che con Paolo Attivissimo. Il primo (Freda) vede complotti dappertutto, il secondo, (Attivissimo), cerca di smontarli tutti. In questo caso, io credo veramente che ci sia qualcuno che sta cercando di imbrogliarci senza darlo a vedere. Magari non chiamiamolo complotto, ma è cose come l'allarme sulla catastrofe del 2013 non si spiegano con la semplice ignoranza.
Quelli che gestiscono i media saranno anche ignoranti di scienza, ma sono dei professionisti di alto livello nel loro campo; che è di ottenere il "consenso" del pubblico. Ora, il consenso del pubblico si può ottenere in molti modi e per certe persone importa poco se per questo scopo si usano bugie, distorsioni della verità e cose del genere. E' tutto parte di quell'antica arte che va sotto vari nomi; da quello vecchio e un po' fuori moda di "propaganda" a quello un po' più moderno di "public relations" (PR), che è la stessa cosa. 

Al momento, è in corso una campagna di PR mirata a convincere il pubblico che il riscaldamento globale non esiste, o che non è un problema, o che, comunque, è inevitabile. Il caso del "Climategate" è un esempio dei metodi usati; in questo caso, l"assassinio del personaggio". Ma non è il solo; un altro è quello di sminuire la portata della catastrofe climatica incombente creando ad arte delle catastrofi inesistenti. E' la tattica di Pierino; quello del lupo.
Se ci pensate sopra un attimo, la storia di Pierino e il Lupo è un perfetto esempio di tecniche di PR. Pierino - in pratica -  mette in atto una strategia per indebolire la capacità di reazione dei pastori. Di fronte a una serie di messaggi che segnalano catastrofi inesistenti (arriva il lupo!) i pastori finiscono per non reagire più di fronte alla vera minaccia - quando il lupo arriva per davvero. Nella storia, Pierino fa quello che fa soltanto perché è un po' tonto e si diverte, ma il suo comportamento si spiega molto meglio se assumiamo che era in combutta con il lupo.
Gabriele Beccaria, direttore della sezione "tuttoscienze" de "La Stampa" non è nuovo alla tattica di Pierino, ovvero lanciare allarmi per catastrofi inesistenti. Già lo aveva fatto con l'annuncio di un'imminente era glaciale. Non c'è da stupirsi che ci riprovi con la storia della catastrofe elettromagnetica del 2013. E' tutto parte di una strategia per sminuire la vera catastrofe incombente: quella del riscaldamento globale. 
Quindi, Beccaria è un serio professionista di PR che fa il suo mestiere e lo fa anche molto bene per gli scopi che si è prefisso. Non è certamente un ingenuo e molto probabilmente è il primo a non credere all'allarme che il suo giornale ha lanciato. L'ingenuo, semmai, è chi gli manda una lettera per spiegargli che la catastrofe del 2013 non esiste - come ha fatto Attivissimo. Non c'è da stupirsi che Beccaria abbia risposto come ha fatto; in modo sprezzante. 
Del resto, pensateci un momento: immaginate che le pecore scrivano una lettera al lupo per lamentarsi del fatto che ogni tanto una di loro viene mangiata. Come pensate che risponderebbe il lupo?





venerdì 24 settembre 2010

Il picco della vita sulla terra



Devi adesso alla fine capire di quale universo sei parte e di quale amministratore dell'universo la tua esistenza è un effluvio e che un tempo limite è fissato per te e che se non lo usi per schiarire le nebbie della tua mente, se ne andrà, e tu te ne andrai, e non ritornerà mai più. 
(Marco Aurelio, "meditazioni", Libro II)



Una delle cose che peggiori del dibattito attuale sul clima è come è stato impoverito, banalizzato, addirittura brutalizzato. La scienza del clima è stata trattata come se i suoi risultati dipendessero veramente soltanto da quello che alcuni climatologi si dicevano in lettere scritte 10 anni fa, dal fatto che in Inghilterra si facesse o no il vino nel medio evo, e se a Castelfranco di Sotto oggi faccia freddo o caldo.

Così, la maggior parte del pubblico non ha potuto capire quello che è veramente la moderna scienza del clima - meglio detto la "scienza dei sistemi terrestri": uno dei massimi trionfi del pensiero umano; la grande rivoluzione scientifica del ventunesimo secolo. E' una rivoluzione  alla pari, come profondità e importanza, con quella dello sviluppo della cosmologia nel ventesimo secolo.

La scienza dei sistemi terrestri, e la climatologia che ne è parte, sono incredibilmente affascinanti; di una profondità e una bellezza che si possono apprezzare soltanto entrandoci dentro con un po' di lavoro. Ma per chi ha tempo e voglia di approfondire, i risultati sono addirittura sconvolgenti. E' lo stesso fascino della cosmologia che descrive la nascita, la vita, e la morte dell'universo. La scienza dei sistemi terrestri descrive la nascita, la vita e la morte di un intero ecosistema - il nostro.

Tutto ha una durata limitata in questo universo; anche la vita sulla Terra non sarà eterna. Si sa che la vita dipende dalla luce solare e che il Sole ha ancora svariati miliardi di anni di esistenza. Ma le condizioni che permettono alla vita terrestre di esistere sono molto più ristrette: il sole si scalda lentamente e inesorabilmente, circa il 6% in più ogni miliardo di anni. Prima o poi, la radiazione solare sarà troppo intensa per permettere alla vita sulla Terra di esistere. Quindi, abbiamo davanti ancora poche centinaia di milioni di anni prima che la terra diventi troppo calda per ospitare forme di vita biologiche multicellulari. In altre parole, sembrerebbe che abbiamo passato da un pezzo il picco della vita terrestre.

Siamo partiti, circa quattro miliardi di anni fa, da un sole nettamente più debole dell'attuale (circa il 30% in meno) che scaldava un pianeta Terra la cui atmosfera era molto più densa dell'attuale e conteneva probabilmente 10.000 volte più CO2 di oggi. Ecco l'evoluzione dalla concentrazione di CO2 secondo il lavoro di Franck, Bouman e von Bloh*. Altri autori hanno studiato questo intervallo di tempo, trovando risultati simili



Figura tratta da un articolo di Franck et al. * La linea nera rappresenta la concentrazione di CO2 nell'atmosfera dalle origini dell'ecosfera fino a un miliardo e mezzo di anni nel futuro. I dati per il passato sono incerti, ma probabilmente sono giusti come ordine di grandezza. Le bande colorate indicano i tipi di creature viventi che possono esistere: il rosso indica le condizioni in cui possono esistere soltanto i procarioti (principalmente i batteri). La zona verde indica l'esistenza degli eucarioti monocellulari in aggiunta ai procarioti. La zona marrone indica le creature multicellulari in aggiunta agli altri. Notate la drastica riduzione (la scala è logaritmica) della concentrazione di CO2 nel corso dei miliardi di anni di storia del pianeta. La concentrazione di CO2 si è ridotta in parallelo con l'incremento dell'intensità della ragione solare.



Una volta che abbiamo un modello che definisce la concentrazione di CO2 in funzione del tempo, lo possiamo utilizzare per determinare la temperatura planetaria. Quello che succede è che quando la concentrazione di CO2 scende oltre un certo limite; il suo effetto si riduce e non riesce più a regolare la temperatura. L'aumento di irradiazione prende il sopravvento e la Terra comincia a scaldarsi inesorabilmente. A questo punto, la vita entra in sofferenza, sia perchè c'è troppo poco CO2 per le piante, sia perchè è troppo caldo. Ecco qua i risultati:




Figura tratta da un articolo di Franck et al. (*). La linea verde in alto mostra l'evoluzione delle temperature, nella figura in basso si vede l'andamento della produttività biologica della biosfera. In rosso i procarioti (batteri), in verdegli eucarioti, e in marrone le forme di vita multicellulari. Queste ultime dovrebbero estinguersi totalmente fra circa 700 milioni di anni.


Questi dati sono piuttosto approssimati e i modelli non sono dettagliati; ma l'andamento generale è chiaro. Come vedete, c'è stata una vera e propria esplosione della vita multicellulare circa 500 milioni di anni fa - e in fatti si parla di "esplosione del Cambriano". Ma da quel momento in poi, la vita terestre è stata in declino. Altre simulazioni danno l'inizio del declino un po' più tardi, con la fine del periodo paleozoico, circa 250 milioni di anni fa. Ma, in ogni caso, le creature multicellulari dovrebbero scomparire totalmente entro circa 700 milioni di anni; mentre quelle unicellulari hanno ancora un miliardo di anni e più.

Quindi, c'è stato un vero e proprio "picco" della vita qualche centinaio di milioni di anni fa; quando le condizioni di temperatura e di concentrazione della CO2 erano ottimali. Ma, da allora, siamo in declino e non ci riprenderemo più. Per il tempo dell'estinzione finale, fra qualche centinaio di milioni di anni, il supercontinente Pangea si sarà riformato. E' probabile che le ultime forme di vita multicellulare, animali e piante, spariranno dalle coste all'estremo nord e all'estremo sud di un immenso continente, caldissimo e desertico.

Tutto questo a meno di qualche megaprogetto di geo-ingegneria che raffreschi un po' la terra mantenendo però la concentrazione di CO2 a livelli sufficienti per la fotosintesi. Senza di questo, il destino del nostro pianeta è di essere sterilizzato dalla radiazione solare entro il prossimo miliardo di anni.

Questa storia è veramente affascinante. Certo, forse poco rilevante per chi si preoccupa solo di vecchie email e di complotti climatici, ma ci fa capire come funziona il nostro ecosistema e quanto sia fragile la "finestra" di condizioni che ci fa vivere.

(su questo argomento, potete leggere anche i miei post "Il pianeta di Smeraldo" e "Fra 10 miliardi di anni")


(*) Causes and timing of future biosphere extinction
S. Franck, C. Bounama, and W. von Bloh
Biogeosciences Discussions, 2, 1665–1679, 2005

http://www.biogeosciences-discuss.net/2/1665/2005/bgd-2-1665-2005-print.pdf

martedì 21 settembre 2010

Il visconte sbugiardato (ancora!)


"Lord" Monckton, negazionista climatico, si è fatto notare per tante cose, una delle quali il suo insulto contro John Abraham, colpevole di averlo criticato, che ha definito "una faccia da gambero cotto", oltre che a minacciarlo di querele, mail bombing, e altre cose orribili. Questa sua uscita ha dato origine al concetto di "gamberogate" Dopo le varie demolizioni delle sue affermazioni che ha ricevuto dagli scienziati, possiamo dire che Monckton da questa storia ne è uscito veramente fritto come un gambero


Le affermazioni sul clima di Lord Christopher Monckton, terzo visconte di Brenchley, sono state demolite dal fuoco incrociato di 10 scienziati che si sono messi ad analizzare in dettaglio le sue affermazioni contenute nella testimonianza che ha fatto al congresso degli Stati Uniti questo Maggio. Il lavoro dei 10 scienziati si può leggere qui. E' metodico, dettagliato e devastante. A questo punto, la reputazione del visconte sbugiardato dovrebbe essere ridotta al livello di quella di un invertebrato che si mettesse a discutere di scienza del clima. Ne esce letteralmente fritto; come, appunto, un gambero.

Che il congresso degli Stati Uniti abbia invitato una creatura del genere per una testimonianza ufficiale è già abbastanza vergognoso; lo diventa un po' meno, purtroppo, considerando le creature che vanno per la maggiore da noi a negare il riscaldamento globale e che trovano spazio anche in parlamento.


Sul visconte sgangherato, potete trovare altri miei post a:

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/il-visconte-strampalato-monckton-vuole.html

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/il-visconte-stralunato-gamberogate.html

http://ugobardi.blogspot.com/2010/07/gamberogate-monckton-bollito-si-dibatte.html

Se vi domandate come mai do tanta importanza a Monckton, questo ve lo racconterò in un prossimo post. Qui, mi limito a dire che non va ignorato.

lunedì 20 settembre 2010

Il declino degli orsi polari: i dati non parlano da soli

Il declino delle popolazioni di orsi polari - dal sito "polar bears specialist group" (cliccare per ingrandire). Come si vede, quasi tutte le popolazioni di orsi sono in declino e a forte rischio di futuro declino.

Erano riusciti a imbrogliarci anche sugli orsi polari, facendoci credere che, no, non era vero che spariscono piano piano, insieme ai ghiacci. E invece è proprio vero: i dati sono chiari. Le popolazioni di orsi sono quasi tutte in declino.

Quindi, possiamo stare tranquilli che se ci siamo entusiasmati a vedere il filmato con l'orso e la Nissan (che ho pubblicato ieri), ci siamo entusiasmati per delle buone ragioni. Sono due modi di vedere la stessa cosa: quello di oggi è sulla base dei dati, quello di ieri sulla base delle emozioni.

Credo che sarete daccordo con me che il film è enormemente più efficace della semplice tabella dei dati. In altre parole, i dati non "parlano da se". Bisogna parlare noi per loro; bisogna parlare da esseri umani preoccupati e rivolgendosi ad altri esseri umani. Solo così la comunicazione funziona.

Credo che sia giusto che sia così. Il film è così efficace anche perchè fa leva su dei sentimenti forti; chiamiamoli pure sentimenti "nobili", di rispetto per la natura e per tutto quello che ci circonda. Il messaggio è chiarissimo, bello e potente: se rispettiamo quello che ci circonda, quello che ci circonda rispetterà noi. Tutto qui.

sabato 18 settembre 2010

L'orso e la Nissan



Questo filmato non va preso come niente di scientifico - è semplicemente un bel film, suggestivo e intelligente. Fra le altre cose è uno splendido esempio di pubblicità virale. Troppo bello per non passarvelo (Segnalazione di Massimo de Carlo su "Mondo Elettrico")

venerdì 17 settembre 2010

La vita quotidiana di Cassandra


 Qualcuno, evidentemente, pensa che una vignetta così sia divertente (la scritta in basso dice "come mai nessuno ci prende sul serio?"). Nella vita, bisogna anche tener conto dell'esistenza degli imbecilli e regolarsi di conseguenza.



Alcune note di  Tim Ferriss che credo che si possano applicare a quello che molti di noi stanno facendo per cercare di difendere la scienza dall'ondata di imbecillità montante. Quella che segue non è una vera e propria traduzione, ma una mia libera interpretazione. In fondo, c'è il testo originale in inglese.


1. Non importa quanta gente non capisce quello che scrivi. Sono importanti quelli che lo capiscono.


2. Comunque vada, ci sarà sempre un 10% di imbecilli che prenderà quello che scrivi come un insulto personale e reagirà di conseguenza. Non sei tenuto a dare una risposta.


3. Solo i mediocri sono simpatici a tutti. Diceva Don Milani, "chi ha detto che un prete deve essere simpatico per essere un buon prete?"


4. Se sei veramente bravo a fare quello che fai, qualcuno se ne avrà a male. Questo è il segnale che stai facendo qualcosa bene.


5. Se vuoi migliorare, vai tranquillo che qualcuno ti considererà stupido o pazzo ed è bene che sia così. Anzi, fattene un punto di orgoglio.


6. Vivi bene e fregatene. Non dargli la soddisfazione di vederti arrabbiato.


7. Prenditela calma e continua così.


 Tim Ferriss: 7 Great Principles for Dealing with Haters:
1. It doesn’t matter how many people don’t get it. What matters is how many people do.

“It’s critical in social media, as in life, to have a clear objective and not to lose sight of that,” Ferriss says. He argues that if your objective is to do the greatest good for the greatest number of people or to change the world in some small way (be it through a product or service), you only need to pick your first 1,000 fans — and carefully. “As long as you’re accomplishing your objectives, that 1,000 will lead to a cascading effect,” Ferriss explains. “The 10 million that don’t get it don’t matter.”

2. 10% of people will find a way to take anything personally. Expect it.

“People are least productive in reactive mode,” Ferriss states, before explaining that if you are expecting resistance and attackers, you can choose your response in advance, as opposed to reacting inappropriately. This, Ferriss says, will only multiply the problem. “Online I see people committing ’social media suicide’ all the time by one of two ways. Firstly by responding to all criticism, meaning you’re never going to find time to complete important milestones of your own, and by responding to things that don’t warrant a response.” This, says Ferriss, lends more credibility by driving traffic.

3. “Trying to get everyone to like you is a sign of mediocrity.” (Colin Powell)

“If you treat everyone the same and respond to everyone by apologizing or agreeing, you’re not going to be recognizing the best performers, and you’re not going to be improving the worst performers,” Ferriss says. “That guarantees you’ll get more behavior you don’t want and less you do.” That doesn’t mean never respond, Ferriss goes on to say, but be “tactical and strategic” when you do.
4. “If you are really effective at what you do, 95% of the things said about you will be negative.” (Scott Boras)

“This principle goes hand-in-hand with number two,” Ferriss says. “I actually keep this quote in my wallet because it is a reminder that the best people in almost any field are almost always the people who get the most criticism.” The bigger your impact, explains Ferriss (whose book is a New York Times, WSJ and BusinessWeek bestseller), and the larger the ambition and scale of your project, the more negativity you’ll encounter. Ferriss jokes he has haters “in about 35 languages.”
5. “If you want to improve, be content to be thought foolish and stupid.” (Epictetus)

“Another way to phrase this is through a more recent quote from Elbert Hubbard,” Ferriss says. “‘To avoid criticism, do nothing, say nothing, and be nothing.” Ferriss, who holds a Guinness World Record for the most consecutive tango spins, says he has learned to enjoy criticism over the years. Ferriss, using Roman philosophy to expand on his point, says: “Cato, who Seneca believed to be the perfect stoic, practiced this by wearing darker robes than was customary and by wearing no tunic. He expected to be ridiculed and he was, he did this to train himself to only be ashamed of those things that are truly worth being ashamed of. To do anything remotely interesting you need to train yourself to be effective at dealing with, responding to, even enjoying criticism… In fact, I would take the quote a step further and encourage people to actively pursue being thought foolish and stupid.”
6. “Living well is the best revenge.” (George Herbert)

“The best way to counter-attack a hater is to make it blatantly obvious that their attack has had no impact on you,” Ferriss advises. “That, and [show] how much fun you’re having!” Ferriss goes on to say that the best revenge is letting haters continue to live with their own resentment and anger, which most of the time has nothing to do with you in particular. “If a vessel contains acid and you pour some on an object, it’s still the vessel that sustains the most damage,” Ferriss says. “Don’t get angry, don’t get even — focus on living well and that will eat at them more than anything you can do.”
7. Keep calm and carry on.

The slogan “Keep Calm and Carry On” was originally produced by the British government during the Second World War as a propaganda message to comfort people in the face of Nazi invasion. Ferriss takes the message and applies it to today’s world. “Focus on impact, not approval. If you believe you can change the world, which I hope you do, do what you believe is right and expect resistance and expect attackers,” Ferriss concludes. “Keep calm and carry on!”

mercoledì 15 settembre 2010

Il pianeta di smeraldo



Quando si parla di evoluzione e di vita nel passato, ci vengono in mente le grandi rivoluzioni della vita animale sulla terra: l'esplosione multicellulare del Cambriano, la comparsa e la sparizione dei dinosauri, l'esplosione evolutiva dei mammiferi.

Ci viene meno spesso in mente che le piante hanno avuto una loro storia evolutiva altrettanto - e forse più - importante di quella degli animali. Questa storia ce la racconta David Beerling in questo splendido e affascinante libro dal titolo "Il Pianeta di Smeraldo".

Leggersi questo libro vuol dire immergersi in più di 400 milioni di anni di storia della Terra, da quando le prime piante con radici si sono diffuse sui continenti e di come la loro presenza ha cambiato il pianeta.

E' un fatto che di tutta questa storia affascinante non si può capire niente se non la si vede come parte del "sistema terra", dove il clima, la composizione dell'atmosfera, e la vita sono strettamente legate e interdipendenti fra di loro. Le piante hanno effetto sul clima e il clima ha effetto sulle piante. Il primo grande cambiamento climatico del Fanerozoico (il periodo delle forme di vita complesse) è stata l'era glaciale del Carbonifero, quando il grande sviluppo delle piante terrestri ha rimosso grandi quantità di CO2 dall'atmosfera. Meno CO2 vuol dire meno effetto serra e questo ha raffreddato fortemente il pianeta.

La storia delle piante è strettamente legata alla concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Il CO2 è cibo per le piante, ma la sua concentrazione non può essere troppo alta, altrimenti il pianeta va arrosto. A questo, si aggiunge il fatto che l'irradiazione solare aumenta gradualmente con il tempo - lentamente - circa dell'1% ogni cento milioni di anni. Ma l'ecosistema terrestre deve fare i conti con questo aumento e se la temperatura non deve crescere troppo, bisogna che la concentrazione di CO2 scenda lentamente. E' questa l'"omeostasi planetaria" - Gaia, per intenderci.



 La concentrazione di CO2 durante il fanerozoico, il periodo delle forme di vita complesse. Il crollo delle concentrazioni a circa 350 milioni di anni fa corrisponde alla nascita delle piante con radici che hanno colonizzato i continenti e assorbito una grande quantità di CO2 dall'atmosfera. Il risultato è stato un raffreddamento della terra. Tuttavia, in media la temperatura si è mantenuta costante lungo tutto questo periodo: il calo del CO2 ha bilanciato l'aumento dell'irradiazione solare. (da Università di Columbia)
 

L'omeostasi planetaria avviene attraverso vari meccanismi geologici e biologici che fanno si che la concentrazione di CO2 sia regolata per mantenere la temperatura entro livelli accettabili per la vita terrestre. Il ciclo "lungo" del carbonio è il principale di questi meccanismi: avviene attraverso l'erosione dei silicati che - a sua volta - è fortemente influenzata dalla presenza di piante. La regolazione non è perfetta, anzi, implica forti oscillazioni; ere glaciali e periodi di surriscaldamento planetario. Ma, nel complesso ha mantenuto la temperatura terrestre entro limiti accettabili per tutto il periodo di esistenza della vita sulla terra.

Quindi, l'esistenza delle piante terrestri è un processo di adattamento a condizioni che continuano a cambiare gradualmente. In epoche remote, ci sono stati periodi di CO2 abbondante che hanno reso la terra molto calda. Al tempo dei dinosauri, gli alberi crescevano ben oltre i circoli polari, quando il mare Artico era caldo a sufficienza che ci avremmo potuto nuotare dentro.

Per noi è difficile immaginarci alberi capaci di resistere all'oscurità totale dell'inverno artico, eppure ne abbiamo ritrovato i fossili: sembra che fossero piante a foglia caduca, ben diverse dalle conifere che oggi associamo alle alte latitudini. Difficile anche immaginarsi queste foreste in inverno: buie, spoglie e silenziose per molti mesi di fila. Ci vivevano i "dinosauri polari" creature dai grandi occhi adattati al buio. Forse migravano in inverno, forse andavano in ibernazione.


La foglia fossilizata di un "Glossopteris", un albero che viveva in Antartide 260 milioni di anni fa. Era un albero a foglia caduca, adattato a vivere con sei mesi di oscurità totale ogni anno. (da Discovery channel)

Gradualmente, in tempi geologici, l'aumento della radiazione solare ha portato a una riduzione della concentrazione di CO2 a livelli talmente bassi da mettere in difficoltà le piante a sfruttarla. Così, è nato un nuovo meccanismo di fotosintesi; adattato apposta a queste basse concentrazioni. Si distingue fra "piante C3" (che usano il vecchio meccanismo) e "piante C4" (che usano il nuovo). Non sappiamo esattamente quando si sia evoluto il meccanismo C4 ma molto probabilmente è una cosa recente in termini geologici, meno di 30 milioni di anni fa. (vedi nota in fondo)

E' una competizione sorda della quale ci siamo accorti solo di recente: gli alberi sono, tipicamente, piante C3, mentre le graminacee sono, tipicamente, piante C4. Un qualsiasi bosco che abbia radure e macchie alberate mostra questa competizione. Il C4 funziona meglio ad alte temperature, il C3 a temperature basse. E' per questo che se andate da nord a sud, trovate sempre meno alberi e sempre più erbe. Il fatto che la fotosintesi C4 sia così efficiente è quello che ha reso possibile la rivoluzione agricola degli ultimi 10.000 anni, che usa spesso graminacee (ma non tutte) a meccanismo C4. Ci stiamo rendendo conto ora di quali sono i meccanismi biologici che ci fanno vivere.

Tutto questo e molto di più si trova nella storia del nostro mondo: un intero ecosistema che cambia e continua a cambiare. E' una storia che è vitale non solo per la nostra conoscenza ma anche per la nostra sopravvivenza. I meccanismi che dominano la vita sulla terra sono delicati e andare a modificarli, come noi stiamo facendo bruciando i fossili, cementificando e deforestando, è pericolosissimo. L'ignoranza uccide, si sa.


Nota sul meccanismo C3-C4 della fotosintesi.

La faccenda è parecchio complicata e il nome C4 o C3 si riferisce al numero di atomi di carbonio della catena di una delle prime molecole che si formano. Il modo C4 riesce a concentrare il CO2 all'interno della cellula così da aumentare l'efficienza di conversione dell'enzima fondamentale; una molecola chiamata "Rubisco". Se non c'è abbastanza CO2, il rubisco si può impegnare a spaccare l'ossigeno invece del CO2 ed è energia solare persa inutilmente. D'altra parte, va detto che il modo C3 è più efficiente in termini di sfruttamento dell'energia solare se c'è CO2 in abbondanza.

A proposito di quali piante usano l'uno o l'altro meccanismo, secondo "The Emerald Planet" (p. 181)

"Ci sono oggi circa 7500 specie di piante riconosciute come C4 che occupano circa un quinto della superficie del pianeta e rappresentano il 30% della produttività del pianeta. Di gran lunga la maggioranza sono erbe sub-tropicali, sebbene alcune specie di falasco e di erbe abbiano anche quelle beneficiato dalla rivoluzione C4. Siccome il loro meccanismo biochimico opera nel modo più efficiente ad alte temperature e alte insolazioni, questo confina le piante C4 a climi subtropicali, dove dominano le praterie e le savane. Soltanto una specie arborea è nota per usare il meccanismo C4, il Chamaesyce forbesii che si trova alle Hawaii .. In aggiunta all'albero C. Forbesii le cose più vicine che abbiamo sono alcuni cespugli legnosi che con gli anni diventano simili ad alberi, tipicamente lo Haloxylon aphyllum che vive nei deserti caldi e sabbiosi dell'asia centrale

lunedì 13 settembre 2010

11 settembre: la demolizione controllata delle torri gemelle di New York



Dal programma "Destroyed in seconds" di Discovery Channel. Fa vedere come un incendio di carburante possa distruggere una struttura di cemento armato.


Arrivo con un paio di giorni di ritardo per il nono anniversario degli attacchi dell'11 Settembre. Però, vi propongo lo stesso questo post come una piccola riflessione su questo evento che è stato un esempio notevole di entità "mitopoietica" e che ha messo a dura prova la capacità di discernimento umana. Ovvero, nell'ultimo decennio l'attacco alle torri è stato un generatore quasi continuo di leggende di ogni sorta. Una molto pervicace è quella della cosiddetta "Demolizione Controllata" che vuole che le torri siano state abbattute da cariche esplosive e non dall'effetto dell'impatto degli aerei. (una versione di questa leggenda si trova qui).

Qualche settimana fa, avevo trovato su internet questo filmato che mostra il caso di un'autocisterna carica di combustibile che si è schiantata sotto un ponte autostradale. Dopo un po', il calore dell'incendio che ne è seguito ha indebolito le barre di acciaio del cemento armato e alla fine il ponte cede sotto il suo stesso peso. Questo filmato dovrebbe bastare ampiamente, se mai ce ne fosse stato bisogno, per demolire la teoria della "demolizione controllata" che si basa tutta sull'idea che il calore generato da un incendio di kerosene non dovrebbe essere sufficiente a far crollare una struttura supportata da barre di acciaio.

Bene, in questo filmato i sostenitori della teoria della demolizione controllata troveranno la prova sperimentale che un incendio può benissimo indebolire una struttura di acciaio portante al punto di farla crollare, senza bisogno di esplosivi. Ma, certamente, a molta gente non basterà la prova sperimentale per rinunciare al piacere di una bella leggenda.

sabato 11 settembre 2010

Vincere a furia di link


Questa striscia di "Dilbert" si può leggere come un condensato del tipico dibattito a proposito del riscaldamento globale che si vede quando qualcuno che non ha argomenti scientifici cerca di vincere sommergendo l'interlocutore a furia di link; più o meno a casaccio. Per essere più vicina alla verità, tuttavia, dovrebbe avere almeno una decina di vignette e i link inviati dovrebbero essere parecchie decine. Incidentalmente, la figura con i capelli scuri è un raro ritratto di Claudio Costa. 


Il duello degli ingegneri

I tuoi dati sono deboli
Fa la tua mossa

Ti sto mandando un link
Ti sto mandando tre link

Non ho tempo per questo
Ho vinto!

giovedì 9 settembre 2010

Le scuse del Telegraph a Rajendra Pachauri


Rajendra Pachauri (a destra nella foto) e Al Gore alla cerimonia di consegna del premio nobel per  la pace nel 2007.


Un bel po' di gente ha tradotto in Italiano le accuse fatte dal Telegraph contro Rajendra Pachauri, direttore dell'IPCC, e le ha diffuse in rete con grande gioia e poco discernimento. Ma nessuno si è preoccupato di tradurre in Italiano le scuse che il Telegraph ha fatto a Pachauri per quello che aveva scritto. Allora, lo faccio io.

Sono scuse a denti stretti, ma sono qualcosa. Personalmente, mi auguro che non finisca qui e che gli avvocati di Pachauri glie la facciano pagare a quelli del Telegraph come si meritano per le bugie che hanno detto.


Scuse al Dr. Pachauri (dal "Telegraph" del 21 Agosto 2010)

Il 20 Dicembre 2009 abbiamo pubblicato un articolo a proposito del Dr. Pachauri e dei suoi affari. Non era inteso come un suggerimento che il dr. Pachauri era corrotto o abusasse della sua posizione come capo dell'IPCC e accettiamo che KPMG ha trovato che il Dr. Pachauri non ha guadagnato "milioni di dollari" negli ultimi anni. Ci scusiamo con il Dr. Pachauri per qualunque imbarazzo causato


 
Ulteriori informazioni sul caso Telegraph le trovate nel mio post precedente e in questo articolo del Guardian


Testo originale dal telegraph:


Dr Pachauri - Apology
 

On 20 December 2009 we published an article about Dr Pachauri and his business interests. It was not intended to suggest that Dr Pachauri was corrupt or abusing his position as head of the IPCC and we accept KPMG found Dr Pachauri had not made "millions of dollars" in recent years. We apologise to Dr Pachauri for any embarrassment caused.

mercoledì 8 settembre 2010

Rajendra Pachauri: eroe della scienza del clima



Esistono ancora uomini onesti su questo pianeta: uno e Rajendra Pachauri, direttore dell'IPCC. 


Come direttore dell'IPCC, il pannello per la scienza del clima, Rajendra Pachauri si poteva certamente aspettare di essere bersaglio dei poteri forti che reggono questo pianeta. Forse non si aspettava, però, che l'offensiva contro di lui fosse così violenta e aggressiva. L'attacco a Pachauri ha, in effetti, preso esattamente l'aspetto delle demolizioni dei "nemici del popolo" che usavano una volta in Unione Sovietica.

A Dicembre dell'anno scorso, Il Daily Telegraph ha pubblicato un attacco violentissimo contro Pachauri a firma di Christopher Booker and Richard North. L'articolo è stato successivamente rimosso dal loro sito, ma si trova facilmente su internet, per esempio qui.  Merita di essere letto, perché è veramente una cosa infame. Senza uno straccio di prova, Booker e North qui accusano tranquillamente Pachauri di avere interessi privati nella questione del cambiamento climatico e di avere incassato di conseguenza "milioni di dollari" fra consulenze e tangenti varie ("One subject the talkative Dr Pachauri remains silent on, however, is how much money he is paid for all these important posts, which must run into millions of dollars.")

Pachauri ha prima chiesto una rettifica al Daily Telegraph, che gli è stata negata. Dopodiché si è rivolto a degli avvocati e a un istituto di "auditors" (una ditta chiamata KPMG). Questi ultimi sono andati a fare le pulci, come si suol dire, ai suoi conti in banca.

E' venuto fuori che Pachauri campa quasi soltanto dello stipendio che gli da l'istituto non profit TERI (Tata Energy and Resource Institute). Mi duole dire che lo stipendio annuale di Pachauri (45.000 sterline l'anno)  è più basso di quello di un professore universitario italiano di una certa anzianità.

In aggiunta, Pachauri ha incassato alcuni compensi per certe conferenze, royalties sui suoi libri e altre cosette, per un totale di poche migliaia di euro. Di un premio che ha ricevuto di 200.000 rupie e che si sarebbe potuto legittimamente tenere in tasca, non si è tenuto niente e ha devoluto tutto a TERI. E quanto prende di stipendio per essere direttore dell'IPCC? Zero tondo; esattamente "0".

Insomma, ne è venuto fuori che Pachauri è una persona di specchiata onestà che vive di uno stipendio abbastanza modesto. Altro che i "milioni di dollari" dell'accusa che gli avevano fatto. E il Telegraph è stato costretto, a denti stretti, a togliere dal suo sito le accuse infamanti fatte contro Pachauri e pubblicare una nota di scuse e di ritrattazione.

Purtroppo, come si sa, le bugie fanno il giro del mondo nel tempo che la verità ci mette ad allacciarsi le scarpe. Gli attacchi contro Pachauri non si placano e Richard North ha scritto un altro violento articolo contro di lui dove ribadisce le sue (infondate) accuse e considera una colpa il fatto che Pachauri si è rivolto a degli avvocati per ottenere la ritrattazione dal Daily Telegraph. E' un'inversione dei ruoli fra aggredito e aggressore che ricorda moltissimo, a questo punto, la "polizia del pensiero" di Orwell.

In Italia, tantissimi hanno maltrattato Pachauri sull'onda del primo articolo del Telegraph, ma non mi risulta che per ora nessuno abbia tradotto la ritrattazione o abbia chiesto scusa per le infami accuse contro di lui ripetute in Italiano. Anzi, anche dopo la ritrattazione, c'è chi si è messo all'anima di tradurre le ulteriori accuse del Telegraph;  felici come bambini allo spettacolo di veder continuare il linciaggio mediatico di una brava persona.


Pachauri non è uno specialista di clima, ma è piuttosto un economista di formazione che si è costruito una carriera come esperto in sostenibilità ambientale. Docente a varie università in India e negli Stati Uniti, membro di comitati di enti governativi e privati, presidente di istituti di ricerca e compagnie private. Ha ricevuto molteplici premi internazionali per la sua attività, incluso il premio Nobel come direttore dell'IPCC. E' autore di un gran numero di articoli e di 21 libri, incluso anche un romanzo che ha pubblicato recentemente. E' un vero uomo del rinascimento. La sua biografia la trovate, per esempio, qui. 


Ulteriori informazioni sul caso Telegraph le trovate in questo articolo del Guardian.

domenica 5 settembre 2010

Intervista a Michael Mann


Michael Mann, qui mostrato con uno dei suoi campioni da cui ha ricavato i dati climatologici del passato millennio. Uno dei climatologi più noti al mondo, ha gentilmente concesso un'intervista in esclusiva per "Cassandra." 

Michael Mann è noto in gran parte per il suo lavoro nel campo della paleoclimatologia. Questo lavoro lo ha portato alla scoperta del cosiddetto "hockey stick", o "mazza da hockey", una ricostruzione delle temperature su un arco di circa 1000 anni che mostra una netta discontinuità nell'ultimo secolo, circa, con le temperature in rapida salita in modo mai riscontrato fino ad oggi.

La "mazza da hockey" è stata una parte importante dei rapporti dell'IPCC e la sua importanza per la comprensione della situazione climatica ha reso Mann e il suo lavoro oggetto di attacchi di ogni genere. I tentativi di screditare il suo lavoro sono falliti quando molti ricercatori indipendenti hanno ritrovato risultati molto simili. Anche l'ultima revisione dei dati disponibili ha sostanzialmente confermato questi risultati. Ciononostante, Michael Mann è stato oggetto di una campagna di denigrazione senza precedenti, basata anche sul furto di dati noto come "Climategate;" una cosa che ricorda la caccia alle streghe del Medio Evo.  Michael Mann è stato oggetto di scherno sui canali nazionali americani e anche minacciato più volte di morte dai soliti fanatici.

Ciononostante, Michael Mann continua il suo lavoro con grandissimo coraggio e non si da per vinto. In effetti, via via che il tempo passa, i suoi risultati vengono confermati, come pure la sua integrità personale e come ricercatore.

Ringrazio Michael per il tempo che ha dedicato al modesto blog "Cassandra" ed ecco qui l'intervista
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INTERVISTA A MICHAEL MANN

Dal blog "Effetto Cassandra" 05 Settembre 2010

di Ugo Bardi


1. Prima di tutto, Michael, ci può dire qualcosa sulla sua carriera scientifica? Come è successo che ha cominciato a studiare il clima del passato e gli anelli degli alberi. 

E' stata una strada lunga e tortuosa. Ho cominciato con la fisica; avevo passato tutti gli esami e stavo per cominciare un Ph.D. in ricerca in fisica teorica. Ma il mio cuore era altrove. Volevo lavorare su qualcosa che avesse applicazioni più dirette nel mondo reale. Ho visto che c'erano altre facoltà all'università dove stavo studiando (Università di Yale) che lavoravano in applicazioni della fisica nelle scienze geologiche. In particolare, c'era un professore (Barry Saltzman) che lavorava sul problema di modellizzare il clima terrestre. Questomi sembrava affascinante. Sono andato a parlargli è lui è stato daccordo a prendermi come studente per l'estate. Questo funzionò bene e alla fine sono andato a fare il mio Ph.D. con lui, nel dipartimento di geologia e geofisica. Il mio Ph.D. si è svolto studiando la variabilità naturale del sistema climatico (ovvero le oscillazioni a lungo termine del clima) utilizzando modelli teorici del clima e analisi delle osservazioni disponibili. Il record storico non era abbastanza lungo da permettere di studiare oscillazioni su scala dei secoli. Questo è quello che mi ha portato in origine a studiare i dati "proxy", come gli anelli degli alberi, i coralli, le carote di ghiaccio, eccetera. Queste cose potevano fornire una prospettiva più a lungo termine, anche se incerta, dell'evoluzione del clima terrestre nei secoli. Ironicamente, il mio primo ingresso nei dati climatici proxy non aveva niente a che vedere con il cambiamento climatico di per se.

2. A un certo punto, le deve essere apparso chiaro che la discussione sulla validità dei dati paleoclimatici non era più scientifica ma era diventata politica. Ci può dire quando e come ha scoperto che la disputa era andata ben al di là di un dibattito scientifico?

Beh, dopo che la nostra ricostruzione delle temperature (la cosiddetta "mazza da hockey") era finita in bella evidenza nel sommario per i decisori del rapporto IPCC del 2001, avevamo subito sospettato che saremmo stati oggetto di attacchi da parte dei negazionisti climatici. E loro non ci hanno deluso. La loro strategia è sempre stata quella di attaccare il messaggero, screditare la scienza e gli scienziati e imbrogliare il pubblico. L'abbiamo visto per decenni. E' lo stesso libro di regole che hanno usato per esempio l'industria del tabacco, l'industria chimica e l'industria farmaceutica, tutti quanti l'hanno usato per cercare di screditare la scienza che dimostra gli effetti potenzialmente dannosi dell'uso dei loro prodotti. L'industria dei combustibili fossili, tuttavia, ha portato questa idea a dei livelli ben superiori. Abbiamo letteralmente l'industria più potente che sia mai esistita sulla terra che usa parecchie delle sue risorse per screditare la scienza e confondere il pubblico a proposito degli effetti negativi della combustione dei fossili. La storia non sarà gentile nei riguardi di questi individui pagati dall'industria che hanno cercato intenzionalmente di confondere il pubblico a proposito della realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo.


3. Con la grande confusione creata dalla "mazza da hockey" e da "Climategate" credo che non poca gente si sia convinta - in molti casi credo in buona fede - che lei è un mentitore, un criminale o peggio. Come influisce tutto questo sulla sua vita quotidiana? Per esempio, come lo prendono i suoi studenti?

Beh, mi piace pensare che le persone in buona fede non penserebbero una cosa del genere, quando anche un'esame sommario dei fatti dimostra il contrari. Ma credo che c'è stata una tale campagna di denigrazione, concertata e ben finianziata contro la scienza del clima e gli scienziati, da parte di gruppi industriali e l'estrema destra, che anche persone ragionevoli possono finire per essere piutosto confuse sui fatti. Questa, naturalmente, è l'intenzione della campagna di disinformazione pagata dall'industria. Fortunatamente, ho avuto molto appoggio dai miei studenti, dai miei colleghi all'università, e da scienziati in tutto il mondo che si rendono conto di che cos'è esattamente la campagna di denigrazione lanciata contro di me e contro altri scienziati del clima. Ovviamente, ci sono alcuni individui male informati là fuori che si sono impegnati in attività alquanto antipatiche, come mandarmi note e email di odio. Sfortunatamente, oggi è un fatto della vita che se sei uno scienziato del clima ben noto sarai soggetto a queste tattiche.

4. Credo che noi - intesi come scienziati - dobbiamo aver fatto degli errori seri nella nostra strategia di comunicazione se i negazionisti hanno avuto tanto successo nell'attaccare la scienza del clima. Naturalmente, una delle ragioni è che loro sono guidati da professionisti nel campo delle pubbliche relazioni, molto bravi a questo tipo di campagne. Tuttavia, io credo che la comunità scientifica ha trascurato la comunicazione. Sarebbe daccordo con me su questo punto? E che cosa pensa che dovremmo fare nel futuro per migliorare la nostra strategia di comunicazioni e evitare di rivedere un'altra volta qualcosa tipo il Climategate?

Beh, sono daccordo che la comunità scientifica in certi momenti è stata lenta a capire che esisteva questa campagna di denigrazione ben finanziata e concertata contro di noi, e lenta a fare qualcosa per rispondere. Sull'onda della campagna costruita del "climategate" e gli attacchi contro l'IPCC, molti dei miei colleghi si sono adesso risvegliati e hanno capito che cosa hanno di fronte. Allora, forse c'è qualcosa di buono in questa storia. Io credo che nel futuro vedremo  ben maggiori risorse dedicate a raggiungere il pubblico e a comunicare; incluso ina strategia di risposta rapida contro gli sforzi concertati per denigrare la nostra scienza e gli scienziati.


5. Spesso gli scienziati tendono a cercare l'anonimità. Sembrano credere "i fatti dovrebbero parlare da soli". Invece, i negazionisti si pongono come figure pubbliche. Non sono necessariamente persone simpatiche, ma sanno che il messaggio e il messaggero non possono essere separati e questa tattica ha avuto successo. Personalmente, io credo che questa sia una delle (poche) cose che dovremmo imparare da loro. Lei è daccordo? Crede che sia necessario che tutti quanti lavoriamo per una maggior visibilità personale?

Sono completamente daccordo. Credo che dobbiamo umanizzare la figura dello scienziato con il pubblico. Troppo spesso, gli scienziati sono visti come creature fredde, remote antisociali. C'è sempre qualche pecora nera in tutti i gruppi. Ma nella grande maggioranza dei casi, nulla potrebbe essere più lontano dalla realtà. La campagna professionale di negazionismo ha reclutato e addestrato un quadro di individui carismatici che, anche se dei completi ciarlatani, sono bravi a presentarsi pubblicamente come persone affabili e sono anche molto bravi nella retorica. Gli scienziati sono spesso surclassati da questa gente nei dibattiti e in altri forum pubblici, anche se hanno dalla loro parte la realtà oggettiva e la verita. Questo problema è oggi ben chiaro e ci sono svariati gruppi di persone che cercano di rimediare. Quindi, mi aspetto dei seri sforzi per risolvere questo problema nei prossimi mesi.

6. La paleoclimatologia è una scienza affascinante - peccato che è stata così offuscata dalle stupide controversie sulla "mazza da hockey". A parte questo, tuttavia, la paleoclimatologia va a affrontare un punto fondamentale: la relazione fra gli esseri umani e il loro ambiente. Così, il cambiamento climatico ha effetto sull'uomo, ma anche gli esseri umani cambiano il clima. Abbiamo tanti esempi dove il collasso di una civiltà è stato legato al cambiamento climatico, dai Maya all'impero romano, ma non siamo ancora in grado di stabilire una reazione di causa ed effecto in queste cose. Secondo Ruddiman, gli esseri umani hanno causato cambiamenti climatici fin dall'inizio dell'agricoltura, ma è anche possibile che ci siano stati dei fattori esterni in gioco, come per esempio piccoli cambiamenti nell'irradiazione solare. Ovviamente, questo è un campo ancora nella sua infanzia, ma lei è alla frontiera di questi studi e potrebbe dirci - forse - la sua opinione: esiste una relazione fra attività umana e cambiamento climatico nel passato? E' il cambiamento climatico che causa il collasso delle civiltà, oppure sono le civiltà che creano il cambiamento climatico che le distrugge?


Splendida domanda e mi piacerebbe avere tutte le risposte. Credo che Jared Diamond ha forse affrontato meglio di tutti gli altri alcune delle grandi domande qui nel suo libro "Collasso". Ci sono molti esempi che troviamo nel passato dove gli esseri umani hanno avuto l'abilità di sfruttare e degradare il loro ambiente fino al punto dell'insostenibilità. La distruzione dell'Isola di Pasqua causata dalla deforestazione incontrollata è una delle storie istruttive per l'umanita su questo punto. Bill Ruddiman ha argomentato in modo concincente che l'attività umana (per esempio la coltivazione del riso e la deforestazione) potrebbero aver cominciato a influenzare la concentrazione di gas serra al punto di avere un effetto sul clima già migliaia di anni fa. Questa opinione rimane piuttosto controversa. Quello che non è controverso è che solo entro il secolo passato siamo stati in grado di cambiare il clima in modo spettacolare e su una scala di tempo molto breve. Il rischio principale è proprio la velocità con la quale gli esseri umani stanno influenzando il clima. Gli esseri umani e gli ecosistemi si possono adattare a un cambiamento climatico lento. Non c'è nessun analogo che conosciamo nel passato in cui il clima globale è stato alterato così rapidamente come lo stiamo cambiando oggi. Cosi, navighiamo in acque sconosciute, impegnati in un esperimento fuori controllo e con l'ambiente potenzialmente a rischio.
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Original version

Interview to Michael Mann - by Ugo Bardi 05 Sep 2010 - the Cassandra Blog

1. First of all, can you tell us something of your scientific career? How did you arrive to study tree rings and paleoclimate?
 

It was a long and circuitous route. I started out as a physicist and had passed my exams and was ready to go on and do Ph.D. research in theoretical physics. But my heart was elsewhere. I wanted to work on something that had more obvious world-world implications. I saw that there were other faculty at the university I was studying at (Yale University) who worked on applications of physics to the geosciences. In particular, there was a professor (Barry Saltzman) who was working on the problem of modeling Earth's climate. that sounded fascinating to me. I went and talked with him, and he agreed to take my on as a student for the summer. That worked out well, and I ended up doing my Ph.D. with him, in the department of geology & geophysics. My Ph.D. involved studying the natural variability of the climate system (i.e. the natural long-term oscillations of the climate) using theoretical climate models and analysis of available observations. The historical record wasn't long enough to study possible century-scale oscillations. That's what originally led me to turn to climate proxy data, such as tree-rings, corals, ice cores, etc. they could provide a longer-term, if more uncertain, perspective on the evolution of Earth's climate over the centuries. Ironically, my original foray into climate proxy data had nothing to do with climate change per se!


2. At some point, you must have realized that the discussion about the validity of the paleoclimate studies had turned from a scientific one to a political one. Can you tell us how and when you discovered that the dispute had stepped outside the limits of the scientific debate?

Well, after our temperature reconstruction (the so-called "Hockey Stick") was featured in the very prominent IPCC summary for policy makers in 2001, we suspected we would be subject to attack by climate change deniers. And they haven't disappointed. Their strategy has always been to attack the messenger, discredit the science and scientists, and fool the public. We've seen this for decades. Its the same playbook that for example the tobacco industry, the chemical industry, and the pharmaceutical industry have all used to try to discredit science demonstrating potential adverse effects from the use of their product. The fossil fuel industry has taken it to a whole other level however. We literally have the most powerful industry that ever existed on earth using much of their resources to smear the science and confuse the public about the adverse effects to our world of fossil fuel burning. History will look back most unkindly on industry-funded individuals and groups  who sought to intentionally mislead the public about the reality and threat of human-caused climate change.


3. With the great noise about the "hockey stick" and about "Climategate", many people became convinced - in many cases, I think, in good faith - that you are a liar, a criminal and worse. How does that affect your everyday life? For instance, how about your students?

Well, I like to think that individuals engaged in good faith would think no such thing, as even a cursory examination of the facts demonstrates otherwise. But I do think that there has been such a concerted, well-funded smear campaign against climate science and climate scientists by  industry front groups and the far right, that even some reasonable people may be rather confused now about the facts. That of course is the intent of the industry-funded disinformation campaign. Fortunately, I have had much support from my students and colleagues at the University, and scientists around the world, who recognize the smear campaign against me and other climate scientists, for what it is. Of course, there are some ill-informed individuals out there who have engaged in some rather nasty activities, including hateful note and emails, and the like. Unfortunately, its now a fact of life if you're a prominent climate change researcher that you will be subject to these tactics.


4. I think that we - as scientists - must have made some serious mistakes in our communication strategy if deniers have been so successful in attacking climate science. Of course, one of the reasons is that they are led by professional PR people, very good at this kind of campaigns. Yet, I think that the scientific community has neglected communication - would you agree with me on this point? And what do you think we should do in the future to improve our strategy of communication and avoid seeing again such things as Climategate?

Well, I do agree that the scientific community at times has been slow to recognize the concerted, well-funded smear campaign against us and to do something to fight back. In the wake of the manufactured 'climategate' campaign and the attacks against the IPCC, many of my colleagues have now awakened to what we're up against. So perhaps that is the silver lining in all of this. I think in the future you will see far more resources devoted to outreach and communication, including a rapid response strategy to concerted efforts to smear our science and scientists.


5. Scientists often tend to seek public anonymity. They seem to believe that "facts should speak for themselves". Instead, deniers promote themselves as public figures. They may not be nice people, but they know that the message and the messenger cannot be separated and this tactic has been successful. Personally, I believe that this is one of the (very few) things we should learn from them. Do you agree with me? Do you think we should all acquire a better personal visibility?

I do agree. I think we need to humanize the image of the scientist to the public. Too often, scientists are viewed as cold, disconnected, antisocial beings. There are always a few bad apples. But n the vast majority of cases, nothing could be further from the truth. The professional climate change denial campaign has recruited and trained a cadre of charismatic individuals who, though thorough charlatans, are versed in presenting a public face of affability and are quite skilled rhetorically. Scientists are often out-matched when going up against them in debates and other public forums, even though we have objective reality and truthfulness on our side. This problem is now well recognized, and there are many individuals and groups that are trying to deal with it. So I expect much serious efforts to address this problem in the months ahead.


6. Paleoclimatology is a fascinating subject, too bad that it has been so clouded by silly controversies about the "hockey stick". Apart from that; paleoclimatology goes to explore a fundamental point: the relation of human beings with their environment. So, climate change affects humans but also humans change climate. We have plenty of examples in which the collapse of a civilization has been linked to climate change; from the Maya to the Romans, but we still are not able to establish a relation of cause and effect. According to Ruddiman, humans have been affecting climate from the starting of agriculture, but it is also possible that external factors have been at play as well, for instance small changes in the solar output. Of course, this is a field that is still in its infancy, but you are at the forefront of these studies and you could tell us - perhaps - your opinion: do we find a relation between human activity and climate change in the past? Are civilizations brought down by climate change, or do civilizations create the change that destroys them?

Great questions, and I wish I had all of the answers. I think Jared Diamond has perhaps addressed best some of the larger questions here in his book "Collapse". There are many examples we can look to in the past where human's had the ability to exploit and degrade their environment to the point of unsustainability. The destruction of Easter Island through uncontrolled deforestation is one of the great cautionary tales to humanity in this regard. Bill Ruddiman has made a compelling argument that human activity (e.g. rice cultivation and deforestation) might have begun to influence the concentrations of greenhouse gases to the point of having some climate impact several thousand years back. The claim remains rather controversial. What is not controversial is that only within the past century to we have the means at our disposal to change global climate in a dramatic fashion over such a short timescale. It is really the rate at which humans are influencing the climate which poses the greatest threat. Humans and natural ecosystems can adapt to slow change in climate. There is no analog we know of in the past where global climate has been altered as rapidly as we are changing it today. So we are in unchartered waters, engaged in an uncontrolled experiment with the future of civilization and the environment potentially hanging in the balance.

mercoledì 1 settembre 2010

Freda, o dell'inconoscibile


Gorgia, il filosofo, aveva detto che a) nulla è; b) se qualcosa fosse, non sarebbe conoscibile e c) se qualcosa fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. Questa cosa mi è tornata in mente leggendo il blog di  Gianluca Freda.


In un vecchio racconto di Jorge Luis Borges, si narra la storia di un gruppo di folli fanatici che si riuniscono per costituire una setta segreta che ha lo scopo di impadronirsi del potere per restaurare i tempi andati. Tuttavia, non riescono a mettersi daccordo su cosa siano esattamente i "tempi andati". Va bene tornare al passato, ma quando? Dobbiamo far tornare l'Europa al Medioevo o al tempo dell'Impero Romano?  E perché non ridare l'Italia ai Bizantini o i Balcani ai Turchi?  La Toscana agli Etruschi e l'Iraq ai Sumeri? Insomma, neanche gli schemi più folli possono prescindere dalla logica.

Questa storia mi è venuta in mente quando mi è capitato di leggere un post di Gianluca Freda, autore del blog "blogghete" Personaggio interessante, addirittura affascinante in un senso un po' perverso del termine. Freda ha riassunto la sua posizione in un recente post "Rollo Funebbre" di cui vi riproduco alcuni paragrafi:


... tutte le categorie mentali su cui avevo costruito la mia percezione del mondo erano nella migliore delle ipotesi discutibili, quando non completamente campate in aria. E non lo erano per caso: tutta la mia (la nostra) percezione del mondo era stata edificata dall’apparato dell’informazione su una quantità di assunti falsi o indimostrabili allo scopo di controllare i nostri comportamenti e le nostre reazioni di fronte ad ogni aspetto della vita. E quando dico “tutta la mia percezione”, intendo proprio TUTTA, non semplicemente quella attinente alle trascurabili performance della politica italiana, incarnata dall’uno o dall’altro dei suoi figuranti. Mi accorsi che la cosiddetta “informazione” (giornali e TV) non aveva affatto lo scopo di “informare” l’uomo della strada: al più serviva a condizionarlo e manipolare le sue percezioni, ma la sua funzione principale era quella di operare come strumento di pressione tra gruppi di potere o come canale attraverso il quale i dominanti si scambiano tra loro subdoli messaggi in codice che solo i diretti interessati possono decodificare. 
.. 

E non era solo l’informazione quotidiana: capii con orrore che TUTTA la Storia che ci era stata raccontata sui banchi di scuola era un cumulo di menzogne. Mi accorsi che esistevano “due storie”: quella agiografica e distorta che viene regolarmente propinata agli studenti di ogni età negli appositi falansteri della cultura; e quella “seria”, nota solo ai professionisti, in cui la prospettiva comune sulla stragrande maggioranza degli eventi del passato veniva completamente ribaltata da dati e nozioni che sono di pubblico dominio, ma che vengono tenuti nascosti al grande pubblico o ridotti al silenzio (nei rari casi in cui riescono ad affiorare) dallo strepito dei dobermann dell’ufficialità mediatica. Mi accorsi che buona parte di ciò che crediamo di sapere sulla medicina, sull’astronomia, sulla fisica, sulla biologia era in realtà un cumulo di nozioni astratte, destituite di ogni fondamento scientifico. Capii che i meccanismi che muovono la politica degli stati non hanno nulla a che fare con le favole “fasciste” e “comuniste” che ci hanno abituato ad immaginare. Capii che l’osannata “democrazia” era nella migliore delle ipotesi una narrazione fiabesca scritta con lo scopo di scongiurare ribellioni schiavili. Capii che l’AIDS è una malattia inventata, che i “terrorismi” e i “banditismi” di ogni epoca non sono che la narrazione, ad uso dei lattanti, di complesse strategie geopolitiche che l’umanità non deve conoscere. Capii che perfino la rivoluzione della Terra intorno al Sole non è un dato scientifico oggettivo ma soltanto un’interpretazione, non esente da implicazioni politiche che riflettono un conflitto retrostante tra i grandi gruppi di potere per il controllo dell’immaginario umano.

E' un'esposizione di una chiarezza quasi abbagliante di quello che potrei chiamare il "totalitarismo del complotto" ovvero l'ascesa del complotto ad abbracciare l'intera realtà. Freda non crede alle versioni ufficiali dell'AIDS, degli attacchi dell'11 settembre, dell'Olocausto, del riscaldamento globale causato dall'uomo e - ovviamente - al picco del petrolio. Freda sostiene che "Il picco petrolifero non soltanto è una bufala, ma è una bufala mostruosa, concepita ad arte per giustificare la ferocia predatoria di Stati Uniti e Israele contro il Medio Oriente."

Tutto ciò, come dicevo, è quasi affascinante. Ma c'è un problema: il fatto che i complotti sono come le scatole cinesi: una dentro l'altra e non finiscono mai. I "picchisti" sono dei complottisti anche loro in quanto sostengono che i proclami di abbondanza che arrivano dalle compagnie petrolifere sono una bufala per nascondere il picco del petrolio. Freda, come abbiamo visto, ritiene che la bufala sia il picco. Ma, allora, perché non pensare che la storia che il picco sia una bufala non è anche quello una bufala, messa in giro da chi non vuol far sapere che il picco è reale? E chi urla più forte in favore del picco, non potrebbe farlo per screditare i picchisti? Appunto, scatole cinesi, un gioco di specchi, una serie di ologrammi cognitivi che si guardano in cagnesco e che si urlano vicendevolmente "sono io quello vero!!"

Così, possiamo classificare i complotti in ordine di profondità. Il "complotto di ordine zero" vuole che non ci sia nessun complotto, che tutto sia avvenuto secondo quanto ci dicono i media. C'è poi il "complotto al primo ordine" (ordine 1) che vuole che ci abbiano imbrogliato. Il complotto al second'ordine (ordine 2) vuole che il complotto del primo ordine sia stato ordito per nascondere il complotto di ordine zero. E così via, ad infinitum...

Facciamo un esempio: nelle elezioni del 2006, Berlusconi sostenne che c'erano stati dei brogli (complotto al primo ordine). La maggior parte della sinistra sostenne il contrario, ovvero che non c'era stato nessun complotto (complotto di ordine zero) ma alcuni sostennero che Berlusconi strepitava di brogli fatti da altri per nascondere il fatto che i brogli li aveva fatti lui, anche se non gli erano riusciti bene (complotto al second'ordine). Cercando bene, chissa che non si possano trovare dei Berlusconiani che sostengono che chi sostiene che Berlusconi strepitava per nascondere il suo propro imbroglio lo fa per nascondere il complotto che la sinistra ha ordito contro Berlusconi (complotto al terz'ordine). Sono possibili anche ordini superiori di complottismo.

Insomma, viene in mente Baudelaire con la sua "foresta di simboli". O forse la Bibbia con la sua "Vanitas vanitatum et omnia vanitas". Ti vengono in mente le ombre platoniche, l'universo virtuale di "Matrix," la filosofia di Gorgia, il nichilismo, il solipsismo e tante altre cose.

Chissà, forse Freda ha ragione: come facciamo a essere sicuri che i pianeti non girano sorretti da sfere di cristallo e che la fisica Newtoniana non è un invenzione dei fisici per guadagnarsi qualche lucroso contratto di ricerca?

Freda, in effetti, arriva a degli abissi veramente affascinanti:

Succo del discorso: non esistono “fonti attendibili” e tantomeno “autorevoli” per interpretare la realtà. O meglio, sì: ciascuno di noi diventa una “fonte autorevole”, ogni volta che controlla, verifica, analizza, confronta, passa al setaccio ciò che sta leggendo. Ognuno di noi diventa una “auctoritas” quando riesce a crearsi una propria visione soggettiva del mondo fondata sulla ricerca e sul confronto delle informazioni, rinunciando all’idea che la Verità Oggettiva possa essere attinta, senza troppi sforzi, da un’unica fonte. Le fonti servono per bere. Non bevete. Imparate a sintetizzare l’acqua o sarete schiavi per sempre delle multinazionali idriche.

E' il fascino dell'orrido. Mettere in pratica una cosa del genere vuol dire isolarsi completamente dal mondo e autoconvincersi che qualsiasi cosa ti venga in mente li' per li è vera. In sostanza, se ti viene in mente che, per esempio, il riscaldamento globale non esiste, siccome sei tu l'autorità che decide, ne consegue che il riscaldamento globale non esiste.

Strano? Si, ma pensate a quanta gente, la fuori, ragiona esattamente così!

E allora non ci resta che attaccarsi al metodo scientifico come se fosse un ancora, una zattera e un salvagente. Non abbiamo che quello per non cadere nell'abisso dell'inconoscibile.


Nota del 2 Agosto: Gianluca Freda mi dedica un post di risposta intitolato "Cassandra Crossing" Su questo suo commento, farò un ulteriore commento appena possibile.