lunedì 8 settembre 2014

Il declino della scienza: perché gli scienziati pubblicano troppo

DaResource crisis”. Traduzione di MR


Stiamo vedendo che gli scienziati falliscono malamente a convincere i decisori politici del bisogno urgente di fare qualcosa contro l'imminente disastro causato dal riscaldamento globale. Ma questo è solo un sintomo del declino della ricerca scientifica, disperatamente alla ricerca di finanziamenti ma oppressa dalla burocrazia e da un generale disinteresse da parte del pubblico. In questo testo, sostengo che una delle cause del declino è l'enfasi sulla pubblicazione (la regola “pubblica o muori”) che sta causando un declino della qualità della ricerca scientifica. Sostengo che i saggi scientifici sono diventati una forma di valuta e che soffrono di tutti i problemi che affliggono i moderni mercati finanziari. Sia il mondo finanziario sia quello scientifico hanno sviluppato proprietà “emergenti” che ottimizzano la produttività ma non necessariamente i benefici. In breve, stiamo pubblicando troppo. (immagine sopra da questa pagina

Il mondo scientifico sembra sommerso da un vero e proprio tsunami di articoli di ogni tipo, pieno di urla e strepiti senza  significato. Una situazione che sembra sempre di più simile a quella della cacofonia generale del World Wide Web, inondato da informazione di pessima qualità che soffoca quella buona (sempre che ce ne sia). Questo comincia ad essere un problema serio ed alcuni hanno esplicitamente chiesto che gli scienziati debbano pubblicare un numero minore di articoli, ma di qualità maggiore (come sostenuto, per esempio, da Timo Hannay).

Ma perché ci troviamo in questa situazione? Qual è la causa per cui la scienza è diventata un frullatore di carte? Qui, sostengo che questo è il risultato delle proprietà fondamentali dei sistemi complessi. Questi sistemi generano proprietà emergenti che spesso sono simili in campi che appaiono molto diversi a prima vista. In particolare, le pubblicazioni scientifiche risultano essere molto simili al sistema finanziario mondiale, con tutti i problemi associati di una crescita incontrollata e spreco di risorse. Lasciate che spieghi il mio punto di vista.

Dall'inizio della carriera, gli scienziati vengono spinti a pubblicare, pubblicare e pubblicare. Questa è conosciuta come la regola “pubblica o muori”, che viene applicata per mezzo del processo “peer review” in cui dei colleghi dell'autore hanno l'autorità di accettare o rifiutare l'articolo proposto, o richiedere modifiche. Sembra semplice, ma è molto più complesso di così, con diverse variazioni sul tema del “peer review”, un diverso prestigio delle riviste scientifiche, diversi metodi di diffusione (per esempio di libero accesso o a pagamento) ed altro.

Uno dei problemi del sistema è che il peer review di solito può filtrare i saggi davvero sbagliati o mal concepiti, ma difficilmente può fare la stessa cosa per i saggi che sono semplicemente mediocri. Le limitazioni del peer review sono generate dai metodi di valutazione post pubblicazione arcani (ed inefficaci) che a volte vanno sotto il nome di “scientometria” (da non confondersi con Scientology!!)

Per un non scienziato, l'urgenza di pubblicare e i metodi di pubblicazione della scienza sono cose difficili da capire, ma appariranno del tutto chiare se li confrontiamo a una cosa con cui abbiamo tutti familiarità: la valuta monetaria ordinaria. Esaminiamo allora i molti paralleli in un elenco non esaustivo.

1. Valuta. Il modo in cui intendiamo la valuta monetaria oggigiorno è qualcosa che non ha valore intrinseco: si presenta sotto forma di foglio di carta o di bit nei computer. Ma avere questi bit o pezzi di carta fa guadagnare prestigio e beni di lusso e fa salire nella scala sociale. La situazione è esattamente la stessa per gli articoli scientifici. In sé, potrebbero avere poco o nessun valore, ma più articoli uno scienziato si vede pubblicati, più alto è il suo prestigio e più lei/lui può salire sulla scala scientifica verso posizioni più alte e prestigiose. Gli articoli possono anche portare beni di lusso sotto forma di costose apparecchiature di ricerca (microscopi, acceleratori di particelle, scanner, ecce.).

2. Emissione di valuta. Oggi, le banche centrali sono le entità autorizzate ad emettere valuta monetaria ed hanno l'autorità di stampare un marchio di convalida su un pezzo di carta che altrimenti non avrebbe valore e che poi diventa “soldi”. Nella scienza, la validazione di un articolo è il privilegio degli editori scientifici. Ma chi ha dato agli editori scientifici questa autorità? E' una domanda interessante, a cui è tanto impossibile rispondere quanto rispondere alla domanda chi ha dato alle banche lo stesso tipo di autorità con la valuta ordinaria.

3. Spendere la propria valuta. La valuta ordinaria non ha valore in sé stessa, ma può essere scambiata con ogni sorta di articolo nel mercato. Gli articoli scientifici non sono così facili da riscattare, ma possono essere trasformati in valuta ordinaria usandoli come gettoni per ottenere un salario, avanzamenti di carriera, onorari ed altro.

4.Inflazione. La valuta è famosa per subire all'inflazione; perde parte del proprio valore nel tempo. Gli articoli scientifici sono soggetti allo stesso fenomeno. Gli articoli più vecchi hanno meno valore di quelli nuovi e per mantenere la propria “ricchezza”, come scienziati si deve combattere l'inflazione. Se i vostri articoli invecchiano e non ne viene pubblicato nessun altro nuovo, questi non varranno nulla.

5. Interessi sulla valuta. La valuta ordinaria può essere depositata per acquisire un interesse sotto forma di ulteriore valuta. Per gli articoli scientifici, lo stesso ruolo viene giocato dalle agenzie di finanziamento che trasformano gli articoli scientifici in sovvenzioni alla ricerca, che gli scienziati useranno per produrre ulteriori articoli. E' un classico esempio di retroazione positiva.

6. Analisi. Il valore reale della valuta ordinaria può essere accertato con procedure che potrebbero comprendere il dosaggio chimico di metalli preziosi. Per la valuta di carta, ci sono modi per determinare se sono stati stampati da agenzie autorizzate. Per gli articoli scientifici la validità viene verificata da “arbitri”, scienziati che decideranno se i dati e l'interpretazione riportati sono corretti.

7. Contraffazione scientifica. La valuta ordinaria può essere contraffatta in vari modi, per esempio sotto forma di metalli senza valore al posto di quelli preziosi, sotto forma di banconote stampate da agenzie non autorizzate e sotto forma di valuta legittima – ma senza valore – emessa dalla banca centrale di paesi piccoli e sconosciuti. Nelle pubblicazioni scientifiche, la contraffazione viene praticata da piccoli editori “predatori” che non eseguono lo stesso controllo di plausibilità di quelli istituzionali e potrebbero pubblicare qualsiasi cosa in cambio di un pagamento (in moneta standard) da parte degli autori.

8. I soldi sporchi sostituiscono quelli buoni. Questo è un fenomeno ben conosciuto in tutte le economie, coi soldi che vengono deprezzati riducendo il contenuto di metalli preziosi o stampandone troppo. Nella scienza, stiamo assistendo allo stesso fenomeno con la proliferazione degli editori scientifici – spesso aziende ombra che cercano di fare soldi da scienziati ansiosi di veder pubblicati i loro articoli ma che non ci riescono con le riviste tradizionali. Il risultato è un'inflazione di articoli scadenti che tendono a sommergere il flusso di quelli buoni.

9. Schemi Ponzi e mercato multi-livello. Uno schema Ponzi è una struttura piramidale in cui i livelli più bassi pagano quelli più alti per il privilegio di farne parte. Un schema di mercato multi-livello è simile, ma si paga per il privilegio di essere in grado di vendere un prodotto. Non c'è ragione per cui tali schemi non possano esistere anche nella scienza. Alcuni hanno recentemente avviato riviste che hanno assunto una struttura piramidale che somiglia molto ad uno schema di mercato multi-livello. In questo caso, gli scienziati sono trascinati in uno schema con la lusinga di essere definiti “editori”. Di conseguenza, lavora gratuitamente per l'editore!


Come vedete, le similitudini sono così tante e così evidenti che possiamo dire che il sistema editoriale delle pubblicazioni della scienza moderna è una forma di valuta che esiste e prospera all'interno del sistema che lo ha creato. E' così radicato e così naturale che la maggior parte degli scienziati sembra mostrare poco o nessun interesse riguardo alle sue origini. Eppure, il sistema peer review sembra sia stato sconosciuto un secolo fa (vedete questa osservazione di Michael Nielsen). Per esempio, solo uno dei circa 300 articoli pubblicati da Albert Einstein è passato attraverso il peer review. Il sistema di pubblicazione scientifica che conosciamo oggi sembra essere diventato la regola solo nella seconda metà del ventesimo secolo. E' impressionante che questo sistema sia emerso del tutto da solo senza che nessuno lo pianificasse. E' un “fenomeno emergente”, una delle caratteristiche dei sistemi complessi che tende ad evolvere in modo tale da massimizzare la dissipazione di energia potenziale (vedi, per esempio, Kaila e Annila).

Potremmo dire che il sistema finanziario mondiale si sia evoluto per massimizzare la distruzione delle risorse naturali della Terra, favorendo il loro consumo a velocità molto più elevate della capacità della Terra di riformarle – ovviamente non a beneficio dell'umanità. Potremmo sostenere che il sistema dell'editoria scientifica mondiale si sia evoluto per massimizzare la produzione di un gran numero di mediocri ed inutili articoli. Ancora una volta, ciò non va a beneficio della scienza. Detto semplicemente, stiamo pubblicando troppo!

Questo sistema può essere cambiato? Si parla molto del tema della riforma del sistema finanziario mondiale, proprio come si parla molto della riforma del sistema dell'editoria scientifica mondiale. In entrambi i casi, tuttavia, la riforma sembra essere molto difficile, se non impossibile. Nella scienza, il tentativo ben intenzionato di aprire al pubblico i risultati della ricerca scientifica da parte del sistema “Open Access” sembra aver avuto l'effetto contrario a quello sperato, generando un'ondata di “editori predatori” che favoriscono una dissipazione anche più rapida dei potenziali scientifici aumentando grandemente il numero di articoli mediocri o scadenti. Il sistema finanziario sembra essere persino più impenetrabile a qualsiasi tipo di cambiamento.

Alla fine, sembra che gran parte dei sistemi di questo tipo possono essere riformati solo ricostruendoli dopo che sono collassati. La cosa non sorprende: dopo tutto sappiamo che se combattiamo la termodinamica, la termodinamica vince sempre.




venerdì 5 settembre 2014

Limiti dello sviluppo: ma davvero era possibile che andasse diversamente?

Jacopo Simonetta

Per quasi 50 anni abbiamo ripetuto fino alla nausea che il nostro modello di sviluppo era intrinsecamente suicida e che, se non lo si fosse cambiato in tempo, avrebbe condotto l’umanità ad una catastrofe senza precedenti.  Qualcuno ci ha creduto e molti no.

Di fatto, siamo in orario sulla tabella di marcia.

Ed ora che siamo sommersi da notizie che confermano molte delle più funeste previsioni ci pervade un’ansia crescente che facilmente sfocia in angoscia, panico, depressione o ferocia, a seconda dei casi.
Secondo me, ciò dimostra almeno due cose:

   1- Il sistema socio-economico globale è davvero una struttura dissipativa complessa, vale a dire un sistema termodinamico. Dovrebbe essere una banalità, ma chi pratica un minimo di letteratura economica e politica scoprirà che la maggior parte delle persone ignorano o addirittura negano questo semplice fatto.

   2- Il sistema socio economico globale è totalmente acefalo. Pare strano, ma ad onta di un’intelligenza infinitamente superiore a quella di qualunque altro animale mai esistito, l’uomo ha agito sostanzialmente  come avrebbe fatto se fosse stato privo di qualunque informazione e volontà propria. In altre parole, la sommatoria di parecchi miliardi di cervelli è risultata zero.

Se poniamo una muffa in una scatola Petri con un substrato diversificato, questa comincerà a crescere consumando prima le risorse di migliore qualità e via via le altre.   Nel frattempo, evolverà, “cercando” di sfruttare sempre meglio il sempre meno che le rimane, finché digerirà sé stessa ed Amen.

L’umanità nel suo pianeta ha fatto e continua a fare sostanzialmente questo.  

Fortunatamente, la Terra è un sistema aperto per cui non raggiungeremo mai l’equilibrio termodinamico (alias scomparsa di ogni struttura, vivente o meno) cui ci si avvicina molto nella scatola Petri, ma ciò non toglie che se sostituiamo la parola “tecnologia” con quella “enzimi” la nostra strategia rimane sostanzialmente identica a quella della muffa.

Un fatto che mette a disagio coloro che, come me, hanno predicato invano per decenni.   Che cosa dovremmo fare, da ora in poi?

Molti continuano a mettere in guardia contro un possibile collasso, tacendo pudicamente il fatto che è già iniziato.

Altri, come me, si vanno a rileggere i “sacri testi” della gioventù (Meadows, Georgescu-Roengen, Galbraith, Catton, ecc.) e si domandano: ma davvero era possibile che andasse diversamente?

Autori di vaglia cercano la risposta chi nel ruolo antropologico e simbolico della “macchina”, chi rintracciando le radici della cultura moderna fin nella città medioevale, chi analizzando la termodinamica del sistema produttivo globale, chi studiando il sistema di “pompe di soldi” che muove la finanza mondiale.

Molto più semplicemente, ho fatto alcune riflessioni sull'aspetto demografico della questione, per la semplice ragione che all'atto pratico, sovrappopolazione significa: disoccupazione, deterioramento del territorio e delle risorse, crisi dello stato sociale... Vi ricorda niente?  

Fin da quando, negli anni ‘70,  il problema divenne evidente, l’attenzione fu da subito concentrata sulla necessità di limitare le nascite. In questo modo, si pensava, la crisi di sovrappopolazione sarebbe stata grave, ma passeggera e la fine della crescita demografica avrebbe fermato anche la crescita economica, senza bisogno di dichiararlo troppo apertamente. Magari verso la fine del XXI secolo si sarebbe potuto raggiungere una situazione  “sostenibile”.

Ma non è andata così.
World's mortality rate

 Years
Mortality
Rate %
1950 - 1954
1.97
1955 - 1959
1.74
1960 - 1964
1.56
1965 - 1969
1.34
1970 - 1974
1.16
1975 - 1979
1.09
1980 - 1984
1.03
1985 - 1989
0.96
1990 - 1994
0.94
1995 - 1999
0.90
2000 - 2004
0.88
2005 - 2010
0.85
2011 - 2012
0.83
Dati UN
Un po’  perché i tassi di natalità non sono scesi sufficientemente nella maggioranza dei paesi, ma soprattutto perché la strabiliante crescita demografica della seconda metà del XX° secolo è stata dovuta solo in piccola parte alle nascite.   In gran parte è dipesa, invece, da una spettacolare diminuzione della mortalità; a sua volta conseguenza di un’altrettanto spettacolare miglioramento nella qualità e quantità dei servizi sanitari.
E l’industria sanitaria è forse la più energivora ed inquinante che esista.   Non solo per i servizi che eroga, ma anche per l’apparato di ricerca, sviluppo e produzione che coinvolge massicciamente l’intera società.   Un immensa “macchina” che per vivere e progredire necessita di un substrato socio-economico capace di fornire un flusso continuamente crescente di risorse.  In altre parole, solo il tipo di  crescita economica ed industriale che effettivamente c’è stato poteva consentire un tale progresso della medicina.   Chi, onestamente, sarebbe stato disposto a rinunciarci? 

Passando dal passato al futuro, può forse esserci di aiuto osservare ciò che è accaduto in Europa orientale, ad esempio in Bulgaria.
A partire dai primi anni ’70, il progressivo peggioramento dell’economia e, di conseguenza, dei servizi socio-sanitari e dell’alimentazione, ha causato un progressivo incremento della mortalità, culminato con il collasso delle strutture statali negli anni ’90.   Nei decenni successivi la situazione socio-economica è migliorata e la mortalità diminuita.   E’ interessante notare come vi sia una differenza importante fra uomini e donne, causata dalla molto maggiore incidenza che le morti per violenza, alcolismo, incidenti e suicidio hanno fra i maschi.
Comunque, mentre la mortalità complessiva saliva, la natalità scendeva, per poi tornare a salire quando la situazione è migliorata, ma restando sotto il livello precedente il 1990.   Inoltre, essendo un paese povero e guardingo delle sue frontiere, la Bulgaria ha un tasso di immigrazione negativo. 

Ne consegue che, dal 1990 ad oggi, la popolazione bulgara è in costante diminuzione, contrariamente a quella italiana che, nello stesso periodo, è aumentata di 4 milioni di persone.

Perché è interessante questo? Perché, man mano che la crisi economica peggiorerà e che lo stato taglierà i servizi socio-sanitari, è probabile che succeda qualcosa del genere in tutta Europa. Del resto, in Grecia abbiamo già un incremento della mortalità, associato ad un calo della natalità. Non è bello dirlo, ma questo è uno dei pochi spunti all'ottimismo che la scienza odierna ci fornisce. Quando infatti una popolazione qualsiasi supera la capacità di carico del territorio, la sua crescita può ancora continuare, ma a costo di degradare progressivamente il territorio.   In altre parole, più si rimanda la “resa dei conti”, più questa sarà salata.

E quando la popolazione comincia a diminuire, ci sono sostanzialmente due alternative possibili:
La prima, è che la popolazione diminuisca in modo parallelo o più lento, rispetto al degrado delle sue risorse vitali.   In questo caso non si torna mai ad un equilibrio e si giunge alla distruzione delle risorse ed all’estinzione della popolazione.
La seconda, è che la popolazione diminuisca più rapidamente delle risorse.   In questo caso, dopo un certo tempo, si ritrova un equilibrio.

Purtroppo, la prima ipotesi figura nel celebre modello “World3” che, finora, si è dimostrato spaventosamente affidabile. Ma World3 incorpora fra i suoi algoritmi la teoria della “transizione demografica”  secondo la quale al peggiorare delle condizioni di vita dovrebbe far riscontro un aumento della natalità. L’esperienza reale e recente dell’Europa orientale, ad oggi, è diversa e ci da speranza, perlomeno per i nostri nipoti.  





giovedì 4 settembre 2014

Lo scoppio imminente dello schema Ponzi statunitense di petrolio e gas di scisto

DaOutsider Club”. Traduzione di MR

Nei soli ultimi quattro anni, la produzione di petrolio negli Stati Uniti è cresciuta di un impressionante 46%, aggiungendo 2,4 milioni di barili al giorno – tutto per merito della produzione di petrolio di scisto. Con questo enorme miglioramento della produzione interna di petrolio, c'è un numero sempre maggiore di rapporti che dichiarano che gli Stati Uniti diventeranno energeticamente indipendenti. Secondo l'articolo “La rivoluzione energetica 'Made in America'”:


  • Citibank – L'indipendenza statunitense dalle importazioni energetiche potrebbe anche cominciare alla fine di questo decennio.
  • NIC - National Intelligence Council – Gli Stati Uniti potrebbero diventare un esportatore significativo di energia a partire dal 2020 in poi. 
  • IEA - International Energy Agency – Gli Stati Uniti potrebbero diventare un esportatore netto di gas a cominciare dal 2020 e svilupparsi praticamente diventando un fornitore di energia autosufficiente a partire dal 2035.

Quindi eccole qua... tre organizzazioni ufficiali con previsioni di indipendenza energetica degli Stati Uniti a partire dal 2020 o autosufficienza completa a partire dal 2035. Queste previsioni forniscono un panorama molto ottimistico della produzione di energia statunitense molto in là nel futuro... quindi perché dovremmo preoccuparci?

L'imminente fallimento del boom del petrolio di scisto statunitense 

Con ogni boom arriva inevitabilmente un fallimento. Ciò non è diverso per il petrolio di scisto. La maggioranza della produzione di petrolio di scisto negli Stati Uniti proviene da due giacimenti – Bakken e Eagle Ford. Mentre la produzione è aumentata significativamente in questi due giacimenti, ciò avviene ad un costo enorme. Il tipico pozzo di petrolio di Bakken declina di circa il 40% all'anno. E' giusto – i pozzi di petrolio a Bakken stanno declinando circa dieci volte più velocemente del 4-5% globale medio di cui si parlava precedentemente. Il grafico sotto mostra che Bakken sta perdendo un impressionante 63.000 barili al giorno di produzione rispetto al dicembre 2013. La tendenza rimane ininterrotta fino ad oggi.


Ciò significa che le compagnie petrolifere che trivellano a Bakken hanno dovuto aggiungere più di 63.000 b/g a dicembre se volevano aumentare la produzione... e lo hanno fatto. Secondo la statunitense EIA, Bakken ha aggiunto 89.000 barili di nuova produzione a dicembre 2013. Se guardate il grafico sotto vedrete i +89.000 b/g di nuova produzione meno i 63.000 b/g di declino che corrispondono ad un incremento netto di 26.000 b/g in dicembre.


Noterete sul lato destro di questo grafico che a novembre Bakken stava producendo un totale di 976.000 b/g. Se aggiungiamo i 26.000 b/g di nuova produzione netta di dicembre, il nuovo totale complessivo è di 1.002.000 b/g, oltre un milione di barili al giorno. Anche se Bakken ora produce più di un milione di barili di petrolio al giorno, date un'occhiata a quanto diventerà peggiore il declino di produzione di petrolio nei prossimi anni. Se ipotizziamo che l'attuale tendenza continui, possiamo vedere di quanto declinerà la produzione per la fine del 2015:

Tasso di declino della produzione di petrolio di Bakken:

  • Dic 2009 = -13.000 b/g
  • Dic 2010 = -20.000 b/g
  • Dic 2011 = -30.000 b/g
  • Dic 2012 = -47.000 b/g
  • Dic 2013 = -63.000 b/g
  • Dic 2014 = -80.000 b/g (stimati)
  • Dic 2015 = -97.000 b/g (stimati)

Bakken sta attualmente perdendo circa 17.000 b/g ogni anno di produzione. Così per il 2015 le compagnie petrolifere a Bakken dovranno trivellare sempre più pozzi per sorpassare quei 97.000 b/g stimati di tasso di declino se vogliono aumentare la produzione. Ciò è esattamente ciò che hanno fatto da quando hanno cominciato a trivellare il giacimento petrolifero di Bakken. Non voglio addentrarmi in troppi numeri qui, ma il grafico sotto mostra come siano stati aggiunti molti nuovi pozzi a Bakken dal 2007. Le cifre dei pozzi totali sotto sono della parte del Nord Dakota di Bakken, che produce più del 90% del petrolio di Bakken. Una piccola parte di Bakken si trova in Montana, ma lo stato non pubblica informazioni aggiornate mensilmente


Come potete vedere, c'erano solo 479 pozzi in produzione nel 2008. Questo numero è quasi raddoppiato nel 2009 a 891 pozzi e l'ultimo conteggio è stato di 6.447. Il numero totale di pozzi dovrà continuare ad aumentare se vogliono che Bakken continui a crescere. L'enorme crollo della produzione che sta avendo luogo a Bakken sta avvenendo anche in un altro grande giacimento di petrolio di scisto negli Stati Uniti: Eagle Ford. Il giacimento di petrolio di scisto di Eagle Ford sta sperimentando un tasso di declino persino maggiore di 83.000 b/g a dicembre. Si tratta di 20.000 b/g più di Bakken e continuerà a diminuire anche di più nei prossimi anni. Si tratta dell'elefante nel soggiorno di cui nessuno vuole parlare nell'industria petrolifera – gli enormi tassi di declino.

I giacimenti di petrolio di scisto contengono un certo numero di sweet spots ed una certa quantità di località di trivellazione. Inoltre, più la compagnia trivella lontano dallo sweet spot meno produttivo è il pozzo. Così, una volta che gli sweet spots sono sfruttati e le migliori località trivellate, la produzione raggiunge il picco e declina. David Hughes, un geoscienziato con quasi quattro decenni di esperienza nello studio delle risorse in Canada, compresi 32 anni nel Geological Survey of Canada, di recente ha scritto un rapporto intitolato “La rivoluzione dello scisto: miti e realtà”. Hughes prevede che la produzione di Bakken e Eagle Ford raggiungerà il picco più o meno nel 2016. Si tratta di pochi anni. Questo per quanto riguarda la nozione che avremo decenni di offerta interna a buon mercato e abbondante. Ora che sappiamo che la produzione dei giacimenti di gas di scisto statunitensi raggiungerà più che probabilmente il picco entro i prossimi anni, impedendo al paese di ottenere l'indipendenza energetica, cosa dire della supposta disponibilità di 100 anni di gas naturale che l'industria dello scisto ha gonfiato nei media?

L'industria del gas di scisto statunitense è stata un fallimento commerciale

Il titoletto sopra è una dichiarazione reale di un altro eccellente analista energetico di cui parlerò fra poco. Tuttavia, volevo prima elencare alcuni dei punti in quanto si riferiscono al senso comune riguardo all'industria del gas di scisto statunitense dal rapporto di David Hughes:

La produzione di gas di scisto continuerà a crescere nel prossimo futuro (perlomeno fino al 2040) e i prezzi rimarranno al di sotto dei 4,50 dollari nei prossimi 10 anni e al di sotto dei 6 dollari nei prossimi 20 anni.

Il gas di scisto può rimpiazzare quantità molto sostanziali di petrolio per il trasporto e di carbone per la generazione di elettricità. Fondamentalmente, la visione complessiva che concerne il gas di scisto statunitense da parte dell'industria è: “Ne abbiamo un sacco ad un prezzo molto conveniente”. Mentre non vedo niente di meglio per gli Stati Uniti che diventare energeticamente indipendenti con decenni di petrolio e gas a buon mercato, sembra che l'industria del gas di scisto sia molto meno in forma della sua controparte petrolifera. Questo secondo il nostro killer della prossima montatura sullo scisto ed analista energetico Art Berman. Art Berman, direttore del Labyrinth Consulting Services è un geologo petrolifero con 34 anni di esperienza su petrolio e gas, compresi 20 anni con la Amoco (ora BP) e 14 anni come consigliere geologo. Art è stato uno dei più espliciti critici della montatura dell'energia da scisto negli scorsi anni. Di recente, Art ha fatto una presentazione alla Houston Geological Society dal nome “Riflessioni su un decennio di operazioni statunitensi di gas di scisto”. Nella sua presentazione, Art discute le slide sotto, rivelando la verità sulla redditività del giacimento di gas di scisto di Haynesville. Art dice che col gas naturale a 4,00 dollari (come era allora) non ci sono aree commercialmente praticabili a Haynesville.



Art Mostra che col gas a 6 dollari, solo il 6% di Haynesville (in giallo) è commerciale. Questi dati sono significativi perché il prezzo del gas naturale è stato scambiato su una forbice bassa di 2-4,50 dollari negli ultimi 3 anni. Fondamentalmente, le compagnie che trivellano ed estraggono gas di sciato ad Haynesville hanno perso anche la camicia... vendendo il proprio prodotto per meno del suo costo di produzione. Inoltre, ciò che sta avvenendo a Haynesville sta avvenendo nella maggior parte degli altri giacimenti di gas di sciato del paese. Il giacimento di gas di scisto di Barnett è stato il primo ad essere sfruttato in modo ampio negli Stati Uniti. La Labyrinth Consulting Services ha fatto uno studio approfondito di Barnett, che Art ha incluso in una presentazione intitolata “Gas di scisto: abbondanza o miraggio”? In questo rapporto, ha dichiarato che dei 9.100 pozzi censiti (fra il 2003 e il 2009) del totale di 15.000 pozzi di Barnett, meno del 6% soddisfaceva i livelli di soglia economici minimi. Inoltre, Berman crede che il prezzo di pareggio medio per l'industria del gas di scisto sia da qualche parte fra 6 e 7 dollari. Questo prova che il cosiddetto senso comune secondo cui gli Stati Uniti produrranno gas naturale per i prossimi 10 anni al di sotto dei 4,5 dollari e per i prossimi 20 a 6 dollari è una sciocchezza bella e buona. Capite, questo è il tema comune nell'industria del gas di scisto – una realtà non compresa dall'opinione pubblica americana. I pozzi di gas di scisto soffrono degli stessi tassi declino annuale, o persino maggiori, dei pozzi di petrolio di scisto. Ciò significa che i trivellatori di gas di scisto devono continuare a trivellare più pozzi ogni anno per impedire che la produzione complessiva declini. Facendo questo, l'industria ha portato una grande quantità di disponibilità di gas naturale che ne ha ridotto il prezzo.

Ciò è conosciuto come “il tapis roulant della trivellazione”. Una volta che si comincia, non se ne può uscire, altrimenti la produzione di gas cade in un dirupo. La cosa interessante è che questo risulta essere il brontosauro nel soggiorno di cui l'industria del gas di scisto non vuole parlare. Quindi, in che modo questo disastro dell'energia da scisto non commerciale impatta sulle più grandi compagnie di gas di scisto? Parecchio, come state per scoprire.

Il grande schema Ponzi del gas di scisto

Quelli dell'industria dell'energia probabilmente non userebbero un termine come “Schema Ponzi” per etichettare quello che sta avvenendo nella produzione di gas di scisto statunitense, tuttavia, credo che sia una descrizione perfetta di quello che sta avvenendo. Siccome le compagnie del gas devono spendere una quantità di soldi sempre maggiore in spese di capitale per evitare che la produzione crolli, stanno navigando nel debito. I dati sotto provengono a loro volta dalla più recente presentazione di Berman. Qui possiamo vedere che le grandi compagnie di gas di sciato - Chesapeake, Southwestern, Devon e EOG – stanno spendendo una grande quantità di soldi in spese di capitale di quanto non ne incassino in flusso di cassa dalle operazioni.



Le spese di capitale combinate di queste quattro grandi compagnie di gas di scisto durante il periodo di 5 anni fra il 2008 e il 2012 sono state di 133 miliardi di dollari, mentre il loro flusso di cassa operativo è stato di 80 miliardi di dollari. Quindi il loro flusso di cassa è stato negativo di 53 miliardi di dollari. Il che vuol dire che queste compagnie hanno dovuto acquisire finanziamenti aggiuntivi per andare avanti col “tapis roulant della trivellazione”. Uno dei grandi problemi che affrontano le compagnie con le spese di capitale nell'industria dell'energia da scisto è che non possono rilassarsi e godere i frutti raccogliendo una grande quantità di introiti per molti anni come sono capaci di fare le aziende in altri settori. Ciò è dovuto al rapido declino dei pozzi di gas di scisto e la considerevole perdita di introito col passare del tempo. Molti di questi pozzi di gas di scisto potrebbero venir sigillati e chiusi dopo 6-10 anni di produzione. Inoltre, i giacimenti di gas di scisto hanno solo pochi sweet spots ed un numero finito di località di trivellazione. Quindi, ad un certo punto (più  presto che tardi) questi giacimenti di gas di scisto raggiungeranno il picco e declineranno. E non lo direste mai... ciò è esattamente ciò che sta accadendo proprio adesso. Bill Powers (un altro analista di prim'ordine), nella sua recente intervista “mollate la fantasia del gas di scisto e del profitto quando la bolla scoppia”, ha avuto questo da dire sul picco di diversi giacimenti di gas di scisto:

I fatti stanno cominciando a mostrare che il declino dei giacimenti di scisto più vecchi come Barnett, Haynesville, Fayetteville e Woodford sono molto gravi. Ciò si può vedere chiaramente nel grafico sotto che mostra il picco della produzione di gas del giacimento di scisto di Barnett. La produzione di gas è aumentata costantemente dal 2000, raggiungendo il picco nel novembre 2011 a 6,3 miliardi di piedi cubici al giorno (mpc/g). E' crollata del 24% a 4,8 mpc/g nel giugno 2013. Ciò fornisce altre prove che rivelano semplicemente quanto sarà terribile il futuro dilemma energetico per gli Stati Uniti.


Pochissimi americani sono consapevoli che la produzione di questi giacimenti di petrolio e gas di scisto non continueranno a crescere e non dureranno per decenni. Quando guardiamo i dati presentati qui, è chiaro che l'industria energetica dello scisto degli Stati Uniti si sta comportando più come uno schema di Ponzi piuttosto che come un sistema economico energetico a lungo termine sostenibile. Le compagnie di petrolio e gas di scisto devono spendere ogni anno più soldi per aumentare la produzione o questa cadrebbe da un dirupo. Mentre è vero che c'è una grande quantità di supposte risorse di petrolio e gas di scisto in molti paesi del mondo, diversi degli analisti citati in questo rapporto non credono che questa rivoluzione statunitense a breve termine possa essere replicata nel mondo. Ciò a causa di diversi fattori come la mancanza di infrastrutture, di acqua, di competenza tecnica e di proprietà ridotta e diritti minerali. Una volta che gli Stati  Uniti raggiungono il picco della produzione di petrolio e gas di scisto nei prossimi anni, non c'è nessun piano B. Art Berman aveva capito bene quando ha fatto questa osservazione sull'energia da scisto durante la sua presentazione “Gente, questa non è una rivoluzione energetica... è una festa di pensionamento”. Il picco e il declino della produzione statunitense e mondiale avrà un impatto devastante sulle economie mondiali e la maggioranza delle obbligazioni sulla carta. Mentre alcuni individui hanno già capito cosa sta succedendo, sfortunatamente la maggioranza degli investitori non hanno ancora collegato i puntini.

lunedì 1 settembre 2014

Storia di un potente impero e di un regno ribelle

DaResource Crisis”. Traduzione di MR


La storia, si dice, non si ripete mai, ma fa rima. In particolare i tempi dell'Impero Romano sono una fonte di eventi che fanno rima con quelli moderni. Per esempio, gli antichi Romani avevano sviluppato tecniche di propaganda che erano notevolmente simili a quelle che usiamo oggi. L'immagine sopra (fonte), proveniente dalla colonna Traiana di Roma, potrebbe essere interpretata come un'accusa ai nemici di Roma del tempo, i Daci, di prepararsi per la guerra costruendo una fortezza – forse rompendo un patto su cui ci si era accordati in precedenza. Così, vi racconto una storia dei tempi di Roma. Non vi dirò con cosa faccia rima esattamente ai giorni nostri, ma penso che sarà facile per voi capirlo. 

L'impero romano era diventato ricco e potente per mezzo dei metalli preziosi, oro ed argento, che i Romani estraevano in Spagna (i dettagli sono descritti qui e qui). Il problema per i Romani era che l'oro è una risorsa minerale e le risorse minerali non durano per sempre. Col primo secolo della nostra era, la produzione di oro ed argento delle miniere Romane ha cominciato a declinare e l'Impero ha cominciato a mostrare segni di difficoltà. La rivolta ebraica del 66 D.C. È stato uno di quei segni: ha quasi distrutto l'Impero. Alla fine, tuttavia, i Romani sono riusciti a soffocare la ribellione e, saccheggiando Gerusalemme, hanno ottenuto un buon quantitativo d'oro per reintegrare le loro riserve pesantemente esaurite. Ma il problema è rimasto: l'oro saccheggiato a Gerusalemme non poteva durare per sempre. Come ottenere l'oro necessario per pagare le legioni che assicuravano la sopravvivenza dell'Impero?

A questo punto, i Romani hanno notato che un piccolo regno sul confine nord-occidentale, la Dacia, aveva ancora miniere d'oro produttive. I Daci stavano accumulando oro fin dall'inizio del secondo secolo D.C. e potevano sognare di usare quell'oro a loro vantaggio, forse per creare un piccolo impero loro. La situazione era chiara: i Romani avevano bisogno di oro, i Daci lo avevano. I Romani avevano un esercito potente, i Daci uno molto meno potente. Le conseguenze non potevano che essere ovvie: i Romani hanno invaso la Dacia durante i primi anni del secondo secolo D.C..

L'invasione della Dacia è stata una scommessa rischiosa per i Romani, perché i Daci hanno opposto una forte resistenza, ma alla fine sono stati sconfitti ed i Romani hanno preso il controllo delle loro miniere d'oro. Con l'oro appena recuperato, i Romani hanno potuto pagarsi le enormi spese di un tentativo di conquistare il loro Impero rivale: la Persia, sul loro confine orientale. In questo hanno fallito: nemmeno l'oro della Dacia era sufficiente per conquistare il mondo. Questo fallimento ha segnato il destino dell'Impero, che è lentamente svanito dalla storia come era condannato a fare.

Questa è la storia. Ora, come piccolo esercizio di rima storica, elenchiamo i suoi elementi principali.


  • Un potente impero con la piaga di eccessive spese militari e di risorse minerali in declino (Roma)
  • Un aumento di breve durata di risorse per l'impero (il saccheggio di Gerusalemme)
  • Una potenza regionale in crescita, con risorse minerarie ancora produttive (Dacia)
  • Un grande impero rivale (Persia)
  • Una notevole capacità di usare la propaganda per scopi militari (Roma)

Ora, provate a inserire in questo schema gli equivalenti moderni di quelli antichi. Come potete vedere, la storia fa davvero rima, e parecchio. Non sorprende: il modo in cui si comportano gli esseri umani è determinato dal modo in cui funziona il loro cervello. E questo non è cambiato granché in passato e – da quello che stiamo vedendo intorno a noi oggigiorno – non è cambiato affatto.

Ma un'altra cosa che ci insegna la storia è la futilità di alcuni sforzi umani. Pensate ancora al tentativo disperato dei Romani di conquistare la Dacia. Ci sono riusciti, ma si sono presi un rischio tremendo: la campagna è stata enormemente costosa e, se fosse fallita, il risultato non averebbe potuto essere altro che la disintegrazione dell'impero. E, comunque, l'oro della Dacia è risultato essere insufficiente per continuare ad espandere l'impero. L'Impero Romano, proprio come la nostra moderna economia, è potuto sopravvivere solo crescendo. Una volta che non ha più potuto crescere, è appassito ed è morto. Così, conquistare la Dacia è stata una scommessa scellerata, un costo enormetanta inutile distruzione. E tutto ciò ha soltanto ritardato l'inevitabile.

La situazione mondiale attuale evolverà nello stesso modo? Non possiamo dirlo con certezza, ma è certo che la storia fa parecchio rima.