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mercoledì 23 agosto 2023

Il Progetto Cagnara. Brevi Riflessioni sul Libro del Generale Vannacci

 



Il "Progetto Cagnara" è una definizione di Uriel Fanelli per l'attuale stato della politica in Italia. Siccome non si sa cosa fare, nessuno fa niente. Quindi, per evitare che qualcuno se ne accorga, si tende a buttare tutto in cagnara, un altro modo di mettere in pratica la vecchia leggenda di "Fare Ammuina" dei tempi della marina militare borbonica. 

Uno dei sintomi del progetto cagnara in corso è il libro di Roberto Vannacci, "Il Mondo al Contrario", di cui non avrete potuto evitare di sentir parlare a meno che non viviate in una grotta del monte Athos insieme agli altri monaci. 

Che dire di questo libro? Non vi dirò che l'ho letto, perché non ne vale decisamente la pena. Vi posso dire che gli ho dato una rapida passata, a mio parere più che sufficiente per capire di cosa si tratta. La definizione migliore sarebbe una "Fiera delle Banalità."  A parte il soggetto del Covid, del quale (a suo onore) Vannacci non dice quasi niente, si sente tuttavia in grado di dire sua su quasi tutti i campi possibili e immaginabili dello scibile umano. Vista la difficoltà dell'impegno, difficilmente ci saremmo potuti aspettare di meglio. 

Vi faccio un esempio del contenuto e dello stile della discussione con un paio di paragrafi sull'energia: 

"I pannelli solari e le turbine eoliche non crescono sugli alberi, non germogliano sui campi e non durano in eterno. Una centrale solare ha bisogno, oltre che del sole –che non c’è di notte – di semiconduttori al selenio-germanioo al gallio-arsenico e di silicio raffinato (col deprecato carbone, ovviamente). Una centrale eolica richiede migliaia di magneti permanenti fatti di terre rare come neodimio e disprosio, che generano migliaia di tonnellate di rifiuti tossici per chilogrammo di materiale raffinato. Per entrambe le forme di energia servono inoltre le batterie, che a loro volta richiedono milioni di tonnellate di nichel, cadmio, litio, cobalto e altri minerali."

Ora, se vi intendete un minimo di queste cose, la vostra reazione non può essere che quella che gli Americani chiamano "facepalm" -- ovvero coprirsi la faccia con il palmo della mano per l'orrore (in Italiano, diciamo "mettersi le mani nei capelli"). Sarebbe un'impresa inutile andare a demolirlo parola per parola, anche perché la discussione sull'energia del libro è piuttosto lunga e tutta a questo livello. Ma, per vostra curiosita, le centrali solari NON hanno bisogno di selenio, germanio, gallio, arsenico; non ci sono proprio nei pannelli solari dell'attuale generazione (a parte quantità infinitesime di gallio come dopante). E le "milioni di tonnellate" di cadmio che nelle batterie della generazione attuale non ci sono per niente. Per non parlare poi delle "migliaia di tonnellate di rifiuti tossici" per chilogrammo generate dall'estrazione delle terre rare. Una stima più ragionevole sarebbe "qualche decina di chilogrammi", un erroretto di un fattore 100.000. E così via, ma ci vorrebbe un altro libro intero solo per per spiegare tutti gli errori che il libro contiene.

Tuttavia, è anche vero che da quello che si legge sui social, sembra proprio che la maggioranza degli Italiani non troverebbe nulla di sbagliato in questi due paragrafi (e nei molti altri sullo stesso tono e livello).  Perlomeno su certi argomenti, e forse su quasi tutti, il libro di Vannacci sembra calibrato esattamente sul livello di conoscenza e di percezione della famigerata casalinga di Voghera. (*)

Viene da pensare che questo libro non sia semplicemente il parto di un signore di media cultura che ha deciso di insegnare a tutti cose di cui lui sa poco o nulla. E nemmeno che sia semplicemente un occasione per fare cagnara o ammuina. Piuttostto, che sia un'operazione fatta a tavolino sulla base dei risultati dei sondaggi per intercettare il cosiddetto "pubblico" o magari l'entità nota come "elettore medio". Quali siano gli obbiettivi politici specifici di questa operazione, lo vedremo nel prossimo futuro. Comunque vada, la cagnara non si ferma! 



(*) Il che non va inteso come un insulto rivolto alle signore che abitano a Voghera che non mi risultano essere meno intelligenti o meno colte della media. 

h/t Miguel Martinez

lunedì 8 maggio 2023

Elly Schlein Spiegata agli Americani

Post tradotto dal mio blog in Inglese "The Seneca Effect" 

 

Più di una volta, l'Italia è stata un laboratorio politico che ha influenzato il resto del mondo. Basta pensare a Mussolini e, più di recente, a come un governo guidato da un oscuro burocrate di nome Giuseppe Conte abbia avviato la tendenza dei lockdown a livello nazionale, adottati poi ovunque nel mondo. L'Italia può essere un paese arretrato, ma è un torbido pool memetico che produce microbi memetici. Sopra, vediamo  la signora Elly Schlein, recentemente eletta segretaria del "Partito Democratico" italiano (PD) come mostrata in una recente intervista nell'edizione italiana di Vogue. Penso che sentiremo parlare molto di questa signora in futuro.


Quando Elly Schlein è stata eletta segretaria del Partito Democratico (PD) in Italia, due mesi fa, ho pensato che fosse solo un tentativo disperato di rilanciare un partito che non aveva più niente da dire in politica. Ma  mi sbagliavo. Elly Schlein non è il risultato delle convulsioni di un'organizzazione allo sbando. È una grande innovazione nelle pubbliche relazioni, progettata per rivoluzionare il panorama politico italiano e forse mondiale. 

Fino a non molto tempo fa, i politici tendevano a proiettare l'immagine dell'uomo forte, il "padre della patria" le cui decisioni erano sempre sagge. È un passato che se n'è andato, forse per sempre. Le leve del potere politico si sono spostate verso le oscure lobby che controllano i governi, mentre il compito dei politici è ora principalmente quello di mantenere una parvenza di partecipazione popolare al processo di governo. Insomma, tutta immagine e niente sostanza. 

La signora Schlein è parte di questa evoluzione. È la punta di un'innovativa campagna di pubbliche relazioni lanciata dal PD e dai suoi sponsor, e sta usando la stessa strategia che Silvio Berlusconi, ex premier italiano, ha usato per decenni: non importa quante persone ti odiano: ciò che conta  è quante persone ti votano. 

Così, Berlusconi ha preso di mira le fasce meno colte della popolazione italiana con un'immagine personale di un uomo ricco che poteva fare quello che voleva. Se sei povero, è una figura che potresti sognare di imitare. Molte persone odiavano Berlusconi per la sua immagine, ma lui ha costantemente vinto le elezioni nel corso di una carriera politica decennale. 

Elly Schlein sta facendo qualcosa di simile. Non sta cercando di apparire ai suoi potenziali elettori come "una di noi", ma, piuttosto, "quello che ognuna di noi vorrebbe essere", almeno per il target a cui si rivolge; quella dei giovani occidentali di sinistra. Quindi, proietta la sua immagine di giovane, indipendente, bisessuale, globalista, femminista e, soprattutto, una  donna di successo  che può gestire se stessa e le sue preferenze sessuali come vuole. Tra l'altro, non ha avuto remore a rivelare che si avvale di un " armocromista" una sorta di assistente a 300 Euro/ora per curare gli abbinamenti cromatici degli abiti che indossa. Insomma, l'immagine perfetta del "radical chic", oggi meglio conosciuto con il nome di "woke". E il fatto il fatto che non assomigli a una modella mostra che il suo successo è il risultato delle sue capacità, non del suo aspetto. 

La strategia di PR di Elly Schlein ha avuto molto successo, almeno fino ad ora. Un gran numero di persone "di sinistra" si sono precipitate alla tastiera per  criticarla su tutti i social media per aver tradito la classe operaia  a causa della sua intervista con Vogue, dei suoi vestiti alla moda e della sua assistente armocromista. Sorprendentemente, nessuno di loro si è accorto che stavano facendo esattamente ciò che i responsabili delle pubbliche relazioni di Schlein volevano che facessero. Volevano che attirasse l'attenzione dei media; ed evitare di ripetere l'errore che avevano commesso con lo scialbo ex-segretario, Enrico Letta. Queste brave persone di sinistra insistono a fare lo stesso errore che avevano fatto con Berlusconi: più lo attaccavano, più lo rendevano popolare. Di nuovo, non importa quante persone ti odiano; ciò che conta è quante persone votano per te. 

Certo, la politica non è solo una questione di immagine fisica; devi avere opinioni, programmi e piattaforme. In questo campo Schlein sembra aver compreso il punto critico della politica moderna. Puoi essere criticato per quello che hai detto ma non per quello che non hai detto. Quindi, l'abilità di un politico moderno è saper parlare molto senza dire nulla. Schlein sembra aver padroneggiato questa abilità, almeno da quello che possiamo leggere nella sua recente intervista con  Vogue Magazine . estratti in inglese ). Fa tutto parte dell'immagine: è così che funziona la politica al giorno d'oggi. 

Quindi, penso che stiamo assistendo alla nascita di una nuova tendenza. Si noti come l'immagine di Schlein sia simile a quella dell'ex primo ministro neozelandese, Jacinda Arden. 


Poiché i politici sono un prodotto, l'industria che li produce (l'industria delle pubbliche relazioni) tende a imitare e riproporre prodotti di successo. In un post precedente  ho notato come il leader ucraino Volodymyr Zelensky abbia adottato un dress code molto simile a quello del leader della destra italiana Matteo Salvini. A proposito di Schlein e Arden, si noti come entrambe le donne abbiano volti relativamente allungati, una caratteristica spesso associata a un  aspetto "maschile"Queste donne tendono a produrre un'immagine di indipendenza, fiducia in se stessi e assertività. Al momento, non esiste un esatto equivalente nel panorama politico statunitense, sebbene Alexandra Ocasio-Cortez abbia alcuni elementi di somiglianza con loro. Forse il politico statunitense che assomiglia di più a Schlein è Barack Obama, almeno nel senso di essere un altro esperto nel parlare molto senza dire niente.   

La mia impressione è che a partire dall'Italia, questo tipo di figure politiche femminili fortemente promosse per mezzo di pubbliche relazioni possa presto diffondersi in tutto il mondo occidentale. Non che qualcosa cambierà; avremo solo "persone di facciata" piuttosto che "uomini di facciata" al vertice. E continuiamo a marciare verso il futuro, qualunque esso sia.

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Come ulteriore nota, ecco l'avversaria di Schlein in Italia, Giorgia Meloni, leader della destra. 


È una politica più tradizionale: una classica posizione "populista". È aggressiva e schietta, ma nel complesso proietta un'immagine più "femminile" rispetto a Schlein, e sarebbe difficile immaginarla impiegare un'armocromista personale. La mia impressione è che uno degli scopi della creazione dell'immagine di Elly Schlein fosse quello di preparare un'arma memetica anti-Meloni. Secondo me, se arriva il momento critico, Schlein potrebbe distruggere facilmente la Meloni facendola sembrare una venditrice di frutta in un mercato di provincia. Ma questo lo vedremo.


lunedì 27 marzo 2023

Piccolo lessico di politica ambientale

 

Di  | Mar 6, 2023 | Da "Apocalottimismo"


Cosa in realtà significano le parole usate nei discorsi e nei documenti politici.

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Un succinto lessico per decrittare le parole usate dalla politica parlando di ambiente e dintorni; basato su circa 40 anni di pratica.

Albero: Oggetto pericolosissimo da eliminare prima possibile.
Ambientalista: individuo nemico del progresso, socialmente pericoloso.
Area protetta (tutte le tipologie): Territorio arretrato, in attesa di sviluppo e valorizzazione (v.).
Attivista climatico: Pericoloso terrorista ossessionato dal cambiamento climatico (v.), noto anche come “gretino”.
Biodiversità: suono inarticolato emesso dai nemici del progresso.
Biosfera: Idem
Bosco abbandonato: Superficie boschiva suscettibile di taglio.
Cambiamento climatico: Leggenda urbana molto utile per ottenere fondi per lo sviluppo di nuove attività industriali.
Comitato scientifico: consesso di cattedratici la cui opinione non è comunque rilevante.
Conversione energetica: fonte di finanziamento per incrementare i consumi complessivi di energia.
Decisione politica: So che è sbagliato, ma lo voglio fare lo stesso.
Democratico: Concorde con le mie opinioni.
Ecologia: Attività industriale di raccolta e smaltimento rifiuti.
Ecologico: Prodotto recentemente lanciato sul mercato.
Ente Parco: Organismo politico-amministrativo dedicato allo sviluppo/valorizzazione di un determinato territorio (v.).
Natura incontaminata: Gradevole paesaggio bisognoso di valorizzazione (v.)
Non democratico: In disaccordo con le mie opinioni.
Pista ciclabile: Infrastruttura utile alla valorizzazione (v.) di aree altrimenti vincolate.
Processo partecipativo: Farraginosa procedura che consiste nel convocare persone per informarle tardivamente e parzialmente circa le decisioni già assunte dall’amministrazione e stilare un elenco delle loro lagnanze da seppellire poi in un cassetto.
Progresso: Divinità suprema che si manifesta tramite la crescita dal PIL.
Servizio di vigilanza (riferito alla vigilanza ambientale): Organizzazione paramilitare dedita a disturbare i cittadini nell’esercizio dei loro diritti.
Servizio di vigilanza (riferito ad ogni altro contesto): Prezioso organismo di controllo della cittadinanza.
Sicurezza: Eccellente pretesto per bypassare qualunque ostacolo alla porcata che vuoi fare.
Sostenibile: Parola magica utile per ottenere i finanziamenti pubblici necessari alla valorizzazione privata.
Stato di emergenza climatica: Formula priva di significato, ma necessaria per sbarazzarsi di imberbi gretini (v.)
Sviluppare: Costruire qualunque cosa, ma costruire.
Valorizzare: Realizzare un profitto dalla distruzione di una risorsa.
Valutazione di Incidenza o impatto ambientale (Vinca/Vas/Via): Complessa procedura finalizzata a pagare un professionista affinché trovi un modo fantasioso per asserire che il progetto di sviluppo e valorizzazione in questione non ha impatti negativi di sorta.
Viabilità: Divinità ancillare del Dio Progresso.
Vincolo: fastidiosa ed assurda norma che costringe a complicate manovre per valorizzare (v.) un’area.

sabato 30 luglio 2022

Andazzi socio-culturali... Ma come si fa a non essere critici?


Di Fabio Vomiero

« L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare »... E' così che ogni tanto si esprimeva l'indimenticato campione toscano Gino Bartali, uomo di gamba e di cuore, quando si trattava di discutere dei problemi che affliggevano il ciclismo e il mondo dell'epoca o di analizzare criticamente le sue tattiche di gara. Espressione semplice, ma estremamente efficace e quanto mai attuale, caro "Ginetaccio". Sì, perchè nonostante molti non se ne siano ancora accorti e continuino a dormire sonni tranquilli comodamente sdraiati nel conforto dei loro personali micromondi, la situazione sistemica non è per niente promettente, anzi.

Ma non staremo qui a fare la solita conta dei diversi problemi conclamati che affliggono il nostro mondo, tutti oramai sanno, o dovrebbero sapere, del cambiamento climatico a forte componente antropica, dell'inquinamento ubiquitario oramai fuori controllo, della sovrappopolazione, della scarsità e della finitudine delle risorse, delle guerre, della disuguaglianza sociale, della povertà e della fame nel mondo, della riduzione della biodiversità, eccetera, eccetera.

Il problema però, è che il semplice "sapere" di quello che sta succedendo nel mondo non è sinonimo di vera comprensione o di consapevolezza, evidentemente, visto che la strategia dell'informazione, della divulgazione e della sensibilizzazione pare non stia affatto funzionando. Sono decenni, infatti, che se ne parla ovunque, nelle conferenze, nelle scuole, nei libri, nelle agende politiche... Risultati? Poco più che zero. Praticamente nessuna dinamica dei parametri ecologici chiave (aumento della popolazione, dei consumi energetici da fonti fossili, delle temperature, dei gas serra, ecc.) ha mai nemmeno minimamente accennato ad una inversione di tendenza. Soltanto parole, o al più qualche timida e disorganizzata azione coerente, utile per tentare di ripulire le coscienze, più che l'ambiente.

D'altra parte, anche la recente e drammatica esperienza sociale della pandemia da virus SARS-CoV-2 dovrebbe avere evidenziato con chiarezza i limiti dello status cognitivo delle nostre società. Si è passati, infatti, dall'iniziale paura e sconcerto (lockdown totale), alla solidarietà e all'ottimismo (vogliamoci tutti bene che andrà tutto bene), alla sentenza di condanna nei confronti dell'altro (sul rispetto delle regole, no vax), e infine alla quasi completa dimenticanza (tutto come prima, chi se ne frega). Un pattern comportamentale tutto sommato semplice, banale e anche molto prevedibile, in fondo, lo stesso che si realizza di fatto ad ogni evento "catastrofico" (alluvioni, terremoti, Marmolada) ed emblema perfetto di quello che si sta osservando anche a livello ecologico sistemico; ricordatevi sempre il trend dei parametri chiave.

Facciamo un altro esempio... La guerra in Ucraina. Bene, la Russia (anzichè Putin) ha invaso l'Ucraina, un Paese sovrano e democratico (Paese comunque pieno di problemi sociali), quindi la Russia è cattiva, imperiale, mangia i bambini e quindi deve essere punita e noi (noi chi... italiani, ucraini, americani, occidentali?) dobbiamo vincere la guerra e sconfiggere la Russia. Se poi qualcuno fa notare che le cose sono evidentemente molto più complesse di così, che ci sono dei motivi causali ovviamente di corresponsabilità che occorrerebbe chiarire e che non è questo il modo (vincere la guerra e distruggere il nemico) per gestire la pace e i rapporti nel complesso mondo di oggi e di domani, allora costui è un "filoputiniano", come il poveretto che paralizzato dalle proprie paure insuperabili non vuole farsi il vaccino a m-RNA anti-Covid e allora è un no-vax (e quindi va punito), o quell'altro che non condividendo la linea politica del governo dei migliori (migliori poi su quale base, con quale criterio?) è allora un disfattista e un irresponsabile.

Ma poi ci sarebbe quantomeno da chiedersi, chi sarebbe veramente "un migliore", magari una persona che con una carica di Presidente del Consiglio cade in fallacie logiche elementari come la "fallacia del falso dilemma", in cui si propongono come soluzioni ad un qualsiasi problema soltanto due alternative estreme, scelte arbitrariamente tra le molte possibili, tipo "o la pace o il condizionatore", oppure, "o ti vaccini o muori"? Ma ci tratta come cretini oppure è lui che proprio non se ne rende conto? Forse è questo il vero dilemma.

E poi si potrebbe anche discutere di questo grande amore popolare per l'autopoiesi delle credenze mitiche e ideologiche, del diffuso pensiero di tipo parmenideo anzichè eracliteo, del perduto rispetto verso la competenza e la preparazione di chi si è fatto il mazzo per studiare e alleggerire per quanto possibile il fardello della propria ignoranza, delle abitudini viziate e scorrette del tutto incoerenti con le problematiche globali, dei paradigmi socio-economici palesemente obsoleti, delle usanze e delle tradizioni che ci si intestardisce a perpetuare a tutti i costi nonostante il mondo cambi velocemente, per esempio come tutte quelle che ancora riguardano l'inaccettabile maltrattamento degli animali, e via dicendo. Di tutto di più, insomma.

Il problema, pertanto, è probabilmente molto più grave e importante di un problema meramente di tipo informativo e conoscitivo o di natura tecnica o tecnologica. Qui si tratta evidentemente di un problema (anche) di "costruzione mentale" (forma mentis). Non siamo per niente abili e allenati nel capire e gestire nè la complessità del mondo, nè la nostra predisposizione sociobiologica di "primate culturale", cioè di animale tra gli animali, per quanto bello, bravo, buono o tutto quello che volete.

Se non ci sforziamo quindi di cambiare l'assetto cognitivo e l'impostazione intellettuale standard, non si va da nessuna parte, almeno dalla prospettiva ecologica, questo oramai dovrebbe essere chiaro, ricordatevi sempre il trend dei parametri chiave che non si è mai spostato di un millimetro da decenni.

Ma se questo è vero, allora il punto fondamentale non è più quello di continuare a spendere sempre più tempo e risorse per informare e sensibilizzare persone cognitivamente impermeabili, o di inseguire l'illusione che saranno dei fantomatici valori morali ideologici a salvarci, ma diventa invece un altro, e cioè la necessità di concentrarsi finalmente sulla nostra vera natura e sul nostro essere. Qual è, infatti, la nostra reale predisposizione comportamentale individuale e sociale? Perchè siamo fatti così? C'è un modo per tentare di ovviare a questo problema bio-strutturale? Si può fare qualcosa in questo senso?

L'eventuale risposta, poi, dovrà essere ricercata come sempre nei fatti e nell'evidenza. Esiste per fortuna uno specifico territorio del sapere che si chiama "scienza", che per sua natura tenta di rinunciare da secoli alla pervasività dei miti e delle ideologie per dedicarsi invece, grazie a una continua revisione di sè stessa e ad un costante raffinamento dei suoi metodi empirici, all'indagine e alla conoscenza del mondo nel modo più affidabile e meno soggettivo possibile.

Del resto sono decenni che per esempio la scienza del clima ci avverte dei rischi concreti del cambiamento climatico antropico, o che le scienze biologiche ed ecologiche evidenziano la fragilità degli ecosistemi e dei cicli biogeochimici e alimentari, oppure ancora che le scienze della nutrizione ci ammoniscono per la nostra condotta alimentare poco salutare ed ecologicamente sconveniente.

C'è assolutamente bisogno pertanto di più scienza e meno ideologia, ma anche della consapevolezza del fatto che soltanto una reale rivoluzione intellettuale e culturale a questo punto potrà essere foriera di grandi cambiamenti nel modo di affrontare e di gestire i problemi sistemici. Una sfida titanica che non potrà non passare almeno per una revisione completa dei programmi scolastici, del modo di insegnare le scienze (perchè non è sufficiente studiarle, ma è necessario appropriarsene), e delle linee programmatiche delle agende politiche, investendo su persone sagge e intelligenti, che siano esse stesse garanti di un dimostrato cambiamento di mentalità e di prospettiva.

Un processo ambizioso che, comunque sia, se anche fosse studiato e ipoteticamente implementato fin da subito, potrebbe portare a qualche risultato significativo non prima di qualche decina d'anni, almeno.

Ecco perchè, personalmente, sono molto poco ottimista in termini di sviluppo sostenibile e di transizione ecologica, anche perchè, se anche "noi occidentali" e qualcun altro riuscissimo in qualche modo incredibilmente a rinsavirci, rimarrebbe comunque insoluto il problema delle popolazioni di vaste aree del mondo che devono paradossalmente confrontarsi con una serie di aspetti che hanno ancora a che fare più con una loro sopravvivenza decente, che con la loro intellettualità.

 



martedì 24 maggio 2022

La trappola di Saddam: vincere per scacco matto

 

Lunedì 2 maggio 2022

di Ugo Bardi

Il gioco degli scacchi non è una simulazione realistica di una battaglia. Ma, su un punto, può fornire un indizio fondamentale: le guerre sono soprattutto una questione di comando e controllo. Uccidere o neutralizzare il leader (il re) può causare il collasso delle forze militari del paese. Nei tempi moderni, i leader vengono raramente uccisi dai loro nemici, anzi, sono controllati, a volte in modi subdoli che li coinvolgono in azioni sciocche o controproducenti. 

 

Se il mondo è una scacchiera gigante, i capi delle maggiori potenze equivalgono al "re" degli scacchi. È opinione comune che qualunque cosa venga fatta nella gigantesca lotta, sia fatta per ordini specifici del grande leader, che sia Putin, Biden, Xi Jinping, o chiunque controlli – o si dice che controlli – un paese.  

Questa percezione apre una strategia simile agli scacchi che consiste nell'eliminare il leader nemico. Ma raramente è una buona idea. A differenza di quanto accade negli scacchi, il leader ucciso può essere trasformato in una figura eroica dalla propaganda, e poi sostituito da un altro che potrebbe essere ancora più bellicoso. Quindi, una strategia migliore potrebbe consistere nel controllare i leader nemici, cosa che non puoi fare negli scacchi. Se riesci a convincere il tuo nemico a fare scelte strategiche sbagliate, sei a metà strada verso la vittoria (Sun Tzu non ha mai detto niente del genere nel suo "L'arte della guerra ", ma avrebbe potuto farlo). 

Quindi, vediamo se possiamo trovare esempi storici di questa strategia applicata con successo nel recente passato. Posso proporne almeno tre. 

1. Luigi Napoleone (Napoleone III), 1808 – 1873Il nipote di Napoleone Bonaparte, divenuto imperatore dei francesi, è una figura così affascinante che gli ho dedicato almeno tre post (vedi sotto). Il suo fascino deriva dal fatto che era completamente, totalmente e irrimediabilmente incompetente. Tutte le sue decisioni sembravano mirare a rovinare le restanti possibilità per la Francia di diventare una potenza mondiale. Uno fu particolarmente disastroso: quando Luigi Napoleone aiutò il re piemontese, Vittorio Emanuele II, a sconfiggere gli austriaci e poi a unificare l'Italia in un unico regno. Il risultato fu la creazione di uno stato antagonista che bloccò per sempre tutti i tentativi della Francia di espandersi in Nord Africa. Luigi Napoleone era controllato dai piemontesi? Sembra che lo fosse: il controllo prese la forma dell'opera della contessa di Castiglione, Virginia Oldoini, una delle donne più belle dell'epoca. Fu mandata in Francia dal cugino, Camillo Benso conte di Cavour, il Primo Ministro del governo piemontese, con l'esplicito scopo di diventare l'amante di Luigi Napoleone e influenzarne le decisioni. È difficile dire quanto sia stata efficace la signora Oldoini, considerando che Luigi Napoleone ha preso molte decisioni sbagliate anche prima di conoscerla. Ma possiamo almeno sospettare che abbia avuto un ruolo nel plasmare il mondo come è oggi. 

2. Benito Mussolini, 1883 – 1945Si può dire che i suoi primi anni di leadership siano andati abbastanza bene. La svolta per lui sembra essere stata l'invasione dell'Etiopia nel 1935. Ancora oggi ci si può chiedere come sia stato possibile che il governo italiano abbia impegnato il paese nella conquista di un territorio che non aveva alcun interesse per l'economia italiana e che, molto peggio, era un fardello gigantesco per le casse dello Stato. Doveva essere ovvio che le forze militari di stanza in Etiopia non potevano essere rifornite in caso di un conflitto su vasta scala ed erano destinate a essere sconfitte. Che è esattamente quello che è successo. L'idea di invadere l'Etiopia era stata "piantata" nella mente di Mussolini dai servizi segreti britannici? Se così fosse, sarebbe stato un trucco geniale per assicurarsi che il potere militare italiano fosse diviso e indebolito. Difficile pensare che Mussolini potesse essere controllato usando le donne: era un famoso donnaiolo e ne aveva in abbondanza. Ma sappiamo che i servizi segreti britannici lo avevano pagato per spingere il governo italiano a unirsi agli Alleati durante la prima guerra mondiale. Poi, nel 1925, la Gran Bretagna aveva accettato di firmare uno "scambio di note" con l'Italia per quanto riguarda l'Etiopia. Conosciuto come "Accordo anglo-italiano", in sostanza, diceva: "se vuoi invadere l'Etiopia, vai avanti, non muoveremo un dito per fermarti". Ciò aprì a Mussolini la strada per mettere in pratica una sua idea folle: quella di ricostruire l'antico impero romano, magari con lui stesso incoronato imperatore. Invece, è finito impiccato per i piedi, ma è così che funziona la storia. Per inciso, la rimozione di Mussolini dal potere nel 1943 è un notevole esempio di una strategia di decapitazione simile a quella degli scacchi nei tempi moderni. Senza un leader, le forze armate italiane si sono sbandate e hanno cessato di combattere. 

3.  Saddam Hussein, 1937-2006Hussein è stato un altro leader notevolmente incompetente che ha impegnato il suo paese in una guerra disastrosa contro il vicino Iran, probabilmente pensando a se stesso come l'erede dei leader arabi che avevano conquistato l'Iran durante il VII secolo d.C. Il suo destino arrivò quando prese un'altra decisione disastrosa, quella di invadere il Kuwait nel 1990. È risaputo che, prima di invadere, Hussein incontrò l'ambasciatore americano in Iraq, April Glaspie. Abbiamo le trascrizioni della loro discussione: sebbene la signor Glaspie non abbia mai scoraggiato esplicitamente Hussein dall'idea di invadere il Kuwait, non ha nemmeno menzionato che gli Stati Uniti sarebbero stati contrari. Poi, sicuramente, non è stato trascritto anche tutto ciò che è stato detto, e possiamo immaginare che Hussein non avrebbe invaso il Kuwait se avesse immaginato la reazione degli Stati Uniti. Al contrario, potrebbe aver preso quello che l'ambasciatore ha detto come un via libera. Dopotutto, gli Stati Uniti avevano sostenuto l'Iraq nella guerra contro l'Iran, quindi Hussein poteva facilmente immaginare che lo avrebbero comunque sostenuto. Non lo sapremo mai, ma potremmo almeno sospettare che Hussein sia stato incastrato e spinto a fare l'errore che alla fine avrebbe portato alla sua morte e alla distruzione dell'Iraq. 

Ci sono sicuramente altri esempi di decisioni assurde da parte di leader di alto rango. Ad esempio, e alcune persone sostengono che l'attacco giapponese a Pearl Harbor nel 1941 sia stato, almeno in parte, una trappola creata dalla diplomazia americana per mettere i giapponesi in una posizione da cui non potevano più tirarsi indietro. O la decisione di Stalin di invadere la Finlandia nel 1939. Ma questi tre, credo, siano sufficienti per indicare che un leader forte può essere spinto a prendere decisioni sbagliate, sebbene i metodi per farlo non siano semplici. 

Né i soldi né le intimidazioni possono fare molto per controllare i leader di alto livello: stanno cavalcando la tigre, lo sanno bene. Quindi non si possono permettere di apparire deboli o, peggio, come traditori dei loro paesi. Il sesso può essere uno strumento più efficace e la recente storia di Jeffrey Epstein ci dice che molti politici potrebbero avere scheletri nei loro armadi. Ma i leader veramente potenti possono intimidire i loro critici e permettersi di essere donnaioli o pervertiti sessuali. Silvio Berlusconi in Italia è un esempio calzante. 

Quindi, accarezzare un ego esagerato può essere la migliore strategia per influenzare un leader. Tutti i leader dei paesi sono normalmente uomini solitari (molto raramente donne) circondati da persone che non hanno alcun interesse e nessuna convenienza a contraddirli. I leader più anziani possono essere particolarmente sensibili a questo approccio e, sicuramente, invecchiando, le loro capacità mentali non migliorano. Lev Tolstoj ci ha fornito una descrizione notevole di come Napoleone (il primo) abbia commesso errori incredibili semplicemente facendo le cose che aveva sempre fatto e poi scoprendo con orrore che queste cose non funzionavano più (vedi sotto). 

In quest'ottica, la migliore tecnica di controllo per sconfiggere un leader straniero può essere chiamata "La Trappola di Saddam" (potremmo anche chiamarla "Saddamizzazione". Suona male, lo so, ma, proprio per questo motivo, potrebbe essere una definizione adeguata). La trappola di Saddam consiste nell'invogliare il leader a impegnare il Paese in un'avventura militare che, all'inizio, sembra un gioco da ragazzi (cosa potrebbe andare storto con l'invasione del Kuwait?) Poi, si scopre che è una trappola da cui il grande il leader non può districarsi senza perdere la faccia, il che per lui equivale ad ammettere la sconfitta. I leader non possono ammettere la sconfitta, possono solo rilanciare e sperare che fare un errore ancora più grande lo trasformi in un successo. Solo che non sempre funziona. E poi la storia va avanti, spietata come al solito. 

Lo studio della storia può dirci molto sul nostro presente, ma dobbiamo essere cauti nell'interpretare l'attualità secondo somiglianze con i fatti precedenti. E non dimentichiamo che i “grandi leader” sono pochi: la maggior parte dei nostri politici si compra a buon mercato, non abbiamo bisogno di cercare strategie sofisticate per spiegare quello che succede. La corruzione di poche persone nei posti chiave è sufficiente per spingere uno stato a intraprendere azioni che hanno effetti negativi sui cittadini. 

Quindi, non possiamo dire con certezza come esattamente alcuni eventi recenti possano essere interpretati in termini di uno o più leader intrappolati in stile Saddam o, semplicemente, pagati per vendere il loro paese a una potenza straniera. Con il tempo, però, lo sapremo. 

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Post su Luigi Napoleone

Come una cattiva leadership può creare il collasso o renderlo più veloce: lezioni dalla storia europea

Carbone, guerre e belle donne: perché in Italia si parla italiano e non francese

Crimea: dalla guerra mondiale zero alla terza guerra mondiale


Lev Tolstoj: Guerra e pace.



Napoleone provava una sensazione di depressione come quella di un giocatore sempre fortunato che, dopo aver sbattuto denaro incautamente e aver vinto sempre, all'improvviso, proprio quando ha calcolato tutte le possibilità del gioco, scopre che più considera il suo gioco più sicuramente lui ha perso.

Le sue truppe erano le stesse, i suoi generali gli stessi, gli stessi preparativi erano stati fatti, le stesse disposizioni e lo stesso proclama courte et energique , lui stesso era sempre lo stesso: questo lo sapeva e sapeva di essere ora ancora più esperto e abile di prima. Anche il nemico era lo stesso di Austerlitz e Friedland, eppure il terribile colpo del suo braccio era diventato soprannaturalmente impotente.

Tutti i vecchi metodi che erano stati immancabilmente coronati da successo: la concentrazione delle batterie su un punto, un attacco di riserve per spezzare la linea nemica e un attacco di cavalleria degli "uomini di ferro", tutti questi metodi erano già stati utilizzati, eppure non solo non vi fu vittoria, ma da tutte le parti giunse la stessa notizia di generali uccisi e feriti, di rinforzi necessari, dell'impossibilità di respingere i Russi, e di disorganizzazione tra le sue stesse truppe.

Un tempo, dopo aver impartito due o tre ordini e pronunciato alcune frasi, marescialli e aiutanti erano venuti al galoppo con congratulazioni e facce felici, annunciando i trofei presi, i prigionieri, fasci di aquile e stendardi nemici, cannoni e provviste, e Murat aveva solo chiesto il permesso di liberare la cavalleria per radunarsi nei carri dei bagagli. Così era stato a Lodi, Marengo, Arcola, Jena, Austerlitz, Wagram e così via. Ma ora qualcosa di strano stava accadendo alle sue truppe.

Nonostante la notizia della cattura delle fleches, Napoleone vide che questa non era la stessa cosa, per niente la stessa cosa, di quanto era accaduto nelle sue precedenti battaglie. Vide che quello che stava provando lo sentivano tutti gli uomini intorno a lui esperti nell'arte della guerra. Tutti i loro volti sembravano abbattuti, e tutti evitavano gli occhi l'uno dell'altro solo un de Beausset poteva non cogliere il significato di ciò che stava accadendo.

Ma Napoleone, con la sua lunga esperienza di guerra, conosceva bene il significato di una battaglia non vinta dalla parte attaccante in otto ore, dopo che tutti gli sforzi erano stati spesi. Sapeva che era una battaglia persa e che il minimo incidente ora, con la battaglia in equilibrio su un centro così teso, avrebbe potuto distruggere lui e il suo esercito.

Quando ripercorse con la mente tutta questa strana campagna russa in cui non era stata vinta una battaglia e in cui non era stata catturata una bandiera, né un cannone, né un corpo d'armata in due mesi, quando guardò la depressione nascosta su i volti intorno a lui e le notizie sui russi che ancora reggevano la loro posizione, una terribile sensazione come se un incubo si fosse impossessato di lui, e tutti gli sfortunati incidenti che avrebbero potuto distruggerlo gli vennero in mente. I russi potrebbero attaccare la sua ala sinistra, potrebbero sfondare il suo centro, lui stesso potrebbe essere ucciso da una palla di cannone vagante. Tutto questo era possibile. Nelle precedenti battaglie aveva considerato solo le possibilità di successo, ma ora si presentavano innumerevoli sfortunate occasioni e le aspettava tutte. Sì, era come un sogno in cui un uomo immagina che un mascalzone venga ad attaccarlo,

La notizia che i russi stavano attaccando il fianco sinistro dell'esercito francese suscitò quell'orrore in Napoleone. Si sedette in silenzio su uno sgabello da campo sotto la collinetta, con la testa china e i gomiti sulle ginocchia.